Sud addio: se si parte non si torna più
Un fuorisede è per sempre. Sette studenti su dieci che studiano lontano da casa dicono di non voler tornare più indietro. Un danno enorme per il sud, economico, ma non solo
A Bologna girare per via Zamboni è un po' come avventurarsi in un'altra dimensione, dove regna un melting pot in cui si incontrano le culture italiane più varie, dove una Babele di dialetti fa da sottofondo ad una scenografia inconfondibile. Qui infatti le colonne dei portici, con i loro foglietti per gli annunci, i bar e quant'altro, portano con sé i segni dell'anima di una città che per un quarto è fatta di studenti fuorisede e per il resto da bolognesi che mal volentieri sopportano la loro presenza (i fuorisede vengono visti come: i colpevoli degli schiamazzi notturni, della sporcizia della città etc NDR). Il tutto nonostante gli stessi fuorisede costituiscano un motore fondamentale per l'economia cittadina. E' dello scorso marzo un'indagine dell'Ufficio Studi di Tecnocasa che raccontava di come fossero proprio gli studenti fuorisede a tenere in piedi il mercato immobiliare bolognese. Ed è dell'anno scorso una ricerca del gruppo di lavoro “Bologna e i suoi studenti” che ha quantificato in 1,5 milioni di euro la cifra quotidiana spesa dagli studenti sotto le due Torri.
DAL SUD AL NORD, SOLO ANDATA
Ad alimentare questi dati è la fuga dal sud, quella a cui ogni anno assistono tante città del Meridione che vedono partire verso città del centro – nord i propri ragazzi. Tanti giovani, cervelli dalle grandi potenzialità, futura classe dirigente, che si trasformano in risorse regalate alle città che li accolgono. Già, perché nella maggior parte dei casi una volta diventati fuorisede, anche al termine degli studi non si torna più indietro. A dirlo è un indagine svolta sui forum di studenti.it ai cui utenti abbiamo chiesto: dopo la laurea, torni a casa? Ebbene appena il 29% desidera farlo, contro il 71% che, per motivi di lavoro o per strenua volontà, decide di mettere radici nella città degli studi. Abbiamo provato ad inquadrare il fenomeno, cercando di quantificare la reale perdita per il mezzogiorno.
QUANTI E PERCHE' PARTONO
Dai dati del Miur del 2006, gli studenti fuorisede in Italia sono quasi 350.000, 347.803 per la precisione. La regione che fa registrare la maggior emorragia di studenti è la Puglia , con 46.353 fuorisede. Subito dietro Calabria (37.862), Campania (29.805) e Sicilia (25.580), a conferma che è soprattutto dal Sud che si parte. Di contro, la regione che accoglie più fuorisede è l'Emilia Romagna con 68.431, seguita da Lazio (59.473) e Lombardia (39.831). Alla base della fuga c'è soprattutto la voglia di un'esperienza per maturare. Lo dice il 51% degli interpellati su Studenti.it. Tra loro però non manca anche chi parte per necessità (il 28,6%), ovvero per assenza della facoltà scelta. Il restante 20,4% adduce motivi più futili, come la stanchezza per la vita provinciale (10%) e l'insofferenza verso i genitori (10.4%).
QUANTO COSTANO I FUORISEDE
Queste motivazioni, valide o meno che siano, hanno però un costo per l'economia del Sud in generale e delle regioni e delle città in particolare. Un costo che si tramuta in guadagno per il Centro Nord ed in particolare per i comuni universitari. Abbiamo cercato di quantificare quanto costa un fuorisede alle famiglie d'origine ed anche qual è l'incidenza proprio sul reddito familiare. Secondo un'indagine della Federconsumatori (vedi tabella) uno studente fuorisede assorbe mediamente il 29% del budget familiare. Annualmente sono 10.125 gli euro che una famiglia sborsa per mantenere gli studi fuori regione del figlio. La voce più pesante è l'affitto, 3600 euro annui, seguita dalla spesa per il cibo 2860, dal Tempo Libero 2040, dalle tasse 1100, dai libri 390 e dai trasporti 145 euro.
FUORISEDE: CHI CI PERDE E CHI CI GUADAGNA
A questo punto abbiamo provato a mettere insieme i dati del Miur e quelli della Federconsumatori per quantificare lo spostamento di soldi. Dai dati emerge che in generale il mercato dei fuorisede in Italia muove 3 miliardi e mezzo di euro ogni anno. Di questi poco meno di 2 vengono dalle regioni del Sud Italia ed il resto dal Centro Nord. Tra le regioni la Puglia è quella più “scippata” con quasi mezzo miliardo di euro l'anno che prende il volo. Segue la Calabria con 385 milioni di euro l'anno, la Campania 300 milioni e la Sicilia con 260 milioni. Andando ancor più nel particolare, prendendo in considerazione tre città particolarmente saccheggiate (Foggia, Catanzaro e Messina), abbiamo quantificato quanto ci rimettono. La scelta è caduta proprio su queste 3 città in quanto pur essendo centri piccoli, tutti e tre hanno un ateneo che, in molte classifiche, è anche meglio posizionato rispetto alle più frequentate strutture del centro - nord Italia. In base ai dati del Miur i fuorisede foggiani sono in totale 3995, quelli catanzaresi 3025, mentre 1366 sono i messinesi; 4706 i fuorisede provenienti dalle tre città verso Roma, 1337 verso Milano e 2343 verso Bologna. L'economia più martoriata è quella foggiana con 40 milioni di euro regalati all'anno a Roma, Bologna e Milano, contro i 30 di Catanzaro e i 14 di Messina. L'economia che dai 3 centri trae più beneficio è quella romana con 47 milioni di euro, seguita da quella bolognese 24 milioni e da quella milanese 13.
FUGA DI CERVELLI: “UNA NATURALE CONSEGUENZA”
Non solo soldi però. La risorsa più importante che dal Sud si muove verso il Nord sono i “cervelli”. Come detto da un'indagine su Studenti.it emerge che sette studenti su dieci non tornano al sud. Abbiamo provato a chiedere il perché di ciò a Paolo Citterio, presidente di Gidp, l'Associazione Direttori Risorse Umane. “La fuga di cervelli è la naturale conseguenza dell'assenza di una reale rete industriale nel meridione. A parte il pubblico impiego, ci sono poche opportunità di lavorare in aziende private ed è naturale che chi ha certe ambizioni fugga”. C'è poi un recente studio della "Rivista Economica del Mezzogiorno", trimestrale della Svimez, Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno che mette in evidenza come al sud un laureato su 4 riesca a trovare lavoro solo tramite conoscenza. Spiega Citterio: “al sud c'è un modo di intendere l'industria in maniera molto patriarcale, con il fondatore che preferisce fidarsi di persone a lui vicine, soprattutto della famiglia, che magari non hanno neanche il massimo titolo di studi, piuttosto che investire in giovani laureati che potrebbero contribuire ad elevare la qualità dell'azienda”.
Conferma il problema anche Nicola De Bartolomeo, presidente della Confindustria pugliese. “E' una problematica storica del meridione. Io credo che attualmente la situazione sia migliore ed in particolare per la Puglia intravedo una profondo tentativo di modernizzazione. C'è tuttavia da parte dei giovani la percezione, che per alcuni aspetti coincide con la realtà, che al sud la situazione sia irrecuperabile. In questo senso è normale che in tanti partano per studiare fuori. Il nostro obiettivo, come imprenditori, è quello di far tornare i giovani, motore fondamentale per l'economia del Sud”.
http://www.studenti.it/universita/in...u_magazine.php