Questa è la guerra, bellezza! Gli ostaggi si liberano armi alla mano, non pagando
Niente Gino Strada, niente striscioni piagnoni sul Campidoglio: i due soldati italiani sono stati liberati entro poche ore con un'azione armata lanciata all'alba. Uno scontro a fuoco serio e determinato: cinque rapitori sono stati uccisi e uno dei nostri soldati è ferito, forse in modo grave. Così si fa, così si deve fare in guerra.
Non si pagano mazzette sottobanco, non si arruolano infiltrati del nemico che ti additano come hitleriano, non si fa, insomma, tutto quel che il governo Prodi (ma ahimé, in parte, anche il governo Berlusconi) ha sempre fatto con gli ostaggi.
Ma va detto che questa scelta coragiosa, retta, politicamente pagante è stata intrapresa solo e unicamente perché il centro decisionale non si trovava a Palazzo Chigi, ma nel comando militare Isaf.
I due nostri militari non sono stati considerati ''italiani'', ma parte di un contingente multinazionale che ha deciso su di loro in totale autonomia. E' probabile che il ministro Parisi abbia dato il suo assenso (è una delle poche persone serie del governo) ma anche se non l'avesse dato, l'azione militare sarebbe stata decisa.
E sarebbe partita anche con un rischio elevato per i prigionieri.
Perché un esercito non può che fare così.
Resta ora sempre un ostaggio, in questa vicenda, ed è Prodi che ieri è stato per l'ennesima volta sbertucciato dal suo fondamentale alleato Oliviero Diliberto che ha definito ''assurda'' la guerra in Afghanistane e che -da cornacchia qual'è, anche se di grande simpatia umana- ha subito chiesto il ritro del nostro contingente.
Una figura meschina, sulla scena internazionale, da parte di un governo che già aveva suscitato le ire degli ambasciatori che hanno uomini nella missione Isaf in Afghanistan, per il modo indegno con cui aveva condotto le trattative con Dadullah, poi ucciso in battaglia (il fratello che fu liberato e che D'Alema davanti al Parlamento giurò non essere un combattente, adesso ha preso il suo posto come comandante militare talebano nella zona!)
Sicuramente, quel precedente ha pesato sui modi e sui tempi dell'azione e ha ulteriormente motivato il comando militare Isaf ad agire in fretta, prima che la politica romana irrompesse di nuovo nel souk di Kabul, combinando disastri vergognosi.
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