23 settembre 2007, in Voglio le donne!
Due anni fa, quando con 452 voti contrari e solo 140 favorevoli la Camera aveva respinto la proposta di introdurre anche in Italia le quote rosa, molti osservatori avevano detto che avevano vinto i maschilisti. I soliti uomini che, nascondendosi dietro il paravento del voto segreto richiesto in primis dall'Udeur, non volevano approvare nemmeno una norma blanda in base alla quale nelle liste dei candidati ci sarebbe dovuto essere almeno il 30 per cento di donne. Quella scelta però non era solo maschilismo. Era qualcosa di più e, per certi versi, di peggio: era partitocrazia allo stato puro.
Un parlamento che per legge fosse composto non dal 30, ma dal 50 per cento di donne, metterebbe infatti in un angolo le attuali classi dirigenti. Nei nostri partiti, ormai da 15 anni in cronica emorragia di iscritti, le donne in posizione di vertice sono pochissime. Se, in occasione delle elezioni politiche e amministrative, si dovesse davvero trovare migliaia di candidati donna, tutte le formazioni politiche sarebbero costrette ad andare a pescare le aspiranti parlamentari fuori dai loro apparati: una rivoluzione.
Ma non basta. L'esperienza insegna che le donne sono mediamente più oneste degli uomini. Voi ve la vedete una donna maresciallo della Guardia di Finanza che durante una verifica fiscale chiede una mazzetta? Io no. E allora la prossima legge di iniziativa popolare, dopo le tre già firmate da oltre 300.000 cittadini, dovrebbe riguardare l'istituzione delle quote rosa. Non per le donne, ma per il Paese
peter_gomez il 23/9/2007 alle 17:1
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