L’Italia non ha consegnato il progetto per la Tav e anche se c’è ancora tempo manca una reale intenzione
L’alta velocità ce la danno in faccia
L’unico con una idea precisa è Vittorio Agnoletto, leader della protesta in Val di Susa ed europarlamentare di Rifondazione Comunista
di Francesco Blasilli
http://www.opinione.it/pages.php?dir...t=6399&aa=2007
L’estate è ormai finita. I telegiornali si affannano a farci veder che il maltempo è tornato e al nord è scesa addirittura la neve. Abbiamo fatto le ferie, ci sono stati gli incendi e abbiamo avuto – grazie al delitto di Garlasco – la nostra Cogne quotidiana. Poi ci sono state le crisi e le crisucce di Governo, Miss Italia e la grande novità del 2007: l'antipolitica. E dopo il caso Beppe Grillo adesso ci tufferemo a testa bassa nella Finanziaria. Di tutto di più, un po' come era lo spot della Rai, che anch'essa ha avuto il suo quarto d'ora di gloria nell'estate dell'informazione e della politica (anche perché le due cose, come dice il presidente Napolitano, sono ormai diventate tutt'uno) italiana. Di tutto, tranne una cosa che – per distrazione o per malafede – un po' tutti si sono dimenticati: la Tav. Quella sigla che sta per “treno alta velocità”, dietro cui si nasconde il futuro economico del nostro paese e che, invece, è finita nascosta in qualche breve sui quotidiani. Eppure fino all'altro ieri tutti si riempivano la bocca di Tav, adesso preferiscono i più semplici “vaffa” di Grillo.
Eppure il Governo italiano non ha presentato il progetto operativo della Lione – Torino all'Europarlamento, con il rischio di perdere i soldi comunitari. Eppure solo ieri dalle colonne de “Il Giornale” l'ex ministro della Margherita, ora europarlamentare, Paolo Costa ha lanciato l'allarme: “Altri paesi Ue sono pronti ad usare i fondi della Tav”. E già da qualche mese si parla, si sussurra, di un interessamento della Svizzera pronta a soppiantare l'Italia e ad offrire il proprio territorio per porre le fatidiche rotaie dell'alta velocità. Da noi, invece, abbiamo altro a cui pensare. Prodi è impegnato nei vertici e anche chi – vedi Di Pietro – è consapevole del problema, preferisce limitarsi a qualche generica battaglia, come quella recente in Consiglio dei Ministri quando ha accusato Pecoraro Scanio di bloccare lo sviluppo delle infrastrutture in Italia. Solo un riferimento, per il resto l'ex Pm di Mani Pulite è troppo impegnato nel cercare di far suo il movimento di Grillo e di ritagliarsi nuovi spazi e nuove alleanze politiche.
Così come la parte non radicale del centrosinistra è troppo occupata nella questione Pd e dintorni e il centrodestra ha il suo bel da fare nel preparare le contromosse, con Berlusconi che ha come unico obiettivo quello di tenere compatta la Cdl. Nessuno si muove, dunque, perché sono troppi impegnati a farsi gli affari propri e di quelli del futuro degli italiani, come la Tav, nessuno se ne frega. Non possono impegnarsi in qualcosa a lungo termine se non sanno quello che faranno domani. E il domani glielo assicura solo la riunione di maggioranza, il consiglio dei ministri e tutti quegli incontri più o meno quotidiani che non servono a nulla, se non a tirare a campare ventiquattro ore in più. Ma come detto, dall'altra parte non è che si stia facendo molto. Si attende che Prodi vada casa, si cerca di rimettere insieme i cocci e nulla di più. Nessuno si muove, sulla Tav, a parte chi non la vuole. E difatti il leader movimento “no-Tav” Vittorio Agnoletto (già leader dei no-global, uno che quando c'è da dire di “no” non si tira mai indietro: gli consigliamo di aderire ai Verdi) tre giorni fa è andato a Bruxelles alla testa di un manipolo di una cinquantina di guerriglieri ed è stato ricevuto dagli europarlamentari della commissione bilancio e dal commissario ai trasporti Jacques Barrot, al grido di “la Tav non si farà ne ora ne mai”.
La cosa è quantomeno grottesca: un fantomatico comitato va all'Europarlamento e detta legge. Senza “se” e senza “ma”, senza possibilità di trattare, loro che si vantano essere i paladini del dialogo. Ma al grottesco si aggiunge ulteriore grottesco, perché il Governo italiano non prende una posizione forte a favore della Tav, nonostante faccia parte del suo programma. In un paese civile il Presidente del Consiglio, o il ministro delle Infrastrutture, avrebbero preso una dura posizione, avrebbero – se non altro - fatto valere il loro ruolo ufficiale di rappresentati del popolo italiano. Ed invece nessuno risponde ad Agnoletto che si ritrova, lui generale di un esercito di guerriglieri, a diventare quasi la voce ufficiale dell'Italia sulla questione Tav. Ma la storia da grottesca diventa drammatica quando si scopre che non solo il Governo non può rispondere perché è diviso tra chi vuole dire “si-Tav” e chi vuole dire “no-Tav”, ma soprattutto perché – molto probabilmente – le motivazioni di Agnoletto sono giuste. “Il progetto presentato dall'Italia alla Commissione europea non risponde ai criteri indicati dal bando perché è privo del tracciato definitivo e della valutazione di impatto ambientale”, questo dice il capo dei rivoltosi.
E questo è vero: non c'è un tracciato definitivo, ma solo di massima. E mancando il tracciato definitivo, di conseguenza, manca la valutazione di impatto ambientale. Qui, poi, c'è da aprire un capitolo a parte, perché se mai questi problemi venissero tutti superati, ci sarebbe l'ulteriore scoglio della Commissione Impatto Ambientale del Ministero, che Pecoraro Scanio ha da poco aggiornato, inserendo una serie di fedelissimi adepti alla cultura del “no”: come a dire, lo scoglio è diventato insuperabile. Dunque sulla Tav, senza alcun titolo ufficiale, è Vittorio Agnoletto che la fa da padrone e che soprattutto ha già detto che – in caso estremo – si metterà davanti alle ruspe. Tutto in modo pacifico e democratico, sia chiaro. Tutto mentre Prodi tira per la giacchetta Dini e Diliberto e Berlusconi strizza l'occhiolino alla Lega e a Fini. Per abusare di un luogo comune, sembra di stare sul Titanic con la nave che affonda e la gente che balla. E se fa la parte della star uno come Agnoletto, non stiamo troppo a chiederci perché Beppe Grillo è diventato il nuovo miracolo italiano.