È ancora utilizzabile il termine "italiano"?

[pavel_ivanovic]

le ricerche di cavalli sforza hanno dimostrato che un italiano può essere più vicino a un indonesiano di quanto non lo sia un italiano ad un altro italiano. Inoltre Cavalli Sforza, anche se tu avessi ipoteticamente capito i risultati del suo lavoro, poneva l'accento sul fatto che ha molta più impotanza l'ambiente e la cultura per determinare un popolo.

un piemontese è più vicino a un francese di quanto non lo sia a un calabrese o a un siciliano.
se poi andiamo a vedere il discorso cultura e lingua anche lì le differenze sono innegabili.

[Kornus]

Per fortuna la NATURA ha voluto che tra la Sardegna e la penisola italica , ci sono come minimo 200 km di mare .

Nessuna contiguità , MENO MALE e nessuno si confonde o ha dubbi !!!


PANE AL PANE , BROCCO AL BROCCO

Olè....
Grazie al mare sono Sardo!
E bastat!

[Tango do Hermano]

un piemontese è più vicino a un francese di quanto non lo sia a un calabrese o a un siciliano.
se poi andiamo a vedere il discorso cultura e lingua anche lì le differenze sono innegabili.

Se per te è l'Ave Maria non sarò certo io a farti cambiare idea.

[Aymeric]

un piemontese è più vicino a un francese di quanto non lo sia a un calabrese o a un siciliano.

Secondo te un alsaziano è più simile ad un tedesco o ad un marsigliese?

[pavel_ivanovic]

L'Alsazia è una terra di lingua e tradizione tedesca, nè piu nè meno che il sudtirolo.

[Aymeric]

Ma esistono dei precisi confini che separano una identità dall’altra? E' lo Stato che, formatosi (per iniziativa dell’aristocrazia, non del popolo), stabilisce i propri confini, e successivamente costruisce la Nazione entro quei confini.

Per tutto il Medioevo, vi è stata una sola vera separazione: tra l'aristocrazia e il popolo, in particolare modo i contadini. I nobili si imparentavano fra loro anche in presenza di diversità di lingua o cultura, anzi, senza porsi affatto il problema; fra i contadini accadeva più di rado, semplicemente per la loro scarsa mobilità.

Nel momento in cui iniziano i mutamenti economici dell'età moderna, è necessario unificare più territori; è allora che viene inventata una "identità" nazionale, che viene imposta una lingua unica (in genere quella della capitale), una "mitologia" ecc.

Confini dell’identità e identità di confine

Negli anni Trenta del Novecento in Bielorussia, allora appartenente alla Polonia, c’erano 700.000 contadini che alla domanda “di quale nazionalità siete, polacca, bielorussa o ucraina?” rispondevano di essere abitanti del villaggio e dei campi. Questo è ciò che resta di una mentalità imperante nel 1492. Il fatto di vivere nel territorio del re di Spagna non accomunava il contadino al re, ai nobili, ai borghesi o agli intellettuali di Spagna. In Europa al contrario esisteva solidarietà tra le classi dei vari stati, i nobili si sposavano tra di loro, gli intellettuali, gli scienziati e i musicisti viaggiavano moltissimo. […]

Negli anni Ottanta del Novecento lo storico E. Hobsbawm ha coniato un termine molto efficace: “l’invenzione della tradizione”, affermando che dove esistono numerose storie locali nasce la storia nazionale. L’invenzione della tradizione non significa che essa prima non esistesse, bensì che il politico attinge dalla storia passata ciò che gli interessa maggiormente e dà vita ad una storia ufficiale normativa, per cui al tempo della rivoluzione francese chi parla basco viene considerato automaticamente contrario alla Francia. L’aspetto affascinante ma anche inquietante di queste narrazioni è che sono talmente forti da unire aspetti contraddittori. […]

E’ possibile quindi affermare che l’Europa nasce da una situazione in cui i confini sono fasce non caratterizzate dall’identità etnica-nazionale.

In Italia ciò è semplicemente avvenuto in ritardo rispetto alle altre nazioni, ma la situazione non è differente. Bisogna tenere conto del fatto che, come giustamente dice il prof. Sabbatucci, “Non è che si nasce con la coscienza della nazione. È qualche cosa di indotto. E sicuramente l'agente più forte per fare crescere, per rendere concreta l'idea di nazione, è lo Stato, è lo Stato nazionale. Per cui contrariamente a quello che forse pensavano i patrioti del Risorgimento non c'è prima una nazione, che poi genera lo Stato. C'è uno Stato che in qualche modo costruisce la nazione”.

[Triestin]

Ma questa nazione non si è mai costruita.
E' recente, disomogenea e composta da popoli e culture in pressochè totale contrasto.
Si regge in piedi solo su furberie e lavaggi del cervello, nonchè testi e documentazioni prive di validità. Mi sembra più che sufficente per affrontare -anche se ormai per noi è tardi, ma non è mai troppo tardi- un'autonomia.

O bisogna continuare con l'eterno dogma dell'italianità?