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Settembre 29, 2007L’uomo che sapeva troppo

di Lorenzo Trombetta

Un religioso estremista sunnita, accusato di reclutare combattenti arabi diretti in Iraq, è stato ucciso in circostanza oscure ad Aleppo, in Siria. Chi era questo giovane sheykh? Per chi lavorava? Sta girando il vento tra Damasco e Washington in vista degli sviluppi del tribunale internazionale Hariri in LIbano e del possibile attacco all'Iran?
Ucciso perché sapeva troppo. Lo sheykh musulmano siriano Mahmud al-Aghasi, alias Abu al-Qaaqaa, 34 anni, dal 2003 sospettato di essere uno dei principali reclutatori di combattenti arabi diretti in Iraq, è stato ucciso da un sicario ieri ad Aleppo (355 km a nord di Damasco), appena terminata la tradizionale preghiera del venerdì.

Potrebbe esser stato ucciso perché il suo ruolo, all'interno della più ampia strategia del regime, era terminato ed era quindi diventato un personaggio scomodo, in grado di fornire prove del coinvolgi- mento di alcuni settori dei servizi di sicurezza siriani nell'organizzazione delle insurrezioni antiamericane in Iraq.

Se così fosse, la sua uccisione confermerebbe che il vento a Damasco sta cambiando e che a Palazzo si stanno studiando nuovi passi da compiere per cercare di trovare un compromesso con l'amministrazione Usa senza però rompere con Teheran.

Il nome di Abu al-Qaaqaa dal 2003 è legato al reclutamento di centinaia di combattenti arabi che, dal Libano e da altre regioni della Siria ma anche da paesi arabi più lontani, si riunivano nello scalo settentrionale per esser poi indirizzati verso il confine poroso orientale con l'Iraq, con la sospetta complicità dei servizi di sicurezza e delle guardie di frontiera siriani.

Abu al-Qaaqaa, figlio di contadini curdi della regione a nord di Aleppo, dopo aver studiato Scienze islamiche all'Università di Damasco, aveva conseguito un dottorato nella stessa disciplina all'Università islamica di Karachi, in Pakistan. Rientrato in Siria, iniziò a predicare verso la metà degli anni Novanta in una moschea di Aleppo, ma è con l'invasione anglo-americana dell'Iraq che i suoi sermoni si sono tinti sempre più di appelli al jihad e di inviti a combattere le truppe straniere presenti in terra d'Islam.

Le sue prediche hanno cominciato a esser diffuse in tutta la Siria e anche all'estero su cd, dvd e via internet. Per molti Abu al-Qaaqaa è da allora diventato il nuovo Pietro l'Eremita e Aleppo si è trasformata in un'altra Amiens. "Ai nostri nemici daremo una lezione che non dimenticheranno mai. Siete pronti?", si ascolta in un passo di una sua predica del 2004 ad Aleppo. "Siete pronti? Non vi sento, parlate più forte così che anche George Bush possa sentirvi!".

Nel video contenuto in uno dei dvd Abu al-Qaaqaa così incita centinaia di giovani, impressionati a tal punto che alcuni di loro vengono ripresi mentre piangono. "Sono arrivati sulla nostra terra e non sono i benvenuti, uccideteli, bruciateli, sono gli americani!" (Immagini mostrate da un servizio trasmesso il 4 giugno 2006 dalla tv satellitare al-Arabiyya).

Abu al-Qaaqaa ha sempre negato di reclutare combattenti per l'Iraq, ma alcune fonti, in Siria e all'estero, lo indicano come legato a settori dei servizi di sicurezza siriani, responsabili di organizzare i "viaggi" dei combattenti arabi in Iraq in funzione antiamericana. Il regime si sarebbe servito della copertura di predicatori jihadisti locali (oltre ad Abu al-Qaaqaa emerge il nome dello sheykh Ahmad Hassun) a cui avrebbe affidato il "lavoro sporco".

L'ufficiale di collegamento tra Abu al-Qaaqaa e i servizi sarebbe stato Mustafa Tajir, di Aleppo: una carriera ai massimi livelli nei servizi d'informazione militari (prima responsabile della regione di Aleppo, quindi vice della struttura), gestiti dal potente Asif Shawkat, genero del presidente Bashar al-Asad e da più parti indicato come coinvolto nello scenario iracheno e in quello libanese.

Non vi sono prove per documentare questi legami, né per affermare con certezza che Abu al-Qaaqaa fosse uno dei reclutatori di Aleppo, ma senza dubbio il suo operato, così ai limiti delle linee rosse disegnate dal regime storicamente nemico del fondamentalismo, è stato per anni tollerato dal Palazzo e dai suoi mille agenti sul territorio (S.Moubayyed, Syria's Abu al-Qaqa: Authentic Jihadist or Imposter, Terrorism Focus, Vol. III, June, 2006, p.7).

Certo è che dal 2003 ad oggi Abu al-Qaaqaa aveva cambiato i suoi toni e anche le sue apparenze. Se prima si mostrava un "sosia di Bin Laden", in divisa militare, turbante e barba lunga, circondato da guardie del corpo vestite come lui, dall'anno scorso il giovane sheykh aveva assunto l'aspetto di un predicatore più moderato, più ricco e più in sintonia con la città che lo ospitava.

La barba lunga era rimasta, ma la divisa aveva lasciato il posto a una tunica bianca (a volte vestiva addirittura in giacca e cravatta). I suoi sermoni erano sempre diretti contro la politica americana nella regione, ma i termini erano ora più politicamente corretti. Spesso alla guida di una Mercedes di lusso, residente in un quartiere "bene" di Aleppo, legato da buoni rapporti con la borghesia commerciale della seconda città siriana, Abu al-Qaaqaa non si era mai scagliato contro il regime, ma anzi ne aveva esaltato le funzioni persino in un suo libello (I diritti del governante, Huquq al-Hakim), pubblicato nel 2005.
Colluso con i servizi? Strumento del regime? Oppure semplice predicatore tollerato perché "valvola di sfogo" per un'opinione pubblica di fatto solidale con i combattenti arabi in Iraq? La sua morte difficilmente potrà dare risposta a queste domande, ma certo è che la sua eliminazione giunge in un momento estremamente delicato per il sistema siriano.

Dopo l'oscuro raid aereo israeliano del 6 settembre, dietro le quinte emergono più segnali di distensione che non di guerra tra Damasco e Tel Aviv (Al-Asad e Olmert da settimane si scambiano complimenti e inviti alla pace più che minacce bellicose). E se alla "conferenza di pace", convocata per novembre prossimo dall'amministrazione Bush, la Siria dice per ora di non voler partecipare (non è nemmeno stata ancora invitata ufficialmente, forse non lo sarà mai), tutte le fazioni palestinesi radicali protette dalla Siria (Hamas, Jihad, fronte popolare di Jibril) si riuniranno a Damasco il 7 e l'8 ottobre per decidere "una strategia comune da adottare nei confronti della conferenza" (al-Hayat, 28 settembre). Dal tradizionale "boicottaggio siro-palestinese", un bel passo in avanti.

In vista, inoltre, di un eventuale attacco americano (o israeliano) all'Iran, che molti dicono avverrà prima della fine del mandato presidenziale di Bush nell'autunno 2008, la Siria si troverebbe nel mezzo e il regime di al-Asad potrebbe pagare con la vita il suo abbraccio ad Ahmadinejad. Ad ovest, gli orizzonti libanesi non sono certo sereni, e la minaccia del tribunale internazionale Hariri (la questione politica è ormai prevalente su quella giudiziaria) preme sul collo della famiglia al-Asad e dei clan a loro affiliati.

Ed è allora dall'Iraq, e dalla questione dei combattenti arabi affluiti con complicità siriane, che il regime potrebbe iniziare per cercare di trovare un accordo con Washington. Non a caso, il tema dei "terroristi arabi" giunti in Iraq dall'estero è stato al centro delle numerose discussioni che a Damasco e a Baghdad responsabili dei due paesi hanno avuto negli ultimi mesi, anche in presenza di rappresentanti statunitensi.

Se il vento sta davvero cambiando in questa direzione, il giovane sheykh è stato ucciso perché sapeva comunque troppo sulla questione, e qualcuno ha pensato che non era opportuno lasciare che quella barba lunga continuasse a scorrazzare per Aleppo alla guida della sua Mercedes Benz 600.

Abu al-Qaaqaa è morto in ospedale poche ore dopo il suo ferimento letale al ventre e al capo, colpito da "numerosi colpi di arma da fuoco" sparati da un "uomo armato di mitragliatrice" sceso da un pick-up guidato da "altri uomini", fuori la moschea al-Iman di Aleppo.
(www.thisissyria.net/2007/09/28/syriatoday/05.html).

Il sicario - secondo altre fonti - sarebbe un cittadino iracheno, "ex prigioniero degli Americani in Iraq", che si sarebbe voluto vendicare di Abu al-Qaaqaa. Appena ucciso, l'assassino avrebbe infatti urlato: "Ti ho ucciso perché sei un agente degli americani". (news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7019253.stm).

Gli autori del blitz sono stati subito catturati dalle guardie del corpo di Abu al-Qaaqaa e consegnati alle autorità. Queste per il momento tacciono sull'accaduto, e la notizia della morte dello sheykh di Aleppo per ora non compare nemmeno nel servizio dell'agenzia ufficiale siriana Sana (www.sana.org).