Ordine di Fini: nessuno di An nei Circoli della Libertà
Rubriche - l'Unità.it
Il caso Polverini ha aumentato a dismisura la distanza che separa da tempo Gianfranco Fini da Silvio Berlusconi. Il presidente della Camera, attraverso i suoi uomini più fedeli, fa sapere che avrebbe preferito una gestione totalmente diversa del Renata-gate. Avrebbe voluto che si chiedesse pubblicamente scusa agli elettori del Pdl per lo spettacolo offerto dai quadri locali coinvolti in una vicenda connotata, a detta di non pochi anche a destra, da molti aspetti di comicità. Avrebbe voluto Fini, ma non ha potuto. Perché ancora una volta si è trovato di fronte al fatto compiuto, con l’assunzione della difesa di Alfredo Milioni su tutta la linea imposta dal premier anche a chi, si pensi ad Ignazio La Russa, rispetto alla iniziale presa di distanza dai responsabili del disastro ha dovuto compiere una virata piuttosto nervosa (come dimostra la sua muscolare performance a margine della conferenza stampa tenuta giovedì in via dell’Umiltà).
Il dissidio tra capo del governo e presidente della Camera sulla gestione del caso Polverini è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie che ormai dimostra in modo chiaro quanto i due principali leader della maggioranza abbiano davanti due traiettorie che non coincidono più in alcun punto, come reso evidente anche dalla chiamata all’ordine rivolta dal Cavaliere ai suoi parlamentari per aderire ai promotori della Libertà e dalla risposta di Fini. L’ordine dato ai suoi seguaci sul punto è nettissimo: nessun finiano aderirà ai circoli di Brambilla e Santanchè, nessuno risponderà sì alla lettera ricevuta nella notte tra giovedì e venerdì. Dal nuovo predellino partirà così la fine del Popolo delle Libertà che i più vicini al presidente della Camera considerano ormai una zavorra della quale il Cavaliere per primo vuole liberarsi subito dopo le elezioni. Il premier ha messo nel conto una sconfitta alle prossime regionali e vuole addossarne tutte le colpe proprio al co-fondatore. Per questo ha dato vita ad una iniziativa di marketing politico che gli consenta di segnare la distanza tra il risultato delle urne e la propria leadership. Teme contraccolpi sulla stabilità del suo governo e gioca d’anticipo. Ci mette la faccia, sì, ma solo per poter rivendicare l’eventuale recupero di una situazione che è già pronto ad addossare alla fronda del solito Fini.
16 marzo 2010