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  1. #21
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    vorrei aggiungere l'ingiusto processo a gigi sabani

  2. #22
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    Le due facce della giustizia italiana

    Scritto da Domenico Giugni e Giuseppe Giliberti mercoledì 28 novembre 2007

    Di chi è la colpa se una lunga e dispendiosa indagine nei confronti di trentaquattro presunti trafficanti di droga si chiude improvvisamente in un nulla di fatto e soprattutto senza che sia possibile procedere al loro arresto? Di un magistrato eccessivamente spregiudicato rispondono molti politici, con il sorprendente conforto dell’opinione conforme di alcuni famosi Pubblici Ministeri.
    Dell’indulto controbattono, invece, compatti i magistrati, avallando l’ordinanza emessa proprio da quel loro collega così disinvolto.
    Il provvedimento incriminato è quello con cui il dottor Alessandro Prunas Tola, Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torino, ha in sostanza rifiutato di assoggettare alla pena della custodia cautelare in carcere i componenti di un’agguerrita organizzazione di trafficanti di droga, sostenendo che, a causa dell’indulto, di fatto non sarebbe possibile arrestarli nemmeno a seguito della condanna definitiva.
    Già sotto il profilo tecnico il caso presenta numerosissime peculiarità che hanno attirato i commenti di prestigiosi giuristi, e le opinioni espresse sono state nella maggior parte di biasimo nei confronti del magistrato piemontese.
    Lo stesso Procuratore Capo di Torino, Marcello Maddalena, ha parlato senza mezzi termini di una decisione sbagliata, osservando che il Giudice che decide sulla richiesta di custodia cautelare avanzata dall’accusa non può tener conto dell’eventuale accesso dell’indagato ai benefici dell’indulto.
    È vero che il codice di procedura penale impone di non applicare il carcere preventivo se si ritiene che sarà concessa la sospensione condizionale della pena, ma questo principio non può essere esteso fino a considerare anche l’indulto, il ricorso al quale peraltro dipende da una circostanza del tutto eventuale, poiché non vi sarebbe comunque luogo per applicarlo nei confronti di chi dovesse commettere nuovamente dei reati.
    La posizione del dottor Maddalena è sotto alcuni aspetti inattesa perché lo stesso Procuratore torinese, discutendo sempre sul tema dell’indulto, solo alcuni mesi fa, aveva rivendicato per i PM la possibilità di scegliere quali reati perseguire, senza inutili sperperi di risorse in indagini destinate ad essere vanificate dal provvedimento di clemenza adottato dal Parlamento, mettendo così in discussione lo stesso principio dell’obbligatorietà dell’azione penale.
    Fatto sta che il ricorso in Cassazione preannunciato contro il provvedimento del dottor Prunas appare destinato ad essere accolto, fondato com’è su argomentazioni così solide e consistenti.
    Come spesso accade, tuttavia, quando la cronaca giudiziaria viene in rilievo con grande risalto presso l’opinione pubblica, ai commenti giuridici si sono affiancati quelli politici.
    Ad esempio Nicola Mancino, vicepresidente laico del Consiglio Superiore della Magistratura, non ha esitato a definire addirittura “allarmante” il provvedimento del GIP di Torino, considerandolo il frutto della consapevole decisione di non applicare la legge.
    La difesa dei magistrati si traduce nell’ennesimo attacco al provvedimento sull’indulto che, in effetti, li ha posti nella paradossale condizione di dover dedicare gran parte del loro lavoro a smaltire procedimenti per molti versi inutili, con conseguenze a dir poco catastrofiche sotto il profilo della certezza della pena.
    È strano però che, proprio di fronte a reati che riverberano così pesantemente sulla sicurezza dei cittadini, come lo spaccio di sostanze stupefacenti, un Giudice decida di valorizzare al massimo un’interpretazione sicuramente cavillosa, a vantaggio di delinquenti che esprimono un’enorme pericolosità sociale.
    È strano perché al contempo moltissimi suoi colleghi continuano a fare un uso molto meno parco del carcere preventivo nei confronti di presunti colpevoli di reati che incontrano, se possibile, ancora maggiore interesse presso l’opinione pubblica, ma che di certo non destano pari allarme per i cittadini.
    Nessun GIP, infatti, si è posto domande sull’eventuale applicabilità dell’indulto quando c’era da arrestare Ricucci piuttosto che Sottile, Scaramella o lo stesso Corona.
    Sullo sfondo della vicenda torinese si intravede in sostanza la solita giustizia italiana a due facce, capace di sacrificare le istanze di sicurezza che emergono con forza dalla cittadinanza, se c’è da procedere nei confronti di uno spacciatore e, nello stesso tempo, di rinverdire i propri propositi di uso sociale del processo, quando c’è un politico o comunque un personaggio potente da dare in pasto alla delusione delle folle.

    http://www.giustiziagiusta.info/inde...1905&Itemid=62

  3. #23
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    La giustizia agevolata

    Scritto da Roberto Di Napoli giovedì 06 dicembre 2007

    Questo cartello l'ho trovato affisso sulla parete di un corridoio di un ufficio giudiziario. Non ci sarebbe nulla di strano, a mio avviso. Agevolazioni sono previste da banche, assicurazioni e chissà quante altre imprese a favore di tante categorie di professionisti. L'impresa, nell'esercizio della sua attività, è libera di determinare le condizioni economiche da applicare alla clientela così come meglio ritiene (sia pure, ovviamente, entro determinati limiti). Il professionista è altrettanto libero di accettare.
    Non vedrei niente di strano, dunque, in simili agevolazioni. Mi chiedo, però: se il giudice, un giorno, dovesse giudicare in una causa nella quale sia parte la stessa banca di cui è cliente o, addirittura, delle cui agevolazioni lui stesso usufruisca, è giusto che possa non astenersi? Un simile comportamento sarebbe idoneo a garantire il prestigio e l'immagine di trasparenza ed imparzialità di cui deve godere il magistrato? L'art. 51 del codice di procedura civile disporrebbe (dirò subito perché uso il condizionale):
    "Il giudice ha l'obbligo di astenersi:
    1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;

    (.........)

    3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
    In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell'ufficio l'autorizzazione ad astenersi (....) ".


    Quasi sicuramente la norma viene rigorosamente applicata e, comunque, il giudice che abbia ottenuto condizioni particolarmente agevolate (non può negarsi, d’altronde, il diritto di chiunque di chiedere ed ottenere le condizioni più convenienti), nella realtà, si astiene dal trattare e decidere la cause in cui sia coinvolta quella stessa banca quanto meno per ragioni di trasparenza, correttezza e serietà.

    Ecco, però, anche cosa si è verificato in un caso: un giudice facente parte di un collegio si trovava a giudicare, nel 2000, su una richiesta di fallimento avanzata da una banca nei confronti di un imprenditore. La banca che chiedeva il fallimento dell'imprenditore era la stessa con la quale il giudice aveva contratto, nel 1998, un mutuo decennale ad un tasso inferiore al 5%.

    L’apparente "debitore" , (particolarmente noto in quel luogo per le denunce nei confronti dei magistrati fino, addirittura, nel 2005, da essere ritenuto, in un singolare provvedimento, "persona socialmente pericolosa" in quanto solito frequentare le cancellerie e presentare denunce e ricusazioni nei confronti dei magistrati), secondo quel giudice, avrebbe dovuto corrispondere a quella banca tassi di interesse con capitalizzazione trimestrale (ritenuta illegittima dalla Cassazione, da tutti i Tribunali d'Italia e, probabilmente, ormai, anche nei Paesi in via di sviluppo) per cui, anche per questo motivo, ordinò di dichiarare il fallimento dell'imprenditore. Il giudice, quindi, "giudicò" la pretesa della stessa banca di cui era cliente e con cui aveva contratto un mutuo (a quel tasso) senza avvertire alcun obbligo di astenersi o di chiedere di astenersi per "gravi ragioni di convenienza".

    A prescindere dal rispetto della norma processuale, secondo me, in casi simili, devono sempre prevalere ragioni di opportunità o deontologiche che impongano di astenersi al fine di scongiurare ogni sospetto di qualsivoglia coinvolgimento: anche emotivo o psicologico!

    Nel momento in cui l'art. 51 n. 3 c.p.c. viene applicato nella sua interpretazione letterale, il cittadino non può avere alcun valido motivo di "sospettare". La rigorosa e costante applicazione della norma garantirebbe sempre il prestigio nonchè l’immagine di serietà ed imparzialità che ogni magistrato deve avere da parte dei cittadini.

    http://www.giustiziagiusta.info/inde...=1942&Itemid=1

    Magistrati "agevolati" dalle banche che non si astengono dal giudicare... e imprenditori agevolati...al fallimento...

  4. #24
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    Wink I magistrati? Lavorano poco...parola di giudice

    "Processi lenti? La colpa è anche dei giudici fannulloni"

    Scritto da Redazione (Fonte Il Quotidiano.net) sabato 08 dicembre 2007

    A Caltanissetta i processi sono i più veloci d’Italia: ogni cento nuovi procedimenti se ne chiudono 187 nel civile e 113 nel penale. Caltanissetta è anche famosa per la riduzione delle cause giacenti, materia che, come il debito pubblico, per principio non cala mai. I giudici nisseni sono specialisti nella risoluzione delle cause pendenti: le abbattono al loro insorgere, non le lasciano attecchire.
    La città siciliana è un’isola felice in un quadro di tribunali paralizzati da faldoni polverosi, con corti d’appello lumaca come Perugia, Ancona e Bari, dove ogni dieci nuove cause solo sei vanno a sentenza. Tutto questo è nel rapporto 2006 del ministero della Giustizia.
    Ma più che la statistica, commuove il commento del presidente della Corte d’appello di Caltanissetta, Francesco Ingargiola. «Il problema primario — dice — è far lavorare e motivare i giudici: se la giustizia è al capolinea non è colpa solo di leggi farraginose ma anche perché molti colleghi non lavorano a sufficienza». Che aspettiamo a promuoverlo?

    http://www.giustiziagiusta.info/inde...=1948&Itemid=1

    Attenzione dott. Ingargiola! Si aspetti la visita degli ispettori del Ministero di Grazia e Giustizia, per LESA MAESTA' nei confronti della CASTA GIUDIZIARIA! Il Supremo Tribunale della Magistratura correntizzata e lottizzata l'ha già condannata in un processo sommario!!!

  5. #25
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    Insomma la colpa è solo dei giudici.
    Gli avvocati alla Carllo Taormina sono esenti da responsabilità?

  6. #26
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    gran 3d, complimenti
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    Presidente di Progetto Liberale

  7. #27
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    in questo 3d manca un nome: contrada

  8. #28
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    Careca hai ragione: ma il 3d è aperto ovviamente a tutti coloro che vogliano postare questi fatti di malagiustizia, quindi ben venga anche il processo a Bruno Contrada.

    Ronnie: grazie il ringraziamento va prima di tutto come sempre agli ottimi moderatori che sin da subito hanno mostrato sensibilità per questi temi così spinosi e sui quali nessuno ormai in Italia vuole parlare.

    BOY: di avvocati alla Carlo Taormina ce ne sono, come ce ne sono (a detta del dott. Ingargiola di Caltanissetta, che se non sbaglio presiedette il primo collegio che giudicò Andreotti a Palermo) tanti di giudici fannulloni se non peggio.
    Ma la differenza è che mentre gli avvocati sono una PARTE che viene pagata dal privato per difendersi (diritto garantito da tutti gli Stati civili e democratici), i giudici sono FUNZIONARI dello Stato che vengono PAGATI DA TUTTI NOI per lavorare nel supremo interesse della Giustizia al servizio dei cittadini.

    Eppoi, per finire: se un avvocato può chiedere rinvii di processi e ostacolarne la fine, lo può fare in base alle leggi che i politici votano....ma alla fine l'ultima parola spetta SEMPRE ai giudici, i quali rinviano i processi o li dichiarano estinti.

    Si addossa sempre la colpa agli avvocati...ma ci si dimentica che i rinvii di anni da un'udienza all'altra sono disposti dai giudici, e sono sempre i magistrati che incarcerano le persone, a volte (o spesso?) ingiustamente....

    non facciamo ancora una volta demagogia tirando fuori Taromina che non c'entra niente (e poi a cosa ti riferisci quando parli di lui?).

  9. #29
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    Insomma gli avvocati che difendono persone indifendibili e cercano di farlo sfruttando ogni cavillo del codice , non hanno responsabilità.
    La responsabilità è dei giudici che sono rei di applicare le leggi votate dal parlamento,non di chi se ne serve furbescamente.
    Complimenti vivissimi.

  10. #30
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    Hai letto tutti i post sino al 26? sul caso Tortora, su Napoli, etc.? mi sa che l'inutile polemica che tu cerchi si scioglie come neve al sole di fronte a questi casi evidenti e chiari di totale irresponsabilità dei magistrati.

    Se poi fai anche lo sforzo di leggerti il post di apertura sul referendum tradito del 1987 sulla responsabilità civile dei magistrati, allora capirai ancora di più che le tue polemiche sono, oltre che del tutto inutili, anche sterili.

    PS leggiti anche il post n. 11 sui professionisti dell'antimafia e sull'uso propagandistico della lotta alla mafia da parte del regime fascista. Ti potrà servire a capire meglio le cose e ad evitare slogan furbeschi....ricordati che se un avvocato usa "furbescamente" una legge, la usa e basta; se un magistrato sbaglia e ABUSA di leggi e provvedimenti, fa un uso CRIMINOSO del suo potere che si ritorce contro le libertà fondamentali dei cittadini. Anche da fascista puoi arrivare a capire queste cose.

 

 
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