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    Post La scuola italiana fra destra e “sinistra” - F. Rovarich

    La scuola italiana fra destra e “sinistra”

    La scuola è il settore dove la tesi proposta da Gianfranco La Grassa e Costanzo Preve circa il superamento della dicotomia Destra / Sinistra, ridotta ormai a puro "gioco degli specchi" utile per il mantenimento al potere delle oligarchie italiane collegate alle centrali finanziarie statunitensi, sembra aver trovato una conferma. Ad un anno dall' insediamento del governo Prodi 2, infatti, il bilancio che si può trarre sull' azione condotta dalle forze "progressiste" è davvero sconcertante, pensando anche al fatto che l'Unione aveva vinto le elezioni dell'aprile 2006 grazie al flusso di voti decisivo proveniente dal milione e passa di dipendenti della pubblica istruzione con relativi familiari. Il "popolo della scuola pubblica" si attendeva l'abrogazione della riforma Moratti, il ridimensionamento dei finanziamenti alle
    scuole private, massicci investimenti nel campo della formazione, una rivalutazione della "professionalità docente".
    Tuttavia, già l'insediamento del nuovo responsabile del ministero dell'Istruzione (pur ridenominata con un' operazione di look, "Pubblica") aveva destato qualche sorpresa. Giuseppe Fioroni - uomo politico di una certa rilevanza in quanto "signore delle tessere" post-democristiano - vi era stato collocato (preferendolo a Rosy Bindi) per decisa volontà di Rutelli, notoriamente contrario alla cancellazione delle leggi Moratti, data la sua piena sintonia e colleganza con le gerarchie vaticane. Nei primi interventi il ministro, per la verità, cercava di infondere fiducia, dichiarando il suo impegno a "smontare con il cacciavite" la riforma fatta dalla destra, attraverso una serie di circolari, lettere, direttive, che l' avrebbero - per così dire - svuotata dall' interno. Quando però si è arrivati al dunque, quando cioè si è trattato di passare dalle affermazioni di principio all'attivazione di una serie di provvedimenti in apparenza burocratico - amministrativi, ma che determinano il funzionamento reale della scuola, ci si è potuti rendere conto della continuità delle politiche scolastiche del centrosinistra con quelle della destra.
    Bisogna qui soffermarsi su alcuni aspetti un pò "tecnici", ma solo così è possibile comprendere cosa stia veramente accadendo nella scuola italiana sotto il governo del centrosinistra. Iniziamo con la circolare ministeriale n.74 del 21 dicembre 2006 che ha regolato le iscrizioni per l'anno 2007/08. Essa ha prorogato gli ingressi anticipati alle materne (a due anni e mezzo invece che a tre compiuti) e alla primaria (cinque anni e mezzo invece che sei). Per il Tempo Pieno e Prolungato ha riproposto la distinzione tra orario obbligatorio ed opzionale con il "doppio organico" dei docenti: quello sulle 30 ore (27 obbligatorie + 3 opzionali nelle elementari ) o sulle 33 (29 obbligatorie + 4 nelle medie) e quello sulle 40 che si attua solo in base alle dotazioni di personale assegnate dagli Uffici Scolastici Regionali. Sull'obbligo scolastico, poi, la c.m. n. 74 ha portato addirittura a compimento il "doppio canale", scavalcando la stessa legge Finanziaria, poiché mentre quest'ultima si limitava a mantenere in vita i percorsi "sperimentali" della formazione professionale regionale con i quali la destra aveva previsto l' assolvimento dell'obbligo formativo (ma non scolastico), Fioroni ha definito tali percorsi "utili per l'espletamento dell' obbligo dell'istruzione", istituendo di fatto il già menzionato "doppio canale": quello del biennio della secondaria, che rilascerà l'attestato di un obbligo acquisito in scuole statali, e quello del triennio della formazione professionale di esclusiva competenza delle Regioni, che rilascerà l'attestato di un obbligo scolastico di livello regionale.
    Insomma il prorogare norme transitorie che anche sul piano giuridico dovevano ormai essere decadute e che risultavano in aperto contrasto con la stessa Legge Finanziaria ha costituito non un provvedimento burocratico, ma un atto politico di notevole e significativa rilevanza.
    Poi c' è stato il decreto sulla trasformazione delle scuole in Fondazioni, nascosto in mezzo ai famosi provvedimenti sulle ricariche dei telefonini, sui tassinari e sulla benzina. Esso prevede che le singole scuole amministrino i fondi a loro disposizione costituendo Comitati Esecutivi di Gestione che includerebbero anche rappresentanti di imprese, Enti locali, "Terzo settore", insomma - come ha sottolineato compiaciuto il presidente dell'Associazione Nazionale Presidi, "Consigli di Amministrazione" che ingloberebbero i vecchi Consigli d' Istituto. Neppure la Moratti aveva osato tanto nel delineare una
    scuola - azienda dipendente dai potentati economici e politici (nel frattempo si continua a straparlare di "autonomia scolastica"). Ma ciò che i partiti ed i sindacati concertativi (CGIL-CISL-UIL) "amici del governo amico" rifiutavano fino ad un anno fa, ora lo accettano quasi senza fiatare, seguendo la logica dicotomica sintetizzabile nel ragionamento: "Compagni, la riforma Moratti bisogna farla noi, se no la fa la destra".
    Un paio di mesi fa, infine, Fioroni ha emanato il Decreto ministeriale n. 21, in attuazione della Finanziaria 2007, che è un decreto taglia - spese per la scuola pubblica emanato sulla scia di quanto aveva fatto la destra negli anni del governo Berlusconi. Da questo decreto si evince che la dotazione complessiva per il funzionamento amministrativo e didattico (cioè l' acquisto di materiali, il pagamento delle supplenze e delle tasse sui rifiuti, etc.) di una scuola elementare o media di 600 alunni dovrebbe aggirarsi sui 6.000 € l'anno, di un liceo delle stesse dimensioni sugli 8.700 €, sui 16.000 € l' anno per la generalità degli istituti tecnici e professionali. Chiunque, e non solo gli addetti ai lavori, si rende conto che si tratta di cifre risibili, assolutamente insufficienti.
    Alcuni Consigli di Circolo e d' Istituto stanno cercando di metterci una pezza approvando aumenti dei contributi a carico delle famiglie, ma resta un mistero ciò che potrà succedere in futuro nelle scuole italiane. Infatti, alla faccia di tutti gli impegni pre e post elettorali presi dal centrosinistra, il testo della Finanziaria 2007 ha previsto "economie di spesa" per "un importo complessivo non inferiore a € 448,20 milioni per l' anno 2007, € 1.324, 50 milioni per l' anno 2008 e a € 1.402,20 milioni a decorrere dll' anno 2009".
    In compenso sono aumentati gli stanziamenti alla scuola privata (100 milioni in più grazie alla stessa Finanziaria)! Perciò non stupisce che la circolare ministeriale n. 19 sugli organici a livello nazionale preveda 15.000 insegnanti in meno di fronte ad un aumento di 28.000 alunni ed al pensionamento di circa 52.000 tra docenti ed assistenti tecnici - amministrativi. Insomma, le stesse cose che faceva la destra.
    Nessuno scandalo, ad ogni modo. Che cosa ci si poteva aspettare di diverso da un governo collegato a poteri forti riuniti attorno ad un temibile e minaccioso patto di sindacato come quello della RCS, a sua volta legato a doppio filo a banche d' affari statunitensi che da sole gestiscono bilanci pari al PIL di grandi Stati sovrani, ad esempio la Goldman Sachs, di cui gli attuali Presidente del Consiglio, il ministro dell'Economia, svariati sottosegretari, il Governatore della Banca d' Italia sono stati consulenti o dirigenti lautamente stipendiati?
    Tuttavia la sinistra sapeva di dover concedere qualcosa al personale della scuola, in particolare agli insegnanti, che costituiscono lo "zoccolo duro" del suo elettorato, essendo ormai da tempo la maggioranza degli operai approdata su altri lidi, per non parlare dei lavoratori autonomi. Quindi ha cercato da un lato di tranquillizzare i professori delle scuole superiori, ripristinando gli Istituti tecnici e professionali che la riforma Moratti aveva abolito (ma tutto ciò che riguarda i curricoli di studio è rimasto nel vago, essendo stata la riforma stessa non abrogata, bensì rimandata al 2008/09); dall' altro di vellicare le loro pulsioni, reintroducendo i "commissari esterni" agli esami di Stato in nome della "serietà e del rigore", fatto che non mancherà di regalare soddisfazioni a numerosi insegnanti smaniosi di far sfoggio del proprio ritrovato micropotere.
    Infine è scoppiata la grana del contratto. L' ultimo contratto stipulato durante il governo Berlusconi (biennio 2004-05) - benché misero - aveva comportato un aumento mensile medio di 126 € lordi e gli arretrati furono dati - a gennaio 2006 - per entrambi gli anni e non solo per l' ultimo. Il governo di centrosinistra per il biennio 2006/07 prevede di erogare 101 € lordi (cioè 60 netti), che non coprono neppure la metà dell’inflazione reale, ma bisognerà attendere la Finanziaria 2008, che entrerà in vigore a gennaio, e, tenendo conto che passano come minimo sempre un paio di mesi tra la firma e l' attuazione dei contratti, il contratto diventerà operativo non prima dell' aprile 2008. Ma non basta: gli arretrati verranno pagati soltanto per il 2007, mentre per il 2006 ci sarebbe la corresponsione dell' indennità di vacanza contrattuale (pari a un aumento medio 11 € lordi mensili). In questo modo il contratto passa “in via sperimentale” ( come hanno spudoratamente tenuto a precisare CGIL-CISL-UIL), da biennale a triennalee così è portato a compimento ciò che aveva cominciato a fare la destra al tempo della “finanza creativa” di Tremonti. I sindacati "amici del governo amico" avevano minacciato uno sciopero ad aprile, che poi hanno rinviato a maggio, per spostarlo quindi a giugno e infine disdirlo del tutto. Dunque, il governo Prodi 2 non ha nulla da temere. Sa che la logica dicotomica è inesorabile. Sa che quanto i sindacati concertativi rifiutavano dalla Moratti - che è di destra - adesso lo accetteranno, perchè al governo c’è ... la “sinistra”.
    Francesco Rovarich


    Trimestrale di politica e cultura
    http://www.cassandrarivista.it/rivista.pdf

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    A proposito dell’articolo di Mario Pirani su “la Repubblica” del 10 settembre

    Nella primavera scorsa Mario Pirani aveva dedicato due volte il suo editoriale su « la Repubblica » ai temi della scuola citando anche il « Manifesto dei 500 » e riprendendo molte nostre argomentazioni.
    In effetti un dialogo si era instaurato a seguito dell’interessamento di Pirani alle nostre idee.
    Ieri, 10 settembre 2007, Pirani scrive di nuovo di scuola e parla di « passi avanti » compiuti. Pensiamo che ciò che Pirani scrive non sia ciò che realmente succede nella scuola, ma piuttosto quello che il ministro, i membri della commissione sulle « nuove » Indicazioni Nazionali e la propaganda di questi giorni ci vogliano far credere.
    Tutti coloro che non intendono fermarsi a questa propaganda, ma analizzare i fatti, i provvedimenti, i documenti – del ministero, nostri, di altri - potranno verificare come non ci sia alcun « passo avanti », ma purtroppo molti passi indietro, anche e proprio sui punti che Pirani stesso denunciava giustamente nella primavera scorsa.

    E’ indubitabile che i suoi puntuali e importanti contributi dei mesi e degli anni passati abbiano aiutato a sollevare una discussione che ha messo in crisi i fautori delle teorie e delle “riforme” di questi anni, “riforme” che Pirani stesso ha sempre considerato “sciagurate”.
    Ma il problema posto oggi è il seguente: si tratta di una crisi che rimette in gioco le teorie « sciagurate » oppure si tratta di una crisi che induce i fautori di queste teorie a cambiare tattica, assumendo anche parole estreme come « severità », « studio », « fatica », “ritorno della cultura”, per poter affermare nei fatti gli stessi contenuti?
    Noi pensiamo, e con noi moltissimi altri che hanno analizzato i documenti, che siamo di fronte alla seconda ipotesi e cioè ad una gravissima mistificazione da parte del ministero.
    Da parte nostra invitiamo ancora una volta tutti gli insegnanti e i genitori, ma anche Pirani e tutti gli intellettuali, le personalità del mondo della cultura, i giornalisti… ad analizzare i fatti e a giudicare a partire da essi, cosa che vuol dire leggere le indicazioni nei loro contenuti reali e confrontarle con i problemi da noi sollevati (e da altri) per vedere chi ha ragione o torto.
    E’ su questa base che poi proponiamo di prendere posizione.

    Due osservazioni per concludere.
    La prima: nonostante la propaganda martellante di questi giorni i fautori delle « nuove » indicazioni e più in generale di tutte le riforme (si tratta delle stesse persone) sono molto in crisi. La loro crisi è una crisi di pensiero, di argomenti, di filosofia di fondo. La propaganda è stata forte ma non ha travolto gli insegnanti e i genitori. Essa è stata necessaria proprio per la crisi che attraversa i teorici delle riforme.
    In altri termini, la propaganda è l’espressione di una debolezza: si usa la mistificazione perchè non si sa più argomentare davvero, perchè le « teorie » sono fallite e non convincono più nessuno.
    La seconda osservazione: non c’è nulla di peggio di un ritorno del rigore, della fatica dello studio, della disciplina quando esse non si fondano su altro che sul vuoto culturale e sull’inganno, quando vengono lasciate alle singole scuole, quando le alimentano ad arte le stesse persone che concretamente fanno di tutto per creare le condizioni di una scuola disagiata, povera, che deve cercare finanziamenti, senza posti, con classi di 28-29, anche 32 e più alunni, abbandonata a se stessa, svuotata dei programmi e del valore dei diplomi. Quello che si prepara non è allora nè il giusto rigore, nè la comprensibile fatica dello studio, ma la ricerca della severità e l’arbitrio fine a se stessi che, oltre ad essere diseducativi, non possono che creare un altro baratro tra il mondo degli adulti e quello dei ragazzi.
    Se la nuova “serietà” della scuola è questa noi diciamo subito “no grazie”.

    « Le bugie hanno le gambe corte »: siamo certi che questo detto valga anche per quelle del ministero. A Pirani, come a tutti gli intellettuali del Paese che hanno a cuore davvero la scuola, la cultura e le generazioni future, chiediamo di aiutarci a smascherare le falsità sulla cui base, certamente, non potrà esserci alcun « passo avanti » della scuola, come di nessun settore.

  3. #3
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    Sarà il regno dell’ignoranza

    di Lorenzo Varaldo (del Manifesto dei 500)
    da Repubblica del 20.09.2007


    Probabilmente molti genitori e insegnanti avranno nei giorni scorsi tirato un sospiro di sollievo sentendo che il ministro Fioroni avrebbe ripristinato l´insegnamento della grammatica, della storia, della geografia, che la matematica sarebbe stata messa al centro della formazione e persino che il Tempo Pieno veniva ripristinato.
    Ma le cose stanno così? Se si leggono le nuove Indicazioni Nazionali si scopre sorprendentemente che leggere e scrivere diventa un obiettivo da perseguire «entro i primi due anni di scuola» (con i programmi precedenti era un obiettivo della prima elementare…).

    In matematica scompare lo studio del cerchio e di tutti i solidi nella scuola elementare, mentre le aree e i perimetri sono limitati a «triangoli e rettangoli». Non solo: le frazioni diventano obiettivo di quinta (prima della Moratti si affrontavano in terza). Come si studieranno i numeri decimali e le unità di misura senza aver fatto le frazioni non è dato sapere…
    La storia e la geografia erano le parti più contestate del modello morattiano. Ebbene, Fioroni conferma che nei cinque anni di scuola elementare si studierà la storia solo fino… ai Romani!
    La geografia verrà limitata alle… Regioni italiane! In altre parole: i bambini usciranno dalla scuola elementare senza aver mai sentito parlare del Medioevo o del Rinascimento, di Cristoforo Colombo, dell´Unità d´Italia o della Resistenza. In terza media senza il ‘900.
    Studieranno l´inglese dai sei anni, ma dovranno attendere la terza media per «conoscere e localizzare» gli Stati Uniti o l´Inghilterra!
    Certo, queste «indicazioni» sono ricche di termini altisonanti e persino si vantano di inaugurare un «nuovo umanesimo». Ma di quale «società multiculturale» si parla, per esempio, se i bambini non studieranno il colonialismo o l´influenza araba e dovranno attendere i 13 anni per sapere dov´è il loro Paese d´origine?
    Due problemi più generali si pongono. La scuola nasce nell´antichità come un privilegio riservato ai ricchi. Essa aspira a diventare un diritto universale con l´Illuminismo e poi con le lotte del movimento operaio. E´ per garantire questa universalità che esistevano i programmi nazionali, cioè programmi uguali per tutti.
    Le «indicazioni nazionali» (frutto dell´Autonomia Scolastica) si fondano invece su un altro principio: «Spetta ad ogni istituzione scolastica meglio specificare gli obiettivi da raggiungere». In altri termini: dato un quadro generale sempre più povero, ogni scuola potrà poi decidere se alzare o abbassare il livello. Concretamente: ci saranno scuole che insegneranno a leggere in prima e altre in seconda; scuole che insegneranno i solidi e altre no… e persino i singoli alunni potranno avere programmi diversi, in nome della «centralità della persona». Invece di prevedere un´istruzione alta per tutti si ratificano le differenze sociali e l´abbassamento culturale. Un ribaltamento completo dei principi della Costituzione (art. 3).
    Le indicazioni avallano inoltre un principio pedagogico che va contro tutti gli studi sull´età evolutiva, l´apprendimento e il buon senso: affermano che un argomento lo si può studiare una sola volta nella vita, senza riprenderlo mai più. La storia dei Greci, per esempio, si potrebbe studiare solo a 9 anni, e quella del ‘900 solo a 13, come se le capacità percettive e cognitive fossero sempre le stesse.
    Infine, il «ripristino» del Tempo Pieno. In realtà centinaia di posti sono stati negati e si moltiplicano i casi in cui, per coprire le 40 ore, intervengono su una classe anche 10 o 11 insegnanti di altre classi alla settimana, anche a sei anni. Poveri bambini e poveri insegnanti. In altri casi i posti sono stati concessi, ma… tagliando quelli per i portatori di handicap! La propaganda sul «nuovo umanesimo» nasconde una realtà impresentabile. Ma anche Fioroni non sfuggirà alla saggezza popolare: «Le bugie hanno le gambe corte».

 

 

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