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Tragedia umanitaria in Uganda
Uganda Scritto da Matteo Fagotto

martedì, 02 novembre 2004 227
Mentre continua la guerra tra l'esercito ugandese ed i resti del LRA (Lord's Resistance Army), falcidiato dai recenti attacchi delle Forze Armate, la situazione umanitaria nei distretti settentrionali dell'Uganda resta drammatica. L'80% della popolazione vive in squallidi campi-profughi, sopravvivendo grazie alle razioni di cibo inviate dalle agenzie umenitarie. Parlando al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il Coordinatore ONU per gli Affari Umanitari Jan Egenland ha definito la tragedia ugandese peggiore di quelle in Iraq e in Darfur.
Parole che non hanno fatto piacere al presidente Yoweri Museveni, che continua a ritenere l'opzione militare l'unica possibile per spazzare via gli ultimi ribelli che ancora operano nel nord del paese. Secondo stime fornite dall'esercito ugandese ma non confermate da alcuna fonte indipendente, negli ultimi due anni gli effettivi del LRA si sarebbero ridotti da 3.000 a meno di 200.
Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le offerte dei ribelli per l'apertura di una trattativa, l'ultima delle quali è stata lanciata dal Brigadiere Sam Kolo ai microfoni del programma radio della BBC "Focus on Africa". Kolo ha dichiarato di parlare per conto del leader Joseph Kony, e di non ritenere più la guerra un'opzione valida. Una dichiarazione fondamentale quella del Brigadiere, ma che difficilmente troverà ascolto a Kampala.
Il governo ugandese infatti è deciso a proseguire verso la meta della vittoria militare, tanto da aver rifiutato l'invio di un contingente di peacekeepers dell'ONU nel paese. Museveni chiede alla comunità internazionale assistenza per la popolazione e la possibilità di incrementare il proprio bilancio per la difesa, incremento che i paesi donatori (che con le loro donazioni incidono per metà del bilancio statale) continuano a non concedere.
In questa situazione le schermaglie tra esercito e ribelli rischiano di prolungarsi ancora a lungo. Nonostante infatti gli ultimi effettivi del LRA siano braccati dall'esercito, la tattica di guerriglia adottata dal gruppo ribelle ha sempre creato non poche difficoltà alle Forze Armate ugandesi. Basti pensare che nel mese di settembre 30 civili sarebbero stati uccisi dai ribelli, che a loro volta avrebbero perso almeno 13 uomini nel fine settimana. Numeri forniti come sempre dalle autorità militari ed impossibili da confermare.
La situazione umanitaria
Intanto, la popolazione continua a vivere in condizioni pessime: i campi profughi allestiti nel nord mancano dei servizi più basilari e versano in condizioni igieniche pietose. L'indice di mortalità all'interno dei campi è altissimo, anche a causa dell'alta densità abitativa che favorisce la trasmissione di malattie. La VOA News cita alcune fonti umanitarie locali secondo cui nel campo profughi di Pabbo, dove vivono 62.000 persone, sarebbe scoppiata un'epidemia di colera.
La vita nei campi profughi influenza pesantemente anche le prospettive economiche per i distretti settentrionali ugandesi. La stragrande maggioranza della popolazione infatti ha abbandonato i campi per paura degli attacchi dei ribelli, e ciò impedisce l'avvio di un vero sviluppo della regione. Un quadro che stride fortemente con l'immagine di paese in forte crescita economica che l'Uganda dà di sé.
Monsignor Ojara in carcere
E' stato catturato oggi a Kitgum Monsignor Mathew Ojara, vicario episcopale dell'omonima città. Lo hanno riferito fonti militari e della MISNA, secondo cui Ojara sarebber stato successivamente trasferito nel carcere di Gulu per essere interrogato. La polizia avrebbe sequestrato il PC ed il telefono cellulare del prelato, che secondo le prime indiscrezioni sarebbe accusato di collaborazionismo con i ribelli. Le autorità militari non hanno per il momento commentato la notizia.