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  1. #21
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    bello,molto bello

  2. #22
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    mitico LIBERAMENTE

    peccato che tanto adesso arriva LIBERAL_ e te lo sega

  3. #23
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    ma scusate...io sono il Don Rodrigo originale!!!!

  4. #24
    Super Troll
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    Citazione Originariamente Scritto da LIBERAMENTE Visualizza Messaggio
    E' solo satira , letteraria.
    Beh come satira è senz'altro molto originale e divertente con un bel tocco letterario

    se gli scontri su Camera invece di avvenire sulla base degli insulti vengono fatti attraverso satire il forum ha solo da guadagnare

  5. #25
    .
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    bello...

  6. #26
    Silente
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    un grappino a Ronnie lo si offre sempre volentieri se nn altro perchè non lo rifiuta mai

    ;-))))))))))))))

  7. #27
    Radicalpignolo
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    Capitolo II

    Si racconta che il principe di Condé dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi: ma, in primo luogo, era molto affaticato; secondariamente aveva già date tutte le disposizioni necessarie, e stabilito ciò che dovesse fare, la mattina. Don Cascista in vece non sapeva altro ancora se non che l'indomani sarebbe giorno di battaglia; quindi una gran parte della notte fu spesa in consulte angosciose. Non far caso dell'intimazione ribalda, né delle minacce, e fare la sentenza , era un partito, che non volle neppur mettere in deliberazione. Confidare agli altri giudici l'occorrente, e cercar con loro qualche mezzo... Dio liberi! - Non si lasci scappar parola... altrimenti... ehm! - aveva detto un di que' bravi; e, al sentirsi rimbombar quell'ehm! nella mente, don Cascista, non che pensare a trasgredire una tal legge, si pentiva anche dell'aver ciarlato con Giò91 ( la sua Perpetua).
    Fuggire? Dove? E poi! Quant'impicci, e quanti conti da rendere! A ogni partito che rifiutava, il pover'uomo si rivoltava nel letto. Quello che, per ogni verso, gli parve il meglio o il men male, fu di guadagnar tempo, menando il processo per le lunghe. Si rammentò a proposito, che mancavan pochi giorni al tempo dell’elezione della nuova Corte che sarebbe iniziata il 25 novembre ; "e, se posso tenere a bada, per questi pochi giorni, quei ragazzoni di Metapapero e Primoli, ho poi sei mesi di respiro; e, in sei mesi, può nascer di gran cose". Ruminò pretesti da metter in campo; e, benché gli paressero un po' leggieri, pur s'andava rassicurando col pensiero che la sua autorità gli avrebbe fatti parer di giusto peso, e che la sua antica esperienza gli darebbe gran vantaggio sur un giovanetto ignorante.
    Fermato così un poco l'animo a una deliberazione, poté finalmente chiuder occhio: ma che sonno! che sogni! Bravi, don Gianfranco , viottole, rupi, fughe, inseguimenti, grida, schioppettate. Il primo svegliarsi, dopo una sciagura, e in un impiccio, è un momento molto amaro. La mente, appena risentita, ricorre all'idee abituali della vita tranquilla antecedente; ma il pensiero del nuovo stato di cose le si affaccia subito sgarbatamente; e il dispiacere ne è più vivo in quel paragone istantaneo. Assaporato dolorosamente questo momento, don Cascista ricapitolò subito i suoi disegni della notte, si confermò in essi, gli ordinò meglio, s'alzò, e stette aspettando l’udienza del giorno dopo con timore e, ad un tempo, con impazienza. E il fatidico momento venne:
    - Buongiorno Signor Cascista -disse l’avvocato Primoli arrivato in Tribunale- Sarà una bella udienza quella di oggi.
    - Oggi? - replicò don Cascista, come se ne sentisse parlare per la prima volta. - Oggi, oggi... abbiate pazienza, ma oggi non posso.
    - Oggi non può! Cos'è nato?
    - Prima di tutto, non mi sento bene, vedete.
    - Mi dispiace; ma quello che ha da fare è cosa di così poco tempo, e di così poca fatica...
    - E poi, e poi, e poi...
    - E poi che cosa?
    - E poi c'è degli imbrogli.
    - Degl'imbrogli? Che imbrogli ci può essere?
    - Bisognerebbe trovarsi nei nostri piedi, per conoscer quanti impicci nascono in queste materie, quanti conti s'ha da rendere. Io son troppo dolce di cuore, non penso che a levar di mezzo gli ostacoli, a facilitar tutto, a far le cose secondo il piacere altrui, e trascuro il mio dovere; e poi mi toccan de' rimproveri, e peggio.
    - Ma, col nome del cielo, non mi tenga così sulla corda, e mi dica chiaro e netto cosa c'è.
    - Sapete voi quante e quante formalità ci vogliono per fare una sentenza in regola ?
    - Ma mi spieghi una volta cos'è quest'altra formalità che s'ha a fare, come dice; e sarà subito fatta.
    - Sapete voi quanti siano gl'impedimenti dirimenti?
    - Che vuol ch'io sappia d'impedimenti?
    - Error, conditio, votum, cognatio, crimen,
    Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas,
    Si sis affinis,... - cominciava don Cascista, contando sulla punta delle dita.
    - Si piglia gioco di me? - interruppe il giovine. - Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?
    - Dunque, se non sapete le cose, abbiate pazienza, e rimettetevi a chi le sa.
    - Orsù!...
    - Via, non andate in collera, che son pronto a fare... tutto quello che dipende da me. Io, io vorrei vedervi contento; vi voglio bene io. Eh!... quando penso che stavate così bene; cosa vi mancava? V'è saltato il grillo di denunciare quella bravissima gente.
    - Che discorsi son questi, signor mio? - proruppe Primoli , con un volto tra l'attonito e l'adirato.
    - Dico per dire, abbiate pazienza, dico per dire. Vorrei vedervi contento.
    - In somma...
    - In somma, figliuol caro, io non ci ho colpa; la legge non l'ho fatta io. E, prima di conchiudere una sentenza , noi siam proprio obbligati a far molte e molte ricerche, per assicurarci che non ci siano impedimenti.
    - Ma via, mi dica una volta che impedimento è sopravvenuto?
    - Abbiate pazienza, non son cose da potersi decifrare così su due piedi. Non ci sarà niente, così spero; ma, non ostante, queste ricerche noi le dobbiam fare
    - E che vorrebbe ch'io facessi?
    - Che aveste pazienza per qualche giorno. Figliuol caro, qualche giorno non è poi l'eternità: abbiate pazienza.
    - Per quanto?
    "Siamo a buon porto", pensò fra sé don Cascista; e, con un fare più manieroso che mai, - via, - disse: - dopo del 25 novembre ... procurerò...
    - Fino al 25 novembre ! oh questa sì ch'è nuova!

    - Dite pure a tutti, che ho sbagliato io, per troppa furia, per troppo buon cuore: gettate tutta la colpa addosso a me. Posso parlar meglio.
    Uscito dall’aula Primoli vide Giò91, la Perpetua di Cascista.
    - Buon giorno, Perpetua Giò .. io speravo che oggi si sarebbe stati allegri insieme. Fatemi un piacere: quel benedett'uomo del signor giudice m'ha impastocchiate certe ragioni che non ho potuto ben capire: spiegatemi voi meglio perché non può o non vuole maritarci oggi.
    - Oh! vi par egli ch'io sappia i segreti del mio padrone?
    "L'ho detto io, che c'era mistero sotto", pensò Primoli . e, per tirarlo in luce, continuò: - via, Perpetua; siamo amici; ditemi quel che sapete, aiutate un povero figliuolo.
    - Sentite ; io non posso dir niente, perché... non so niente; ma quello che vi posso assicurare è che il mio padrone non vuol far torto, né a voi né a nessuno; e lui non ci ha colpa.
    - Chi è dunque che ci ha colpa? – domandò Primoli , con un cert'atto trascurato, ma col cuor sospeso, e con l'orecchio all'erta.
    - Quando vi dico che non so niente... In difesa del mio padrone, posso parlare; perché mi fa male sentire che gli si dia carico di voler far dispiacere a qualcheduno. Pover'uomo! se pecca, è per troppa bontà. C'è bene a questo mondo de' birboni, de' prepotenti, degli uomini senza timor di Dio...
    "Prepotenti! birboni! – pensò Primoli : - questi non sono i superiori". - Via, - disse poi, nascondendo a stento l'agitazione crescente, - via, ditemi chi è.
    - Ah! voi vorreste farmi parlare; e io non posso parlare, perché... non so niente: quando non so niente, è come se avessi giurato di tacere. Primoli , rispostole con un saluto, tornò indietro pian piano, per non farla accorgere del cammino che prendeva; ma, quando fu fuor del tiro dell'orecchio della buona donna, allungò il passo; in un momento fu all'uscio di don Cascista ; entrò, andò diviato al salotto dove l'aveva lasciato, ve lo trovò, e corse verso lui, con un fare ardito, e con gli occhi stralunati.
    - Eh! eh! che novità è questa? - disse don Cascista.
    - Chi è quel prepotente, - disse Primoli , con la voce d'un uomo ch'è risoluto d'ottenere una risposta precisa, - chi è quel prepotente che non vuol che ci sia la sentenza ?
    - Che? che? che? - balbettò il povero sorpreso, con un volto fatto in un istante bianco e floscio, come un cencio che esca del bucato
    - Ah! ah! parlerà ora, signor giudice ? Tutti sanno i fatti miei, fuori di me. Voglio saperli, per bacco, anch'io. Come si chiama colui?
    - Primoli per carità, badate a quel che fate; pensate all'anima vostra.
    - Penso che lo voglio saper subito, sul momento -. E, così dicendo, mise, forse senza avvedersene, la mano sul manico del coltello che gli usciva dal taschino.
    - Misericordia! - esclamò con voce fioca don Cascista.
    - Lo voglio sapere.
    - Chi v'ha detto...
    - No, no; non più fandonie. Parli chiaro e subito.
    - Mi volete morto?
    - Voglio sapere ciò che ho ragion di sapere.
    - Ma se parlo, son morto. Non m'ha da premere la mia vita?
    - Dunque parli. Quel "dunque" fu proferito con una tale energia, l'aspetto di Primoli divenne così minaccioso, che don Cascista non poté più nemmen supporre la possibilità di disubbidire.
    - Mi promettete, mi giurate, - disse - di non parlarne con nessuno, di non dir mai...?
    - Le prometto che fo uno sproposito, se lei non mi dice subito subito il nome di colui.
    A quel nuovo scongiuro, col volto, e con lo sguardo di chi ha in bocca le tanaglie del cavadenti, proferì: - don
    ...
    - Don? - ripeté Primoli , come per aiutare il paziente a buttar fuori il resto; e stava curvo, con l'orecchio chino sulla bocca di lui, con le braccia tese, e i pugni stretti all'indietro.
    - Don Gianfranco ! - pronunziò in fretta il forzato, precipitando quelle poche sillabe, e strisciando le consonanti, parte per il turbamento, parte perché, rivolgendo pure quella poca attenzione che gli rimaneva libera, a fare una transazione tra le due paure, pareva che volesse sottrarre e fare scomparir la parola, nel punto stesso ch'era costretto a metterla fuori.
    - Ah cane! - E come ha fatto? Cosa le ha detto per...?
    - Come eh? come? - rispose, con voce quasi sdegnosa, don Cascista, il quale, dopo un così gran sagrifizio, si sentiva in certo modo divenuto creditore.
    - Mi ha minacciato, mandandomi due dei suoi bravi. Ronnie e LIBERAL_ mi hanno atteso mentre tornavo nella mia umile dimora e, tra bestemmie e minacce, mi hanno fatto capire che mi uccideranno se emetterò quella sentenza.
    .- Me ne vado, la sua vita è salva.
    - Giurate... - replicò don Cascista, afferrandogli il braccio con la mano tremante.
    - Lo Giuro

    - Perpetua! Perpetua! - gridò don Cascista a Giò91 , dopo avere invano richiamato il fuggitivo. Giò 91 non risponde: don Cascista non sapeva più in che mondo si fosse….

    Fine Capitolo

  8. #28
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    ...cercatemi , se volete e potete , come RoccoFerraro

 

 
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