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Discussione: deportazioni

  1. #1
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    Predefinito deportazioni

    La persecuzione degli zingari da parte del Fascismo
    Scarsissime le fonti, basate soprattutto sulle testimonianze orali. Le disposizioni del settembre 1940 relativamente all'internamento dei rom presenti in Italia. Più che lacunosa la documentazione sui campi di concentramento nel nostro paese. Le vittime del nazismo furono almeno mezzo milione "Mia figlia Lalla è nata in Sardegna a Perdasdefogu il 7 gennaio 1943, perché eravamo lì in un campo di concentramento". Quella di Rosa Raidic (Lacio Drom n.2/3, 1984) è una delle rarissime voci di zingari testimoni della seconda guerra mondiale, una delle poche testimonianze che riguardano l'internamento in Italia, sotto la dittatura fascista, di un popolo sempre perseguitato e, anche per questo, ignorato e dimenticato dalla memoria e dalla storia delle dittature nazifasciste.
    Dello sterminio degli zingari si sa infatti molto poco, troppo poco. Nonostante sia ormai appurato che, come gli ebrei, furono vittime della persecuzione e dello sterminio razziali praticati dai nazisti in Germania e nei paesi dell'Europa occupata, normalmente si tralascia la loro vicenda o, nel migliore dei casi, se ne accenna in lavori che si occupano del Terzo Reich o del sistema concentrazionario in generale includendoli tra le vittime per poi tralasciare cause e conseguenze della loro persecuzione. Questo anche a causa del fatto che per molto tempo dopo la guerra lo sterminio del popolo zingaro non è stato riconosciuto come razziale ma lo si è considerato conseguenza (quasi ovvia) di quelle misure di prevenzione della criminalità che ovviamente si acuiscono in caso di guerra. Una tesi che trova fondamento nella definizione di "asociali" con la quale inizialmente gli zingari furono deportati, ma che non considera il fatto che, secondo le teorie nazionalsocialiste, gli zingari erano tali perché le caratteristiche loro attribuite dai nazisti erano nei loro geni, nel loro sangue, che li rendeva "irrecuperabili" condannandoli quindi allo sterminio, alla cosiddetta "soluzione finale".
    Va comunque tenuto presente che, almeno per ciò che riguarda il nazismo (e grazie soprattutto all'impegno della studiosa ebrea Miriam Novitch che dedicò gran parte della sua vita a raccogliere documenti sullo sterminio del popolo Rom), esiste oggi una documentazione sufficiente a dimostrare che gli zingari sono stati tra le vittime dello sterminio razziale e che almeno 500.000 di loro sono morti nei Lager, dopo esser stati imprigionati, torturati e violentati come tutti gli altri prigionieri. Altri sono stati uccisi nelle esecuzioni di massa nei paesi dell'est, ma su questo i dati sono davvero scarsissimi.
    Non si può invece parlare di ricerca per quel che riguarda l'Italia dove le conoscenze sulla persecuzione degli zingari durante il fascismo sono poche e contraddittorie e si basano quasi esclusivamente sulle testimonianze raccolte nel dopoguerra dai pochi studiosi (tra i quali spicca la figura di Mirella Karpati, del Centro studi zingari, che ha raccolto quasi tutta la documentazione orale oggi disponibile) che si sono occupati della deportazione degli zingari, senza mai ricevere la dovuta attenzione. I dati storici raccolti a oltre cinquant'anni dai fatti sono scarsi, tanto da non permettere ancora di stabilire con certezza come e quanto gli zingari siano stati perseguitati nell'Italia fascista e per quali ragioni.
    Eppure la documentazione d'archivio ci fornisce testimonianze orali, ci restituiscono un quadro ancora contraddittorio ma di grande interesse. Coloro che si sono occupati dell'argomento hanno finora generalmente affermato che la politica discriminatoria fascista era indirizzata in particolare contro gli zingari stranieri presenti in territorio italiano e dovuta a ragioni di ordine pubblico. Secondo questa ipotesi fu essenzialmente l'occupazione della Jugoslavia e la conseguente fuga degli zingari da quel paese a costringere le autorità italiane a internare gli zingari. In un certo senso è persino ovvio che le misure di internamento e deportazione degli zingari siano aumentate e divenute più intransigenti con l'occupazione della Jugoslavia, anche solo perché è da quel territorio che molti zingari scapparono in Italia dopo l'occupazione nazifascista. E' quindi possibile ipotizzare che le misure di deportazione per gli zingari, italiani e non, si siano acutizzate sul finire del 1941, ma questo non esclude atteggiamenti discriminatori anche in precedenza e non necessariamente indirizzati contro gli zingari stranieri.
    L'11 settembre 1940 vengono emanate le prime disposizioni per l'internamento degli zingari italiani: una circolare telegrafica del Ministero degli Interni, firmata dal capo della polizia Bocchini e indirizzata a tutte le prefetture fa esplicito riferimento all'internamento degli zingari italiani, dando per scontato il fatto che, in base ad altre direttive quelli stranieri debbano essere respinti e allontanati dal territorio del regno. Nella circolare è scritto che "sia perché essi commettono talvolta delitti gravi per natura intrinseca et modalità organizzazione et esecuzione, sia per possibilità che tra medesimi vi siano elementi capaci di esplicare attività antinazionale... est indispensabile che tutti zingari siano controllati". Si dispone quindi "che quelli nazionalità italiana certa aut presunta ancora in circolazione vengano rastrellati più breve tempo possibile et concentrati sotto rigorosa vigilanza in località meglio adatte ciascuna provincia...".
    Come si vede si tratta di un ordine importante anche perché, nei documenti d'archivio, è seguito da una fitta corrispondenza che indica come i prefetti eseguano gli ordini procedendo al rastrellamento degli zingari nelle loro provincie: esistono lettere e telegrammi delle autorità di Campobasso, Udine, Ferrara, Ascoli Piceno, Aosta, Bolzano, Trieste e Verona, che, rispondendo agli ordini, indicano come, rapidamente, gli zingari diventino una preoccupazione urgente e importante in tutto il Regno. Poi, il 27 aprile 1941, il Ministero dell'Interno emana un'altra circolare avente ancora per oggetto 'l"Internamento degli zingari italiani".
    Purtroppo, finora, l'esistenza dei campi di concentramento per zingari è documentata quasi esclusivamente dalle testimonianze orali. I ricordi degli zingari sono frammentari, spezzati dalla riservatezza della memoria e dalla mancanza di una tradizione scritta che caratterizza la loro cultura, ma raccontano l'esistenza di luoghi di detenzione come Perdasdefogu, in Sardegna, il convento di San Bernardino ad Agnone, in provincia di Campobasso, Tossicia, in provincia di Teramo.
    Mitzi Herzemberg (Lacio Drom n. 1, 1987) ricorda che ad Agnone, dove gli zingari erano rinchiusi nel convento di San Bernardino, talvolta gli uomini venivano portati fuori a scavare buchi per le mine che servivano a ritardare l'avanzata alleata. Le guardie fasciste inferivano con punizioni durissime sui prigionieri: lui, che allora aveva quattordici anni, lavorava in cucina e cercava di passare un po' di cibo ai suoi familiari, venne portato fuori per essere fucilato con alcuni altri. Si salvò perché all'ultimo momento la sua pena fu commutata in bstonature e segregazione.
    Antonio Hudorovic è stato prigioniero a Tossicia: "Una volta, - dice - quando eravamo a Tossicia, è venuto un ufficiale tedesco. Ci ha preso tutte le misure, anche della testa. Ha detto che era per darci un vestito e un cappello". Tossicia è l'unico campo di concentramento sul quale si hanno dati abbastanza certi. Le carte e gli atti degli archivi comunali - sui quali ha lavorato in particolare Anna Maria Masserini (Storia dei nomadi, GB od., 1990) - dicono che risulta funzionante dal 21 ottobre 1940 e che dall'estate del 1942 ci sono anche prigionieri zingari, in condizioni miserevoli descritte dal direttore del campo e dall'ufficiale sanitario come invivibili.
    Testimonianze sparse ricordano altri luoghi di detenzione: Viterbo, Montopoli Sabina, Collefiorito, le isole Tremiti. E' anche documentata la presenza di zingari a Ferramonti di Tarsia, uno dei più grandi campi di concentramento italiani, esistito dal luglio 1940 al settembre 1943.
    Come è noto, dopo l'8 settembre e con l'inizio dell'occupazione tedesca, molti campi dell'Italia centro-meridionale vennero smantellati, anche per l'arrivo degli alleati, ma questo non significò la fine della deportazione in Italia, nemmeno per gli zingari. Il rom abruzzese Arcangelo Morelli racconta di esser stato rinchiuso e torturato nel manicomio dell'Aquila, trasformato in quartier generale della Gestapo e sappiamo anche che a Gries di Bolzano, anticamera dei Lager nazisti, erano detenuti anche gli zingari.
    Giuseppe Levakovich, in un libro che è la sua memoria, ripercorre molte delle vicende degli zingari negli anni delle dittature e della guerra, prima in Jugoslavia poi in Italia e ricorda, con amarezza, lastoria di sua moglie, Wilma, e di altre due giovani zingare, Muja e Mitska, internate a Ravensbrück e poi a Dachau. Giovanna Boursier

    (da Triangolo Rosso, n. 1/98 - gennaio 1998)



  2. #2
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    C'è chi mi diceva come l'olocausto degli Ebrei sia ancora oggi utilizzato ad arte per difendere le manie egemoniche di Israele in medio oriente.

    Ora vediamo di non utilizzare fatti di sessant'ani fa per giustificare dei criminali che sono stati lasciati liberi di delinquere sul territorio della nostra nazione. Le due cose non decisamente slegate.

  3. #3
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    Ma Medsim, non essere così cattivo!! POVERINI!!!
    Cosa chiedono in fin dei conti? Una terra dove IMPORRE la loro cultura, la loro religione i loro usi e costumi. Magari un loro STATO all'interno della colonia Italia! A ben vedere gli Ebrei l'hanno ottenuta e vedi bene come Democraticamente si sono integrati con la popolazione "indigena" e quale clima di pace e tolleranza abbiano instaurato colà!!!

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da pietro936 Visualizza Messaggio
    La persecuzione degli zingari da parte del Fascismo
    Scarsissime le fonti, basate soprattutto sulle testimonianze orali. Le disposizioni del settembre 1940 relativamente all'internamento dei rom presenti in Italia. Più che lacunosa la documentazione sui campi di concentramento nel nostro paese. Le vittime del nazismo furono almeno mezzo milione "Mia figlia Lalla è nata in Sardegna a Perdasdefogu il 7 gennaio 1943, perché eravamo lì in un campo di concentramento". Quella di Rosa Raidic (Lacio Drom n.2/3, 1984) è una delle rarissime voci di zingari testimoni della seconda guerra mondiale, una delle poche testimonianze che riguardano l'internamento in Italia, sotto la dittatura fascista, di un popolo sempre perseguitato e, anche per questo, ignorato e dimenticato dalla memoria e dalla storia delle dittature nazifasciste.
    Dello sterminio degli zingari si sa infatti molto poco, troppo poco. Nonostante sia ormai appurato che, come gli ebrei, furono vittime della persecuzione e dello sterminio razziali praticati dai nazisti in Germania e nei paesi dell'Europa occupata, normalmente si tralascia la loro vicenda o, nel migliore dei casi, se ne accenna in lavori che si occupano del Terzo Reich o del sistema concentrazionario in generale includendoli tra le vittime per poi tralasciare cause e conseguenze della loro persecuzione. Questo anche a causa del fatto che per molto tempo dopo la guerra lo sterminio del popolo zingaro non è stato riconosciuto come razziale ma lo si è considerato conseguenza (quasi ovvia) di quelle misure di prevenzione della criminalità che ovviamente si acuiscono in caso di guerra. Una tesi che trova fondamento nella definizione di "asociali" con la quale inizialmente gli zingari furono deportati, ma che non considera il fatto che, secondo le teorie nazionalsocialiste, gli zingari erano tali perché le caratteristiche loro attribuite dai nazisti erano nei loro geni, nel loro sangue, che li rendeva "irrecuperabili" condannandoli quindi allo sterminio, alla cosiddetta "soluzione finale".
    Va comunque tenuto presente che, almeno per ciò che riguarda il nazismo (e grazie soprattutto all'impegno della studiosa ebrea Miriam Novitch che dedicò gran parte della sua vita a raccogliere documenti sullo sterminio del popolo Rom), esiste oggi una documentazione sufficiente a dimostrare che gli zingari sono stati tra le vittime dello sterminio razziale e che almeno 500.000 di loro sono morti nei Lager, dopo esser stati imprigionati, torturati e violentati come tutti gli altri prigionieri. Altri sono stati uccisi nelle esecuzioni di massa nei paesi dell'est, ma su questo i dati sono davvero scarsissimi.
    Non si può invece parlare di ricerca per quel che riguarda l'Italia dove le conoscenze sulla persecuzione degli zingari durante il fascismo sono poche e contraddittorie e si basano quasi esclusivamente sulle testimonianze raccolte nel dopoguerra dai pochi studiosi (tra i quali spicca la figura di Mirella Karpati, del Centro studi zingari, che ha raccolto quasi tutta la documentazione orale oggi disponibile) che si sono occupati della deportazione degli zingari, senza mai ricevere la dovuta attenzione. I dati storici raccolti a oltre cinquant'anni dai fatti sono scarsi, tanto da non permettere ancora di stabilire con certezza come e quanto gli zingari siano stati perseguitati nell'Italia fascista e per quali ragioni.
    Eppure la documentazione d'archivio ci fornisce testimonianze orali, ci restituiscono un quadro ancora contraddittorio ma di grande interesse. Coloro che si sono occupati dell'argomento hanno finora generalmente affermato che la politica discriminatoria fascista era indirizzata in particolare contro gli zingari stranieri presenti in territorio italiano e dovuta a ragioni di ordine pubblico. Secondo questa ipotesi fu essenzialmente l'occupazione della Jugoslavia e la conseguente fuga degli zingari da quel paese a costringere le autorità italiane a internare gli zingari. In un certo senso è persino ovvio che le misure di internamento e deportazione degli zingari siano aumentate e divenute più intransigenti con l'occupazione della Jugoslavia, anche solo perché è da quel territorio che molti zingari scapparono in Italia dopo l'occupazione nazifascista. E' quindi possibile ipotizzare che le misure di deportazione per gli zingari, italiani e non, si siano acutizzate sul finire del 1941, ma questo non esclude atteggiamenti discriminatori anche in precedenza e non necessariamente indirizzati contro gli zingari stranieri.
    L'11 settembre 1940 vengono emanate le prime disposizioni per l'internamento degli zingari italiani: una circolare telegrafica del Ministero degli Interni, firmata dal capo della polizia Bocchini e indirizzata a tutte le prefetture fa esplicito riferimento all'internamento degli zingari italiani, dando per scontato il fatto che, in base ad altre direttive quelli stranieri debbano essere respinti e allontanati dal territorio del regno. Nella circolare è scritto che "sia perché essi commettono talvolta delitti gravi per natura intrinseca et modalità organizzazione et esecuzione, sia per possibilità che tra medesimi vi siano elementi capaci di esplicare attività antinazionale... est indispensabile che tutti zingari siano controllati". Si dispone quindi "che quelli nazionalità italiana certa aut presunta ancora in circolazione vengano rastrellati più breve tempo possibile et concentrati sotto rigorosa vigilanza in località meglio adatte ciascuna provincia...".
    Come si vede si tratta di un ordine importante anche perché, nei documenti d'archivio, è seguito da una fitta corrispondenza che indica come i prefetti eseguano gli ordini procedendo al rastrellamento degli zingari nelle loro provincie: esistono lettere e telegrammi delle autorità di Campobasso, Udine, Ferrara, Ascoli Piceno, Aosta, Bolzano, Trieste e Verona, che, rispondendo agli ordini, indicano come, rapidamente, gli zingari diventino una preoccupazione urgente e importante in tutto il Regno. Poi, il 27 aprile 1941, il Ministero dell'Interno emana un'altra circolare avente ancora per oggetto 'l"Internamento degli zingari italiani".
    Purtroppo, finora, l'esistenza dei campi di concentramento per zingari è documentata quasi esclusivamente dalle testimonianze orali. I ricordi degli zingari sono frammentari, spezzati dalla riservatezza della memoria e dalla mancanza di una tradizione scritta che caratterizza la loro cultura, ma raccontano l'esistenza di luoghi di detenzione come Perdasdefogu, in Sardegna, il convento di San Bernardino ad Agnone, in provincia di Campobasso, Tossicia, in provincia di Teramo.
    Mitzi Herzemberg (Lacio Drom n. 1, 1987) ricorda che ad Agnone, dove gli zingari erano rinchiusi nel convento di San Bernardino, talvolta gli uomini venivano portati fuori a scavare buchi per le mine che servivano a ritardare l'avanzata alleata. Le guardie fasciste inferivano con punizioni durissime sui prigionieri: lui, che allora aveva quattordici anni, lavorava in cucina e cercava di passare un po' di cibo ai suoi familiari, venne portato fuori per essere fucilato con alcuni altri. Si salvò perché all'ultimo momento la sua pena fu commutata in bstonature e segregazione.
    Antonio Hudorovic è stato prigioniero a Tossicia: "Una volta, - dice - quando eravamo a Tossicia, è venuto un ufficiale tedesco. Ci ha preso tutte le misure, anche della testa. Ha detto che era per darci un vestito e un cappello". Tossicia è l'unico campo di concentramento sul quale si hanno dati abbastanza certi. Le carte e gli atti degli archivi comunali - sui quali ha lavorato in particolare Anna Maria Masserini (Storia dei nomadi, GB od., 1990) - dicono che risulta funzionante dal 21 ottobre 1940 e che dall'estate del 1942 ci sono anche prigionieri zingari, in condizioni miserevoli descritte dal direttore del campo e dall'ufficiale sanitario come invivibili.
    Testimonianze sparse ricordano altri luoghi di detenzione: Viterbo, Montopoli Sabina, Collefiorito, le isole Tremiti. E' anche documentata la presenza di zingari a Ferramonti di Tarsia, uno dei più grandi campi di concentramento italiani, esistito dal luglio 1940 al settembre 1943.
    Come è noto, dopo l'8 settembre e con l'inizio dell'occupazione tedesca, molti campi dell'Italia centro-meridionale vennero smantellati, anche per l'arrivo degli alleati, ma questo non significò la fine della deportazione in Italia, nemmeno per gli zingari. Il rom abruzzese Arcangelo Morelli racconta di esser stato rinchiuso e torturato nel manicomio dell'Aquila, trasformato in quartier generale della Gestapo e sappiamo anche che a Gries di Bolzano, anticamera dei Lager nazisti, erano detenuti anche gli zingari.
    Giuseppe Levakovich, in un libro che è la sua memoria, ripercorre molte delle vicende degli zingari negli anni delle dittature e della guerra, prima in Jugoslavia poi in Italia e ricorda, con amarezza, lastoria di sua moglie, Wilma, e di altre due giovani zingare, Muja e Mitska, internate a Ravensbrück e poi a Dachau. Giovanna Boursier

    (da Triangolo Rosso, n. 1/98 - gennaio 1998)


    Chissà come mai le tue fonti non riportano mai come fossero le condizioni dei medesimi sotto Stalin .

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da albertob Visualizza Messaggio
    Chissà come mai le tue fonti non riportano mai come fossero le condizioni dei medesimi sotto Stalin .
    Scherzi?!?

    Avere da Pietro un'analisi oggettiva?

  6. #6
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    Troppo pochi...............

  7. #7
    Erio.IlPadano
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    Exclamation Ri-deportazioni

    NON SI PUO' FARE ALLARMISMO PARAGONANDO LE DEPORTAZIONI DEL FASCISMO A QUELLE DI OGGI DI QUESTA SINISTRA CHE SI MUOVE SULL'ONDA EMOTIVA ANCHE DI PARTE E SOPRATUTTO DEI SUOI ELETTORI.

    SE POTESSE FARLO DEPORTEREBBE NON GIA' I ROM MA I SUOI AVVERSARI POLITICI!

    http://liberapadania.blogspot.com/

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da medsim Visualizza Messaggio
    C'è chi mi diceva come l'olocausto degli Ebrei sia ancora oggi utilizzato ad arte per difendere le manie egemoniche di Israele in medio oriente.

    Ora vediamo di non utilizzare fatti di sessant'ani fa per giustificare dei criminali che sono stati lasciati liberi di delinquere sul territorio della nostra nazione. Le due cose non decisamente slegate.
    Quoto!

  9. #9
    il pescatore
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    per par condicio:

    Un paio di giorni fa Rina Gagliardi, su Liberazione, si è prodotta in un lunghissimo articolo tutto teso a smentire una risoluzione del Consiglio d'Europa la quale, finalmente, riconosce l'equiparazione tra comunismo e nazismo.
    Sorvoliamo pure sulla forma ("un organismo ufficiale dell'Unione Europea", genericamente interpretabile come un ufficio oggetti smarriti qualunque), ma la sostanza della difesa, tanto per cambiare, è la solita accozzaglia di estrapolazioni teoriche combinate "ad usum delphini": un'alternanza di vittimismo tipico dell'intellighenzia mancina ([la risoluzione - n.d.a.] "apre una nuova stagione di caccia alle streghe") e di rivendicazione orgogliosa di una diversità costantemente rimasticata alla quale credono sotanto i reduci della Rivoluzione d'Ottobre (Stalin rappresenta la degenerazione dell'Idea e non l'inevitabile risultato del regime politico comunista).
    Ora, le tesi difensive di questa pasionaria un po' demodè non sono nuove:

    1.i crimini nazisti non consentono parallelismi perchè eccezionali per efferatezza, enormità e scientificità del metodo. Vero, in Unione Sovietica si fece di più, meglio e per tempi più lunghi. Non ci si limitò agli ebrei, ma furono "diversamente alloggiate" nei gulag e nei campi di lavoro forzato intere etnie, intere classi sociali. Certo, i criteri furono "democraticamente" più orizzontali e non venne utilizzato lo Zyklon B. Ma c'era il grande vantaggio che i -50 siberiani e la fame contenevano in nuce la soluzione "naturale";
    2. i nazisti sterminarono volontariamente gli ebrei, mentre per i comunisti si trattò di effetti degenerativi ed errori dei singoli. La soluzione finale ebraica la decisero in pochi, forse una trentina in tutto, Hitler, Himmler, Heydrich, Eichmann su tutti. Gli altri, applicarono diligentemente. In Unione Sovietica accadde lo stesso. Nei primi tempi si lasciò che la pulizia fosse portata a termine da carestie epocali provocate dalle politiche di collettivizzazione forzata, poi ebbe inizio la dekulakizzazione, poi fui il Terrore di Stato. Ancora pochi a decidere e il resto ad eseguire senza grandi crisi di pianto;
    3. i nazisti erano militaristi, nazionalisti, bellicisti, violenti, antisemiti e sprezzanti dei deboli. Già, serve approfondire i caratteri del regime "diverso"? Siccome resta il dubbio dell'antisemitismo, valga questa breve citazione da Carletto Marx ("La questione ebraica", 1843)
    "Una società capace di eliminare i presupposti del traffico e del denaro e quindi del mercanteggiare, dunque, renderebbe impossibile l'esistenza dell'ebreo, in quanto il traffico e il denaro sono parte caratterizzante dell'essenza del giudaismo e, di conseguenza, dell'ebreo stesso"
    Si può dire, senza passare per fascisti, che si possa leggere in queste parole un "briciolo" di pregiudizio antisemita?
    4. il nazismo è stato sconfitto politicamente e filosoficamente, il comunismo è stato sconfitto nelle sue degenerazioni di applicazione, ma la radiosa Idea rimane. Purtroppo, è vera la sola seconda parte dell'affermazione. Minoranze neonaziste crescono un po' ovunque e, numericamente, cominciano ad assomigliere alle isole di resistenza ideologica comuniste. Non si dovrebbe trascurare il fatto, inoltre, che il nazismo è fuori legge quasi ovunque (perchè ha perso la guerra), mentre il comunismo no (avendola vinta). Quindi, siccome la storia e le regole son scritte da chi vince, mi sembra una considerazione fuori luogo.
    In conclusione, posto che un certo revisionismo storico alla "Irving" non fa certo bene alla verità, siamo certi che la ferrea volontà di perpetuazione del mito alla "Gagliardi" sia un'alternativa migliore?
    Ah, quasi dimenticavo. L'assunto per cui "il libero sviluppo di ciascuno sia la condizione per il libero sviluppo di tutti" è la ragione per cui uno dovrebbe diventare liberale, non comunista. Oltre al Mein Kampf, raccomaderei alla giornalista di dare una letta anche al "Capitale" (altrettanto lungo, altrettanto noioso, altrettanto poco letto. Anche da comunisti).

    http://scheggedivetro.blogosfere.it/...ttima-dif.html

  10. #10
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    e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddie Merckx
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    Citazione Originariamente Scritto da alzir Visualizza Messaggio
    Ma Medsim, non essere così cattivo!! POVERINI!!!
    Cosa chiedono in fin dei conti? Una terra dove IMPORRE la loro cultura, la loro religione i loro usi e costumi. Magari un loro STATO all'interno della colonia Italia! A ben vedere gli Ebrei l'hanno ottenuta e vedi bene come Democraticamente si sono integrati con la popolazione "indigena" e quale clima di pace e tolleranza abbiano instaurato colà!!!
    No a loro non interessa uno stato. Interessa solo vivere da parassiti alle spalle dello stato

 

 
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