Berlino, 23 ott (Velino) - La Spd mette la freccia a sinistra e si prepara alla fine della Grosse Koalition con la Cdu-Csu di Angela Merkel. Il secondo sodalizio nel dopoguerra tedesco tra la socialdemocrazia e il fronte democristiano, dopo il governo Kiesinger-Brandt alla fine degli anni Sessanta, ha imboccato la via del tramonto. E non è detto che per percorrerla fino in fondo si dovrà attendere il termine naturale della legislatura, in calendario nell’autunno del 2009. L’inversione di marcia degli inquieti nipotini di Willy Brandt va vista come l’inevitabile conseguenza della schiacciante maggioranza (solo due contrari e un astenuto su 45 votanti) con cui la Direzione dell’Spd ha approvato ieri le proposte del presidente Kurt Beck per la sterzata sul welfare che il congresso del partito sarà chiamato a ratificare venerdì e sabato prossimi ad Amburgo. La votazione ha chiarito i rapporti di forza tra la delegazione governativa dell’Spd, guidata dal vice-cancelliere e ministro del Lavoro Franz Müntefering, e il resto del partito. Ha stravinto Beck e sarà lui con tutta probabilità lo sfidante della cancelliera democristiana alle prossime elezioni. Il partito chiederà a Müntefering di restare al governo fino all’ultimo. Infatti, se Müntefering dovesse dimettersi, Beck sarebbe costretto a subentrargli al fianco della cancelliera e non potrebbe più attaccarla, oppure dovrebbe chiedere elezioni anticipate che in questo momento sarebbero una disfatta per il suo partito.
I sondaggi sulle intenzioni di voto danno la Cdu-Csu al 40 per cento, la Spd al 31, Die Linke al 9, i Verdi all’8 e l’Fdp al 7. La Spd ha bisogno di tempo per cambiare pelle, per propagandare il suo ritorno a sinistra dopo la svolta centrista del 2005 e uscire così dall’ombra di Angela Merkel che nei sondaggi sulla popolarità personale guarda Beck dall’alto in basso. Su questo sfondo di rimescolamento degli schieramenti, lo sbocco naturale della svolta socialdemocratica è una convergenza verso Die Linke (la sinistra radicale) con i Verdi come ago della bilancia, perchè altrimenti, senza gli ambientalisti, i voti non basterebbero per avere la maggioranza al Bundestag. Insomma, in prospettiva va delineandosi una coalizione rosso-rosso-verde che già in questa legislatura avrebbe abbastanza seggi, seppur di poco, per eleggere Beck alla cancelleria. Il ripensamento è sospinto dalla sinistra socialdemocratica e tra i suoi manovratori spicca il sindaco socialdemocratico berlinese Klaus Wowereit, che guida una giunta Spd-Die Linke. Ma l’astro nascente è una giovane donna, Andrea Nahles, ex presidentessa del movimento giovanile degli Jusos, in prima fila già da un pezzo per sfiduciare Müntefering. Nel ticket congressuale disegnato da Beck, per lei è prevista una vice-presidenza del partito. Gli altri due vicepresidenti designati sono il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier e il ministro delle Finanze Peer Steinbrück (l’unico astenuto nel voto della Direzione).
Gli ultimi presidenti dell’Spd (Schröder, Müntefering, Platzeck e da un anno e mezzo Beck) avevano sempre scartato una coalizione di sinistra. Anzitutto perchè l’estrema sinistra, nonostante la transizione dal Pds a Die Linke, a quasi vent’anni dalla caduta del muro di Berlino continua ad ospitare i nostalgici della defunta DDR, con una forte ricaduta programmatica nella politica economico-sociale ed estera. Il voto contrario al Bundestag sulla proroga alla partecipazione tedesca alla missione Isaf in Afghanistan è la prova più recente della sua perenne ostilità alla NATO. In secondo luogo, ma molto importante per l’orgoglio socialdemocratico, non è facile prendere sotto braccio il partito in cui lo scissionista Oskar Lafontaine ha ritrovato le luci della ribalta politica nazionale e internazionale dopo essersi velenosamente autoradiato dall’Spd di cui era stato il massimo dirigente prima di dovere cedere il passo a Gerhard Schröder. Il voto della Direzione socialdemocratica adesso riduce le distanze a sinistra perchè chiede al governo una serie di aumenti della spesa sociale che di fatto tolgono flessibilità al mercato del lavoro aumentando le sovvenzioni alla disoccupazione anzichè insistere sugli incentivi per il reinserimento dei senza lavoro. Per cui il documento congressuale di Amburgo chiederà al governo di varare provvedimenti che prolungano i sussidi per i disoccupati almeno ultraquarantacinquenni e, una volta a regime, comporteranno una spesa annua di quasi 3 miliardi di euro.
Pensate per neutralizzare la rivalità crescente della nuova sinistra radicale, le nuove rivendicazioni favoriscono invece l’avvicinamento tra i contendenti a sinistra. “Beck rende la Spd più attraente per noi” si compiace Petra Pau per Die Linke – “Il dibattito dimostra che la nostra pressione ha effetto”. I critici di Beck temono che questo sia solo il primo passo della “Salami-Taktik”, vale a dire la tattica del salame affettato un pò alla volta. La prossima fetta dovrebbe essere la revisione dell’innalzamento a 67 anni dell’età pensionistica, quindi l’introduzione generalizzata del salario minimo, poi la ritirata sulle liberalizzazioni e sulla privatizzazione delle ferrovie federali. E così via fino a ripudiare più o meno interamente il progetto riformista lanciato nel 2003 da Schröder con l’etichetta “Agenda 2010”. Nel frattempo più di un milione di disoccupati hanno trovato lavoro. Erano gli ultimi fuochi del governo rosso-verde. Oggi il primo a non prendersi sul serio è lo stesso Schröder :”L’Agenda 2010 ? Ma non sono mica le tavole bibliche di Mosè”. (Enzo Piergianni)
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