Un mistero tutto italiano: gli Stradivari
di Gabriele Zaffiri
In via Palestro 17 a Cremona, presso il Palazzo Affiatati si può ammirare il Museo Stradivariano che si trova di fronte al Museo di scienze naturali, nella parte nord del centro storico, 600 metri dalla stazione delle Ferrovie dello Stato. Tale museo raccoglie numerosi cimeli appartenuti a un grande ed illustre cittadino di Cremona: Antonio Stradivari (1643-1737), diventato famoso come liutaio costruttore di violini e altri strumenti tutt’ora inimitabili.
Di nobile famiglia cremonese, Stradivari fu allievo di Nicola Amati, costruendo in un primo tempo modelli che imitavano quelli del maestro, per questo chiamati “amatizzati”. Verso il 1676 inizia a studiare un proprio modello; verso il 1700 inizia il periodo del suo massimo splendore, raggiungendo nella costruzione dei modelli la massima perfezione.
Sembrerebbe che il segreto dei violini stradivari risiedano nella vernice, che varia da un rosso chiaro ad uno scuro, secondo il numero di pennellature date allo strumento.
Sembra che Stradivari riuscì a costruire ben 1000 strumenti, di cui, oggi, sono noti 540 violini, 12 viole e 50 violoncelli, e quando morì, lasciò ben 80 strumenti da ultimare ai figli Omobono e Francesco, che, dopo aver lavorato nella bottega famigliare, ne continuarono l’impresa, pur apportando alcune modifiche nella lavorazione degli strumenti.
Tali strumenti rivaleggiano con quelli costruiti da un’altra famiglia di liutai cremonesi: i Guarneri, la cui tradizione iniziò con Andrea, anch’egli già allievo di Amati, raggiungendo l’apice del successo con Giuseppe Antonio (1687-1745), detto del “Gesù” in quanto apponeva dopo il nome la sigla “IHS”. Clamoroso il fatto che nel 1988 un violino di Giuseppe Guarneri, il “Barone Heath”, costruito nel 1743, fu venduto ad un’asta a Londra per 1300 milioni di lire italiane.
Un famoso “Guarneri del Gesù” venne usato da Niccolò Paganini a partire dal 1820 e si conserva tutt’ora nella sala della Giunta del Palazzo del Municipio [Doria Tursi] a Genova.
Tali strumenti posseggono, secondo molti studiosi, un qualcosa di indefinibile che rende il loro suono come “magico”. Si pensa che tale segreto sarebbe legato all’uso di una vernice particolare, la cui origine e composizione rimane tutt’ora un affascinante mistero.
Fino a quando il quotidiano “La Stampa”, nelle edizioni del 12.1-30.3-21.9-1.4-25.11 del 1988 e del 10.1.1995, “La Stampa-Tuttoscienze” del 15.5.1991 e la rivista “Visto” del 19.7.1991, riferirono che uno scienziato dell’Università del Texas a Dallas, tale Joseph Nagyvary, professore di biochimica e biofisica, aveva scoperto che il segreto del timbro dei violini di Stradivari e di Guarneri era dovuto ad una speciale vernice trattata all’epoca con cristalli minerali submicroscopici: ne avrebbe già identificati 22 tipi, compresi antimonio e rubino. La chimica lo considererebbe un polimero composto oppure una resina speciale.
Immagine tratta dal sito http://verbaljam.nl/
Mentre da Londra rimbalzava simultaneamente alla suddetta notizia che il segreto di tali violini era dovuta alle ceneri vulcaniche della regione cremonese, note come “pozzolana”. A tale conclusione erano giunti due ricercatori dell’Università di Cambridge dopo aver esaminato alcuni frammenti di un violoncello datato 1711. Infatti hanno raccontato di aver scoperto, al di sotto dello strato superficiale di lacca rosso arancio, un altro strato composto da quantitativi variabili di uno speciale miscuglio di minerali, costituito da alluminio, silicio, fosforo, manganese e ferro, che risultano essere gli stessi minerali presenti nella già citata cenere vulcanica noto come “pozzolana”.
E ancora, altri studiosi si sono soffermati sulla geometria degli strumenti che presentano delle strane peculiarità, come il fatto che la forma dei violini può essere contenuta in quattro pentagoni regolari, i cui lati fungono da tangenti, determinando un’armoniosa linea. Da tener presente che il pentagono racchiude nella sua struttura il magico numero aureo.
Da ricordare che la casa di Antonio Stradivari si trovava nel centro di Cremona, come ricorda una lapide posta sulla facciata orientale della Galleria XXV aprile, mentre il suo sepolcro era situato nella chiesa di San Domenico che sorgeva proprio nell’area della piazza attuale e che venne in seguito demolita nel 1878. La pietra tombale venne però conservata e la si può ancora ammirare in un’aiuola vicina all’ingresso della Galleria e porta incisa, chiaramente, alcune parole e le date, 1664 e 1729, che non corrispondono né all’anno di nascita e né a quello di morte.
La vita e i segreti del grande liutaio cremonese, interpretato da Anthony Queen, sono stati rappresentati in un film del regista Vittorio Salerno dal titolo “Stradivari”.
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