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ROMA (29 ottobre) - Linea dura della Cassazione contro i nomadi che forniscono false generalità e hanno precedenti penali. La suprema Corte ha deciso che in questi casi non è possibile patteggiare la pena e ottenere così la sospensione condizionale, come previsto dalla scelta del rito alternativo. In pratica, secondo gli ermellini, commettono uno sbaglio i giudici che - dicendo sì alla pena patteggiata - non mandano in galera i giovani zingari sorpresi più volte a rubare e a dare poi sempre nome e cognome falsi e diversi.
In particolare, Piazza Cavour ha dato ragione al ricorso del procuratore generale della Corte di appello di Bologna che ha protestato contro la concessione del patteggiamento e della pena sospesa - da parte del Tribunale di Bologna nel 2004 - a una nomade di origine slava colta in flagrante, più volte, a rubare in appartamenti. La donna - arrestata più volte - aveva declinato ben cinque diversi nomi, anni e luoghi di nascita. Ad avviso del procuratore era "illogico" concederle il patteggiamento e la sospensione della pena dal momento che «l'incertezza sull'effettiva identità dell'imputata, già condannata o denunciata con diverse generalità, si pone in insanabile dissidio con la possibilità di ritenere a ragione veduta che si asterrà dal commettere ulteriori reati».
Questo punto di vista è stato condiviso dalla Cassazione che sottolinea come nei confronti di «un soggetto straniero che non risulti avere stabile dimora in Italia, che non sia stato compiutamente identificato e che sia già stato condannato o denunciato anche con diverse generalità» non può «essere formulato un giudizio prognostico favorevole» in base al quale concedere il patteggiamento e la condizionale.
Con queste motivazioni, la quarta sezione penale della Cassazione - con la sentenza 39852 - ha annullato la sentenza di patteggiamento della nomade e ha ordinato che sia sottoposta al processo ordinario senza alcun beneficio.
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