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  1. #1
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    Tutto quanto un po' puntuto e che sapeva di estrema destra ma solo perche' in italia e' sempre difficile alzare la testa
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    Predefinito Morti Sul Lavoro Vergogna Nazionale!

    mercoledì 07 novembre 2007



    --------------------------------------------------------------------------

    Ancora un lunedì nero nel mondo del lavoro, registrate due morti bianche in Italia ed un incidente grave presso gli stabilimenti Fiat di Mirafiori per cause ancora da verificare: ovvero quando il guadagno è un amico migliore del dipendente.

    --------------------------------------------------------------------------

    Capita spesso, mentre si lavora, di pensare che passiamo la maggior parte della nostra vita dentro un'azienda. Viviamo per morire di lavoro, letteralmente. Chissà se lo si pensa anche quando si sta per riparare un braccio meccanico nel reparto lastratura della Fiat, proprio mentre qualcosa ti finisce addosso!

    Solo nei primi quattro mesi dell'anno ci sono stati 306 morti sul lavoro, 304.260 infortuni e 7.606 nuovi invalidi. Forse che qualcuno pone il capitale prima dei propri dipendenti? Si possono citare i casi di Andrea Gagliardoni e Flaviano Satta, ragazzi con non più 30 anni, morti sul lavoro per motivi ancora da chiarire.

    E' uno dei problemi di questa era: siamo tutti numeri, alcuni sono considerati sprechi altri sono considerati guadagni. Non abbiamo più un volto, non siamo più uomini e donne che lavorano, no, non siamo più umani. Siamo solo numeri e le macchine hanno la priorità su di noi. Cos'è più importante? La sicurezza sul posto di lavoro o i maggiori profitti? La risposta sembrerebbe chiara a tutti, ma si sa, i capitalisti ragionano un po' come i gorilla: non brillano né per spirito né per gusto.

    Chi riesce a sfuggire alla morte deve invece imparare a convivere con l’invalidità. Soprattutto con le difficoltà umane ed economiche che essa comporta: la pensione di invalidità mai sufficiente per tirare avanti, il sentirsi inutili davanti ai propri cari, e poi… La solita burocrazia italiana, sempre troppo inefficiente!

    Il dramma si consuma sempre nel più rumoroso silenzio, dopo la tragedia e le finte promesse si finisce nel dimenticatoio, finiti di essere notizia per le fauci dei media si ritorna nulla, zero. Non basta essere morti o invalidi, ci si mettono pure gli imbonitori dalle facili promesse a sottolineare l'inutilità del proprio ruolo!
    Questi non sono più incidenti sul lavoro, sono omicidi! Brutali morti dovute alla mancanza di dignità che deve essere sempre riconosciuta al lavoratore. I morti, nonché i famigliari, non chiedono molto: solo giustizia sociale! Il riconoscimento spirituale e materiale dell’opera svolta dal lavoratore!
    Le statistiche in tema di lavoro dimostrano che in moltissime attività i lavoratori son lasciati nel più totale oblio per quanto concerne la sicurezza. Come è possibile che nel settore delle “costruzioni” il 12% di infortuni mortali avviene il primo giorno di lavoro? Come è possibile che la maggior parte di questi infortuni avvenga a seguito di un “scivolamento” da parte della vittima o di agente materiale sulla vittima? “Sbagliando non si impara”, in molti posti di lavoro si rischia di perdere la vita per ogni minimo errore, anche il primo giorno di lavoro.

    FORZA NUOVA PIEMONTE, prendendo dolorosamente nota dei sempre più tragici incidenti sul lavoro si pone incondizionatamente dalla parte dei lavoratori per garantire la massima sicurezza e stabilità sul posto di lavoro. Comprendendo la difficoltà e gli sforzi che hanno fatto già in molti per la risoluzione di tale problema, ci poniamo come ulteriore forza per la sicurezza dei lavoratori.

  2. #2
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  3. #3
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    I costi degli infortuni sul lavoro

    di Luca Fanesi (ASL 15)



    Ogni anno, nel mondo, almeno 270 milioni di lavoratori sono vittime di infortuni sul lavoro che causano un’assenza dal lavoro di oltre tre giorni e circa 160 milioni sono vittime di malattie non mortali. Un fenomeno che, oltre agli enormi costi umani e sociali, comporta anche una perdita economica per assenza dal lavoro, cure mediche, pensione di invalidità e di reversibilità, stimabile intorno al 4% del PIL mondiale. In particolare, secondo le stime dell’International Labour Organization (ILO), nel mondo, si registrano oltre 2,2 milioni di decessi l’anno per causa lavorativa. Di questi, oltre 350 mila sono dovuti ad infortuni, 1,7 milioni a malattie professionali e circa 158 mila ad infortuni in itinere.

    In Italia, da fonti INAIL risulta che, nell’anno 2006, sono stati denunciati 927.998 infortuni sul lavoro di cui 1.302 con esito mortale. Il quadro generale è, verosimilmente, sottostimato se si tiene conto dell’elevata percentuale di lavoro nero presente nel nostro Paese. In termini economici, sempre secondo l’INAIL, in Italia nel 2003 il costo complessivo di infortuni sul lavoro e malattie professionali ammonta a circa 41 miliardi di euro.

    L’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro di Bilbao ha svolto un interessante studio sui costi della sicurezza sul lavoro, disponibile all’indirizzo agency.osha.eu.int, che propone un’analisi sui vantaggi economici degli investimenti nella sicurezza e un metodo a cinque fasi per sviluppare una stima del costo degli infortuni per un’impresa. Il metodo può essere sviluppato attraverso due tipi di analisi: la valutazione dei costi di un singolo infortunio o degli insiemi degli infortuni in un dato periodo e la valutazione degli effetti economici delle azioni prevenzionali o della prevenzione degli infortuni. Il primo tipo di analisi è stato utilizzato da chi scrive per lo svolgimento di una tesi di laurea, discussa lo scorso dicembre presso la Facoltà di Scienze Politiche di Torino, e incentrata sull’analisi dei costi degli infortuni. Nello studio, sono stati esaminati, al fine di valutarne i relativi costi, 18 infortuni accaduti nel territorio dell’ASL 15 di Cuneo: undici infortuni relativi ai settori artigianato-industria, sette accaduti nel settore Agricoltura; due infortuni con esito mortale ed undici eventi con gravi postumi al lavoratore.

    I dati sono stati raccolti attingendo dagli archivi dei vari enti pubblici e intervistando i soggetti della sicurezza aziendali (datore di lavoro, responsabili della sicurezza, ecc.), il lavoratore ed i parenti, nel caso di decesso del lavoratore. Tra le diverse voci di costo, si è provato anche a stimare i costi relativi all’intervento della pubblica amministrazione quali il costo dell’indagine del SPRESAL, il costo di intervento dell’Autorità di Pubblica Sicurezza e del pronto soccorso “118”, il costo dell’indagine e dei procedimenti giudiziari). Le diverse voci di costo considerate sono poi state aggregate in: spese sostenute dall’infortunato o dalla sua famiglia (nel caso di decesso); spese sanitarie pubbliche; costi pubblici di primo soccorso, indagini di polizia giudiziaria e di giustizia; spese dell’ente di assicurazione pubblico (INAIL); spese sostenute dall’azienda.

    I costi più elevati sono stati rilevati nei due casi di infortunio mortale e in un infortunio con postumi gravissimi ed invalidità permanente del 68%. L’infortunio grave è occorso a un lavoratore extracomunitario di 39 anni precipitato in un cunicolo durante lavori di costruzione di un palazzo residenziale. Il costo stimato, non ancora consolidato in quanto è tuttora in corso la procedura in civile, è pari a 404.500 euro. Il primo infortunio mortale ha coinvolto un lavoratore di 36 anni, socio titolare di una piccola impresa edile, precipitato al suolo durante la costruzione di una scala antincendio di una casa di riposo. Il costo totale stimato è di 918.900 euro.

    Il secondo infortunio mortale è relativo ad un lavoratore, sempre di 36 anni deceduto a seguito del ribaltamento di una grossa lastra in pietra. Il costo totale dell’infortunio è stato calcolato in 1.895.500 euro, così ripartiti: 1.598.800 euro a carico della famiglia dell’infortunato, quale differenza tra il presumibile reddito percepito in ulteriori 30 anni di lavoro (con incremento annuo del 3%) e la rendita corrisposta dall’Ente assicuratore; 166.200 euro a carico dell’ente assicuratore (INAIL) e 124.000 euro a carico dell’azienda, (comprendono il fermo produzione, la perdita di produttività ed i mancati guadagni nei successivi tre anni di attività, gli straordinari per far fronte alle necessità e le sanzioni amministrative). La valutazione è stata eseguita su dati oggettivi, pertanto non sono stati contemplati i costi inerenti alle eventuali future conseguenze sulla carriera di lavoro, come pure tutti i costi inerenti alla qualità della vita dell’infortunato quali: la disabilità fisica e psichica, le conseguenze sulla vita familiare e sociale, la sofferenza e il dolore, ecc. In definitiva, i casi qui presentati confermano come la sicurezza non è solo una questione di obbligo giuridico o etico-morale, ma soprattutto un investimento economico, tanto più rilevante nelle piccole aziende che costituiscono la quota più cospicua della struttura produttiva, dove il singolo evento infortunistico può avere conseguenze disastrose per la sopravvivenza dell’organizzazione stessa.



    Fonte: regione piemonte, numero di novembre 2007 della newsletter "Io scelgo la sicurezza"

  4. #4
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    bravo bzzt!

    il prossimo passo è il conflitto capitale-lavoro

    e quello dopo ancora la lotta di classe (ma ci arriverai di tuo, se prosegui nello studio)

  5. #5
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    Palve fa proselitismo...e non sa di essere, nel mentre, fagocitato dalla DR....

  6. #6
    SubZero
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    Questo 3d merita il rilievo.

  7. #7
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    Questo 3d merita il rilievo.

    Battaglia fondamentale.

  8. #8
    squadrista nel fantabosco
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    Sensibilizzare e portare l'attenzione su questo drammatico problema
    E' ESSENZIALE oltre che sacrosanto!
    FORZA NUOVA C'E'!

  9. #9
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    bravo bzzt!

    il prossimo passo è il conflitto capitale-lavoro

    e quello dopo ancora la lotta di classe (ma ci arriverai di tuo, se prosegui nello studio)
    Concordo in tutto, anche con l'ultimo punto, ma con un concetto eterodosso di classe.....da intendersi come Popolo sfruttato e oppresso

  10. #10
    squadrista nel fantabosco
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    bravo bzzt!

    il prossimo passo è il conflitto capitale-lavoro

    e quello dopo ancora la lotta di classe (ma ci arriverai di tuo, se prosegui nello studio)
    Se l'unica l'alternativa a crepare mentre si sta lavorando fosse la lotta di classe...ben venga.
    Io penso pero ci siano altre strade migliori. Prima fra tutte fare rispettare le leggi sulla sicurezza del lavoro che gia sono in vigore.
    Molto spesso il problema è di tipo culturale, vallo a dire tu, per esempio, ad uno di 60 anni che s'è messo su una piccola impresa edile ed ha sempre lavorato lui stesso senza rispettare minimamente gli standard sulla sicurezza, che deve predisporre il lavoro per gli operai in un certo moldo...
    Poi, certo, l'altro problema principale è che le aziende per essere concorrenziali pensano che la prima cosa da fare sia tagliare sul costo del lavoro quindi salari, contratti, e sicurezza. Insomma iniziamo ad applicare le leggi, inasprendo le pene per le aziende che trasgrediscono, poi se ne riparla.
    In altre nazioni europee dove si fa sicurezza e prevenzioni (corsi per i dipendenti) la situazione è ben diversa, in meglio!

 

 
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