«Esistono comunità, come quella rom, che non sono integrabili nella nostra società.»
Gianfranco Fini, Corriere della Sera, 7 Novembre 2007
Da "Il Tempo" di qualche mese fa:
«Io, sindaco di destra, ho dato loro casa e lavoro»
Parla Scopelliti, primo cittadino di Reggio Calabria: «La soluzione è sghettizzarli, dividerli e favorire l’integrazione»
di FABRIZIO DELL’OREFICE
«LI ho sghettizzati, è quella la soluzione». Quando si nominano i Rom a Peppe Scopelliti, sindaco trionfalmente rieletto di Reggio Calabria, s’illumina. Quasi fosse il suo più grande successo: «Erano tutti in una zona, ora si sono integrati». Scusi, sindaco, e che cosa ha fatto? «Li abbiamo delocalizzati. Erano tutti in un’unica area. Siamo intervenuti, abbiamo dato loro una casa e abbiamo abbattuto il loro ghetto».
In che senso gli ha dato una casa? «Nel senso che ha capito. Li abbiamo messi nelle graduatorie e a ogni famiglia abbiamo consegnato un alloggio». Un alloggio? «Sì, un alloggio. Come per le altre famiglie. Ai nuclei di sei membri 110 metri quadrati, a quelli di 5 90... e così via. E sa qual è stata la mossa rivelatasi poi quella vincente?». No, quale? «Non metterli tutti nella stessa circoscrizione, ma dividerli. Sghettizzarli. Sono andati tutti in zone diverse di Reggio. Al massimo tre o quattro per cirscrizione, tranne un caso che sono di più.
Dare loro dignità, inserirli, integrarli. Bisogna fare così se si vuole risolvere il problema. Laddove è stato possibile abbiamo dato anche un lavoro». Un lavoro? «Esatto, un lavoro. Li abbiamo aiutati a mettere su una cooperativa, la Coop Rom 95. Si occupa di recupero di lavatrici. Hanno un lavoro. I loro bambini li abbiamo inseriti nelle scuole. C’è anche chi gioca a calcio, nella Reggina. Ecco, è questa l’integrazione».
Senta, non può nascondere che i Rom siano anche un problema di criminalità organizzata? «Certo, nessuno fa finta di non vedere. Ma dividere significa anche separare i clan, distruggerli. E soprattutto togliere alla ’ndrangheta la possibilità di assoldarli».
Si sarà trovato la rivoluzione a Reggio? «Ci sono state tante resistenze. L’importante è spiegare. Andare di persona, parlare con le persone, spiegare. I problemi maggiori sa da chi li sto avendo?». Dal suo partito, An? «No, dall’opera Nomadi». E perché? «Non lo so. Più in generale capisco che chi vive per risolvere un problema, quando questo non c’è più non ci sono nemmeno le ragioni di esistere».
Scusi, ma lei è sempre di An o si è iscritto a Rifondazione comunista? Sembra di ascoltare un no global... «Non esageriamo. Sono di destra. E penso di aver risolto il problema da un punto di vista di destra».
Senta, non mi racconterà che il suo partito le è venuto a battere le mani? «Guardi, ci sono stati anche momenti drammatici. Un nostro vecchio iscritto arrivò al circolo e stracciò le tessere in faccia al presidente della sezione. Urlò, minacciò, disse che non avrebbe mai più votato a destra». E poi? «E poi ha conosciuto i suoi nuovi "vicini", i Rom, e ha capito. Mi ha chiesto di venire in ufficio e ci ha chiesto scusa».
Il ministro Ferrero accusa: i Comuni non fanno nulla. Che risponde? «Venga a Reggio, venga a vedere che cosa abbiamo fatto e si ricrederà». Ferrero accusa anche la destra di soffiare sul fuoco. Nel resto d’Italia An dice il contrario di quello che lei ha fatto? «Non è vero. Non penso che servano a qualcosa le esagerazioni. In un senso e nell’altro».
Ma che messaggio manda alla destra? «Bisogna pensare al bene comune, al bene di tutti. Diciamo che questo è veramente di destra». Il problema dei Rom si verifica in tutta Italia, che cosa consiglia agli altri sindaci? «Capisco la signora della Camilluccia, il vecchietto di Prati, il ragazzo dei Parioli. Ma la paura è solo all’inizio delle proteste. I sindaci devono avere solo più coraggio». f.dellorefice@iltempo.it