La Germania cambia disco
E' una svolta davvero epocale, quella che si è prodotta al recente congresso della socialdemocrazia tedesca, che si è svolto ad Amburgo.
Il segretario uscente Kurt Beck è stato infatti rieletto alla testa di una mozione congressuale che ha riscosso ben il 95,5% dei voti:
un programma che rompe dichiaratamente con il neo-liberismo di regime, anche in Germania, del governo Merkel;
svolta sociale appoggiata con forza dagli ex-cancellieri Helmuth Schmidt e Gerhard Schroeder.
Questi furono ieri, ma a vent' anni e più di distanza l' uno dall' altro, sostenitori del
“monetarismo” da scuola di Chicago:
Helmuth Schmidt, fino allora Ministro delle Finanze in quel governo, fu il successore del suo Presidente Willy Brandt alla testa della Spd e del governo tedesco quando questi, spintosi troppo avanti nella Ostpolitik di riconciliazione fra due lembi d' Europa, fu liquidato grazie al “caso Guenther Guilaume”: l' asserita “spia della Stasi” nella segreteria del Bundestag. Correva l'anno Domini 1974, e il nuovo Cancelliere, alquanto ringhioso anche in materia di ortodossia atlantista, fu il nemico più accanito insieme all' omologo Giscard D' Estaing, dell' ammissione dell' Italia (reproba ai conti) nell' esclusivissimo “G 5” di quell' epoca, il direttorio delle economie occidentali sviluppate, dal Canada al Giappone. Altri tempi.
Gerhard Schroeder invece, asceso al soglio berlinese nel periodo 1997-2004 dopo una analoga destituzione “brevi manu” di Helmuth Kohl, oppositore fiero alla guerra contro la Jugoslavia voluta dagli americani di Madeleine Albright (e Bill Clinton), fu a sua volta il méntore, sulla scia del coevo Tony Blair, della “riforma del welfare”: quello Stato sociale protettivo dei diritti civili di assistenza (sanità, pensioni, sicurezza del posto di lavoro ecc.) che fu inventato sul finire dell'Ottocento dai socialisti tedeschi e dal cancelliere Bismarck.
Il “modello Renano” che conquistò la Francia di De Gaulle e Mitterrand, e che adesso sfida di nuovo l' “american challenge” di Nicholas Sarkozy (quarant' anni dopo l' omologa di Jean Jacques Servan Schreiber, l' editore de “L' Express”, e candidato-“ombra” all' Eliseo nel 1965, scomparso proprio durante le presidenziali della scorsa primavera).
Tale
“riforma del welfare”, consistente nel restringere (invece che allargare) i diritti sociali maturati in cent' anni di storia, è
detta in Germania “Agenda 2010”.
Ebbene
proprio verso questa il medesimo Schroeder che la inventò,
lancia un siluro calibro novanta nel suo discorso di apertura al congresso sull' arioso estuario della Sprea:
“è solo un mezzo”, fra i tanti adatti, e non un dogma da idolatrare….
Il sasso pesante del nume tutelare ha sbilanciato l' Assise: la linea Beck, di totale revisione della Grosse Koalition con la Cdu di Wolfgang Schaeuble (la mente) ed Angela Merkel (il braccio), è passata trionfalmente.
La domanda è questa: visto che lo stato è comunque “sociale”, e perciò indebitato dal fornire servizi, è meglio che lo sia per il “welfare” (l' assistenza, lo “star bene”), o per il “warfare” ( cioé la guerra: che pure è molla dello sviluppo, debiti inclusi, come l' America propone da dieci anni, aldilà del colore delle amministrazioni succedutesi) ?
Il socialismo “storico” tedesco, ossia metà della sinistra europea (essendo l' altra quella di appartenenza “bolscevica-rivoluzionaria”, sempre intransigente verso i “revisionisti”),
ha in realtà sempre dettato il memorandum dell' Europa continentale, specie nelle more del più universalista e libertario, invece che “sociale”, confratello francese. Proprio come adesso.
E' dunque assai importante vedere i punti fondamentali della mozione vittoriosa quasi alla unanimità: che ne discende un vero e proprio sisma delle idées reçues e dei luoghi comuni che fanno la dottrina del Pensiero Unico, in nessun posto così opprimente come in Italia, perché ugualmente eretto ad articolo di fede da destra e da sinistra.
Al primo posto è la creazione di un salario minimo garantito (lo Smig francese conquistato a Rue de Grenelle, durante le famose trattative del dopo-maggio del '68)
per tutti i lavoratori:
acciocché l' impresario non sfrutti l' ansia di occupazione dei primi entranti, o peggio: dei ri-entranti, nel mondo del lavoro; e insieme ad essa i
l prolungamento del sussidio di disoccupazione (inesistente in Italia se non sotto la forma clientelare chiamata “cassa integrazione”, solo per poche aziende molto elette).
Al secondo una
netta ripulsa del nucleare come panacea universale falsa e illusoria per tutti i mali energetici,
tanto da prefigurarsi una revisione dei piani basati su quel mezzo, in favore piuttosto dei risparmi alla fonte, e dell' incremento di quelle rinnovabili, ambientalmente compatibili;
Al terzo una
ricostituzione dei fondi assistenziali (sanità, pensioni, asili-nido) per favorire l' integrazione anche degli immigrati nel tessuto sociale, oggi così lacerato dai “risparmi” in favore della industria bellica;
Al quarto una
nuova normativa nei Consigli di Fabbrica a tutela della rappresentanza co-gestionaria tra lavoratori e impresa.
Al quinto una
revisione della politica estera, cogenti le vicende tormentose della guerra d' Afghanistan: in ultimo, il golpe Musharraf, e la prossima guerra turco-iraqena.
Ce n' è abbastanza a sconvolgere equilibri consolidati. E sarà inutile ogni silenzio-stampa sull' accaduto, che è destinato a rovesciare “le magnifiche sorti e progressive” delle utopie sul Mercato fatto Verbo. Del resto parlano i fatti, di qua e di là del mare.
Ma al riparo delle Alpi, che cosa accadrà mai ?
A tutta prima la solita congiura del “silenzio-stampa”, sistematico ormai come ai tempi dell' “eroica” Salò a cominciare da uguale capo-Coro , e per l' inchiostro degli stessi giornali che, dopo il “radioso maggio”, narrarono la ritirata da par loro.
Poi sarà, inevitabile, la valanga delle verità. Gli scampati al crollo (della facciata Est) del Muro, sopravvivranno anche a quello della facciata Ovest ?
E' la scommessa ardita del veltrusconismo:
da sinistra o da destra, far trangugiare al popolo l' identica minestra (che nessuno più beve, manco al convitto del carcere).