l centrosinistra teme il colpo di coda del cavaliere
Latorre: non abbassate la guardia
L'esponente del Pd avverte i suoi sulla Finanziaria: al Senato non siamo ancora al sicuro
La Finanziaria somiglia a un Giro d'Italia, dove le tappe determinanti di montagna si disputano l'ultima settimana. Lo sanno i dirigenti dell'Unione che da giorni pedalano in Senato. E ci sarà un motivo se ai piedi della salita spronano la squadra, «perché — come avvisa il vice capogruppo democratico Nicola Latorre — ora arriva la parte più dura».
È vero che il Polo si avvicina lacerato all'appuntamento, e che le polemiche di ieri hanno provocato molte assenze nell'Aula di palazzo Madama. Eppure nel ragionamento di Latorre — insieme a un rendiconto «che ci fa essere fiduciosi» — si avverte l'ansia della vigilia: «Sebbene la maggioranza abbia superato già molte insidie, è solo a metà percorso. Perciò sarà necessario non abbassare la guardia, evitare i toni enfatici e affrontare con la dovuta serietà il rush finale. C'è da portare a casa una Finanziaria che darà benefici al Paese». E c'è da contrastare l'offensiva del Cavaliere. L'esponente dalemiano lo ammette: «Dopo tutte le batoste che ha finora subìto, Silvio Berlusconi non è rassegnato alla sconfitta. Il voto finale sarà quello decisivo, è lì che sferrerà l'attacco e si giocherà il tutto per tutto».
Latorre non è l'unico avvertito a palazzo Madama. «Sta andando tutto bene, ma non tutto quadra», diceva ieri l'ulivista Willer Bordon a Roberto Manzione, durante una pausa dei lavori per la Finanziaria: «Ho l'impressione che stia per accadere qualcosa». Più o meno alla stessa ora, Francesco Rutelli in Consiglio dei ministri si accostava all'orecchio di Paolo Gentiloni. «Non sono del tutto tranquillo, ho strani segnali. Berlusconi si sta muovendo pesantemente». Il ministro delle Comunicazioni ha mosso appena le labbra: «Dopo quello che ha detto, era logico. A meno di non pensare che di colpo si fosse rimbecillito». Nessuno lo pensa nell'Unione, anzi il capogruppo del Prc al Senato, Giovanni Russo Spena, riconosce al Cavaliere di essere «un vero animale politico, altro che storie. Votazione dopo votazione sono sempre più ottimista, però quello ha ancora delle armi a disposizione, e le utilizzerà pur di ottenere le elezioni. Dovremo stare all'erta, oggi sulla Finanziaria e domani sulla legge elettorale che può essere un altro fattore di crisi ». La crisi incombe come uno spettro sulla maggioranza, e il democratico Marco Follini ne spiega i motivi: «Non sono un cultore del plebiscito — dice alludendo alla residenza romana di Berlusconi — e tifo per la democrazia rappresentativa. Ma finché non recupereremo il consenso nel Paese, saremo a rischio anche nel Palazzo».
E i consensi per ora sono scarsi. Quante volte i maggiorenti del Pd hanno ripassato gli ultimi sondaggi riservati, dai quali emerge che i voti virtuali recuperati dopo l'assemblea costituente di Milano si sono dispersi nel giro di due settimane. E con un punto secco in meno (dal 28,8% al 27,8%) il partito guidato da Walter Veltroni è stato di nuovo superato da Forza Italia, al 28,6%. Ma è sulla Finanziaria che si concentrano al momento tutte le energie. Ed è come se i dirigenti dell'Unione vivessero una realtà sdoppiata. Così, mentre osservano l'andamento positivo dei lavori nell'Aula del Senato, sono mentalmente proiettati sulle mosse del Cavaliere. «Il governo dovrà stare attento fino all'ultimo», ammonisce Gavino Angius: «Se succederà qualcosa, non sarà per un'imboscata. Sarà per un fatto politico». Il senatore socialista non fa nomi, ma è chiaro a cosa e a chi si riferisse. «Parliamoci chiaro», dice Bordon: «Ci sono varie fasce di parlamentari. La più bassa potrebbe far mancare i voti al governo per piccoli interessi, ma la più alta no. In quel caso la rottura sarebbe determinata da un percorso politico. È quello l'unico caso in cui si muoverebbe una personalità come Lamberto Dini». Per evitare una rottura devastante, sul leader dei Liberaldemocratici si sono mossi tutti. A partire da Romano Prodi. Raccontano che il loro ultimo colloquio non si sia concluso in modo rassicurante per il premier. E giovedì al Senato, mentre Massimo D'Alema discuteva ai banchi del governo con un altro esponente a rischio della maggioranza, Domenico Fisichella, Anna Finocchiaro ha raggiunto Dini al suo scranno. Il volto della capogruppo del Pd era piuttosto teso quando si sono salutati. Ora non ha senso inseguire il pissi- pissi di Palazzo, le voci secondo cui Dini avrebbe avuto nuovi contatti con Berlusconi.
Il problema è politico, e ieri — dopo le critiche mosse dal commissario europeo Almunia — l'ex premier ha manifestato il suo disagio: «La Finanziaria — sostiene Dini — ha equilibri fragili, dovuti alla fragilità del quadro politico. Il fatto che l'Europa stimi al ribasso la crescita del Pil italiano, rende ancor più difficile il raggiungimento di obiettivi già modesti. Il governo dovrebbe tener conto delle esortazioni della Commissione, ma non mi pare proprio che lo faccia. E per noi liberaldemocratici diventa sempre più difficile convivere in una maggioranza con la sinistra radicale». Le montagne si avvicinano.
Francesco Verderami
10 novembre 2007
http://www.corriere.it/politica/07_n...anziaria.shtml
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be' dai, diciamo che, comunque vada, non ci si annoia mai...