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    Predefinito L’attuale crisi può essere sconfitta solo facendo ricorso alla Verità

    Sono fermamente convinto che la verità disarmata e l'amore disinteressato avranno l'ultima parola.

    (Martin Luther King, dal discorso pronunciato alla consegna del Nobel, 11 dicembre 1964)

    A mio parere, la bellezza e l’efficacia della forza della verità sono molto grandi, e la dottrina è tanto semplice, che può essere predicata anche ai bambini.
    (Gandhi, “Young India” 5 novembre 1919)

    La soluzione di tutti i nostri problemi passa per la potenza dell’idea di Verità.
    La verità è un primus di cui ogni uomo può esserne partecipe. Tuttavia la perfetta conoscibilità della verità non rientra tra le possibilità umane. E’ questo limite che obbliga l’uomo all’umiltà. Ma non ci si confonda: l’umiltà non è indifferenza. Anzi, l’umiltà è l’ingrediente che pone nella verità l’azione, il compromettersi.
    Concepire l’esistenza della verità è necessario per impostare un autentico cammino di crescita; senza la meta della verità infatti manchiamo dell’obiettivo ultimo verso cui il cammino della vita è naturalmente inclinato.
    Si tratta di un’inclinazione naturale di cui tutti ne abbiamo prova durante la nostra vita. Tale prova è così evidente che il fatto che non ne percepiamo la piena portata è dovuto al fatto che non sappiamo ascoltare. Non ascoltiamo con la dovuta attenzione ciò che avviene intorno a noi. Ciò è dovuto in primo luogo alla paura.
    Si provi ad analizzare il proprio comportamento a cospetto di quell’interlocutore che sapremo dirci qualcosa che non ci piace. Avremo difficoltà a guardarlo, tenteremo di interromperlo di continuo, non lo ascolteremo. Non abbiate paura! ripeteva continuamente Giovanni Paolo II.
    Lo stesso approccio volto a non ascoltare (ascolto in senso lato, come processo volto ad intelleggere) lo manifestiamo continuamente verso il nostro quotidiano. Questo non ascolto non ci fa rilevare per esempio come l’uomo nasca con una inclinazione naturale alla conoscenza, che poi per paura interrompiamo. Appena entriamo nello stadio acerbo della consapevolezza si aprono le porte alla paura, proprio come un po’ di pioggia rende più instabile la strada rispetto ad un manto molto bagnato.
    Si rifletta allora sul cammino naturale compiuto dal neonato. Egli manifesta inequivocabilmente un’inclinazione naturale al progresso cognitivo-creativo fin dai primi giorni di vita: ad un’iniziale incapacità di conoscere con la vista si sostituisce la capacità di mettere a fuoco gli oggetti e di percepirli visivamente; lo stesso processo avviene con il senso del tatto; successivamente il neonato prende coscienza della sua esistenza fisica e comincia ad osservarsi mani e piedi; in uno stadio ancora successivo prende coscienza dell’esistenza del mondo e comincia ad osservare gli oggetti che gli stanno intorno: inizialmente riuscendo a vedere solo ciò che rientra nel ristretto campo, tipico della fase acerba della capacità visiva, poi ampliando sempre più questo campo visivo; toccherà poi alla capacità di movimento, gattonando prima e camminando poi, e poi a quella della parola. Conoscenza ed azione (cognizione e creazione), si dimostrano così essere un’inclinazione naturale prescritta al nostro essere. Questo processo cognitivo, che nella fase iniziale vede la primazia dei sensi, in un secondo momento si rimette alle facoltà del pensiero. Questa naturale inclinazione sarà tanto più perfettibile quanto più l’individuo sarà in grado di affidarsi al superiore dominio del pensiero, piuttosto che al più fallace dominio dei sensi.
    Questa è una prova evidente, che riguarda la vita di ogni uomo, della naturale inclinazione umana ad essere partecipe di un processo cognitivo-creativo. Questo processo è il dialogo che instauriamo con la verità.
    L’essenza della verità può essere colta dall’intelletto umano in termini metaforici; la verità è pensabile come quel sole della cui esistenza si è certi e che il nostro occhio riesce a guardare solo per pochi attimi, non cogliendone tutta la complessità. Senza il sole che fine farebbe il mondo della vita? Senza la verità che fine fa l’uomo?
    Il paradosso è che a causa della negazione dell’esistenza della verità, la nostra società non è neanche più cosciente di quale sia la reale situazione che riguarda l’umanità.
    Si pensi alla progressiva distruzione dell’aspettativa di vita che in diversi stati dell’Africa è ritornata drammaticamente ai livelli degli anni ’50 (aspettativa di vita inferiore ai 40 anni); oppure si pensi al fatto che ogni giorno oltre 12mila bambini di età inferiore ai 5 anni muoiono per fame, sete, malattie o guerre; ma si pensi anche alla progressiva distruzione del tenore di vita reale in occidente, in declino dagli anni ’70. Tutto ciò basterebbe per sentenziare il fallimento del modello culturale empirista e del modello economico liberista. Ed invece, acutizzando le ricette che negli anni ’60 s’incominciarono a riseminare, si sta scambiando un cancro in piena metastasi per una trascurabile bronchite. Questo processo di distruzione di quel cammino verso il bene comune ripreso in Europa dopo la seconda guerra mondiale, e negli Stati Uniti con l’elezione di Franklin Delano Roosevelt (1932), è in atto dalla fine degli anni ’60, eppure lo percepiamo in modo evidente solo adesso. Un’attenta analisi (ascolto) di ciò che avveniva già all’indomani dell’assassinio di Enrico Mattei e John Fitzgerald Kennedy, avrebbe dovuto far rilevare ad un individuo consapevole come la strada intrapresa sarebbe stata foriera di disastri. Ed invece tale percezione la si incomincia ad avere solo oggi, solo perché tanta è la sua evidenza. Ma ripeto: un attento osservatore già dagli anni ’60 conosceva e si attivava per impedire gli esiti del maturare di un processo che oggi non inizia, ma si sta ammuffendo (tanto è maturo!). I più invece, si crogiolavano sulla crescita dei consumi (ma non della produzione) degli anni ’80 e sulla crescita finanziaria (agevolando ancora quella dei consumi) degli anni ’90.
    Ma cosa è la verità?
    Nel Vangelo la stessa domanda – Quid veritas? (Gv. 18,38) – viene messa in bocca a Pilato prima di consegnare Gesù a quella folla che lo avrebbe condannato alla crocifissione. Gesù non risponderà perché tale domanda presuppone che non si sia compreso quale sia l’essenza della verità, ma che piuttosto la si intenda come un oggetto. In altri passi del Vangelo invece Gesù parla della verità come di sé stesso: io sono la via, la verità e la vita (Gv, 14,6).
    Platone definisce il fine ultimo della conoscenza, ossia la verità, in questi termini: l’essere di ciò che è e il non essere di ciò che non è (Teeteto).
    Ecco che alla luce di tutto ciò la verità è essenza. E cos’è l’essenza del Tutto se non un processo dinamico armonico?
    Da tutto ciò ne deriviamo precise indicazioni operative: necessitiamo di credere nell’esistenza della verità per essere parte di un continuo processo di crescita; questo processo di crescita è volto a comprendere l’autentica essenza del Tutto; in quanto processo, il Creato è intrinsecamente dinamico; in quanto dinamico, la nostra relazione con esso necessita di azione; questa azione non può essere casuale ma in armonia con l’oggetto con cui essa intende relazionarsi.

    Come funziona il nostro cervello
    Gli studiosi di psicologia del marketing sanno qualcosa di come funziona il nostro cervello. Durante uno di quei corsi, cosiddetti di formazione, a cui mi fece partecipare l’azienda per cui lavoravo, ci fu fatto fare l’esperimento che vi ripropongo.
    Osservate per i prossimi dieci secondi tutto ciò che intorno a voi c’è di rosso. Adesso chiudete gli occhi e ricordate tutto ciò che intorno a voi è blu. Avrete una grossissima difficoltà a visualizzare ciò che è blu perché il cervello ha lavorato in tutt’altra direzione (e l’input glielo avete dato voi!).
    Se invece dei colori come nel gioco su menzionato utilizziamo l’idea di verità, ecco che comprendiamo come per essa il cervello lavori se gli diamo l’input di ricercarla nel Tutto, e come invece essa venga completamente trascurata se noi non stimoliamo il nostro cervello a cercarla ricordandogli continuamente che essa esiste. Ribadisco che non ci è stata data la facoltà di comprendere l’idea di verità nella sua perfezione ma solo di approssimarla, così come qualsiasi cerchio che provassimo a disegnare, anche con la più sofisticata tecnologia, non sarebbe un cerchio perfetto, ma un’approssimazione dell’idea di cerchio.
    Ecco che una società che non insegna (e addirittura nega) l’esistenza della verità, è una società che non cerca la verità, che non vive per essa, ma che vive per qualcosa di differente (il profitto, il proprio piacere, il proprio ego, ecc.).
    Un aspetto della questione su cui dobbiamo riflettere è che quando diamo a noi stessi l’input di lavorare per un fine – in questo caso la ricerca della verità – ecco che secondo un processo non pienamente consapevole, il nostro cervello si mette a lavorare per la ricerca di quel fine. Sicuramente è capitato a tutti di sviluppare uno studio in merito ad un oggetto, e di accorgersi che tutto il mondo stesse parlando di quell’oggetto. Ci sembra quasi che si sia stati noi a dare a tutto il mondo l’input di parlare di quell’oggetto. Lo stesso avviene quando ci mettiamo in testa di volere acquistare, per esempio, un auto. Lì per lì ci pare di avere fatto una scelta molto originale, poi dopo qualche giorno, cominciamo a notare che quell’auto ce l’hanno molte persone; ci viene quasi da pensare che quella originale idea che solo noi avevamo avuto, ce la stia copiando il mondo intero (ed interdetti ci diciamo: eppure lo avevo detto solo a Mario! Possibile che abbia già messo in giro la voce?).
    La realtà dei fatti è ovviamente diversa. Abbiamo dato al nostro complessivo sistema di osservazione intellettiva un obiettivo. Ecco che il nostro sistema senza che noi di volta in volta gli si debba ridare l’input, sta lavorando per cogliere quell’obiettivo. Al contrario, fino al momento in cui al nostro sistema di osservazione intellettiva non avevamo dato quell’obiettivo, esso lo aveva completamente trascurato (ricordate il colore blu del giochino di sopra).
    Ora, se ciò funziona con i colori e con gli oggetti che vogliamo acquistare, funziona anche con entità ben più importanti, quale per esempio la verità. Se non ne riconosciamo l’esistenza, la trascuriamo completamente; se al contrario ne riconosciamo l’esistenza il cervello si mette a lavorare per conquistarla.
    Una puntualizzazione: alcuni potranno obiettare che un conto è cercare il colore rosso, un conto è cercare la verità. A tal proposito vorrei far notare che esiste una scala infinita di rossi e che mai nessun rosso, anche del medesimo oggetto, è identico ad un altro rosso (è il nostro occhio che s’inganna ed un microscopio svelerà facilmente l’inganno). Così se la verità può essere solo approssimata e non conosciuta in tutta la sua perfezione, altrettanto varrà per ogni cosa della realtà (sensibile).
    Ecco che allora una società che non autodichiara l’esistenza della verità, non lavora per essa ma anzi la trascura completamente.
    (Non si irrigidiscano i relativisti! La verità è un concetto del mondo ideale, non della realtà sensibile. Ma questo la rende più reale di quell’ombra che è la realtà! La verità non può essere intesa come un insieme di regole, quanto piuttosto come un complesso di principi alla cui origine vi è l’idea di Bene. Si ricordi come Gesù tratti la regola del sabato dei farisei).
    Il nostro tempo è dominato dalla menzogna perché trascura l’idea di verità.
    Si pensi alla menzogna in campo economico, dove si spacciano per utili al bene comune le liberalizzazioni. Mai nessuno ha saputo citare un esempio di liberalizzazione che abbia avvantaggiato l’interesse generale. I liberisti sostengono che dai processi liberisti sia derivato un aumento dell’occupazione e della produttività ed una diminuzione dell’inflazione. Questi signori, a causa del formalismo che domina la teoria a cui si affidano – ricordo che partono dal presupposto formale che possa esservi una concorrenza perfetta, non tenendo invece conto della reale disomogeneità delle situazioni comparate – guardano soltanto la superficie di questi dati.
    La verità è ben altra!
    L’occupazione è aumentata solo in apparenza grazie al camuffamento delle statistiche. Infatti, con mutamenti rispetto alle tecniche di rilevazione passate, si considerano lavoratori coloro che sono occupati anche per pochi giorni alla settimana; non si considerano disoccupati coloro che dopo lunghe ed infruttuose ricerche di lavoro si rassegnano dal cercare un’occupazione.
    A ciò si aggiunga che le posizioni lavorative create sono a livelli salariali più bassi rispetto a quelle perse.
    I liberisti considerano aumentata la produttività. Ma a quale produttività fanno riferimento? L’incidenza della capitalizzazione di borsa sul p.i.l. rispetto agli anni ’60 è passata da un 10% ad un 70%. In pratica il grosso della produzione industriale lorda, non è produzione industriale (che dunque produce beni e dà lavoro), ma è di origine finanziario-speculativa (e dunque produce solo utile finanziario per chi lo fa, senza poi reinvestirlo in attività aventi funzione economico-sociale).
    Secondo i liberisti poi l’inflazione sarebbe diminuita. I signori liberisti parlano purtroppo soltanto dell’inflazione nominale, ma non di quella reale (rapporto tra l’inflazione nominale ed i redditi da lavoro). In presenza di un minor aumento dei prezzi rispetto agli anni ’80 (diciamo mediamente di un 2% invece che anche del 18%), vi sono stati nella migliore delle ipotesi aumenti dei redditi medi inferiori al 2%. Paradossalmente, dunque, se l’inflazione nominale sale del 30%, ed i redditi salgono del 40%, ecco che il fatto che l’inflazione nominale salga non è in assoluto un male.
    A tutto questo discorso sull’inflazione, vi è da aggiungere anche il fatto che la consistenza del paniere dei prezzi ha perso attinenza con la realtà. Il grosso dell’incidenza sulla capacità d’acquisto reale è purtroppo rappresentato dai generi alimentari e di prima necessità. Su questi generi l’ascesa annua dei prezzi è stata di circa il 2%?
    Regna appunto la menzogna, piuttosto che la verità.
    Si pensi poi alle menzogne in campo politico.
    Circa la guerra in Iraq sono oramai assodate le responsabilità da parte dell’amministrazione Bush e del vice-presidente Cheney in particolare. La questione dell’uranio proveniente dal Niger come prova che incolpava Saddam Hussein, è stata smentita in seguito allo scoppio del caso Wilson. La questione dei “pizzini” di Rumsfeld con cui intendeva abituare la popolazione statunitense ed occidentale, al fatto che il pericolo terroristico fosse più grave di quello che i servizi segreti rilevavano come reale è un’altra prova dell’uso sistematico della menzogna da parte dell’establishment.
    Ma si pensi anche, per quanto riguarda l’Italia, alle continue accuse riversate sulle cosiddette “leggi di Berlusconi”, tanto gravi da non esserne stata modificata neanche una da parte della nuova maggioranza parlamentare.
    Vi sono poi le menzogne in campo ambientale. La questione ambientale sta venendo strumentalizzata da precisi interessi finanziari per impedire lo sviluppo dei paesi in via di sviluppo e ridurne drasticamente le popolazioni. Il film di Gore che gli è valso il premio Nobel, è pieno di asserzioni prive di validità scientifica (su tutte, quella dell’innalzamento dei mari per circa 6 metri). Ma si pensi anche alla asserita relazione tra CO2 e riscaldamento globale (e perché le rilevazioni allora danno in aumento la temperatura in tutta la Galassia? Le nostre industrie inquinano anche Giove?) o alla asserita pericolosità ed inefficienza dell’energia nucleare (che stupidi i Francesi che rimettono l’80% del proprio fabbisogno energetico all’energia nucleare!).
    Ed ovviamente sono molti altri i campi della vita in cui domina la menzogna. Basti pensare alla tecnica del capro espiatorio grazie a cui si sono condannati partiti, dirigenti sportivi, tecnologie, di volta in volta usata per perseguire interessi di parte.

    L’azione dei politici nella Verità
    La classe politica deve attivarsi su un duplice fronte. Bisogna che essa parli di verità e bisogna che essa agisca nella verità. E’ finito il tempo dell’ascolto della vox populi per misere questioni di convenienza elettorale. “Prima o poi arriva l'ora in cui bisogna prendere una posizione che non è nè sicura, nè conveniente, nè popolare; ma bisogna prenderla, perchè è giusta.” (Martin Luther King).
    I venti che soffiano sono venti pericolosi. La popolazione è esausta ed i più sono senza i giusti punti di riferimento. Essa si sta velocemente trasformando in un esercito pronto ad obbedire al primo populista a cui il complesso finanziario-mediatico-militare voglia accordare la propria fiducia.
    Per sé stessi, i politici è meglio che perdano le loro poltrone se la loro attività invece che essere dedita al bene comune, e dunque alla verità, resta ottusa sui binari della menzogna.
    Mi rendo conto di chiedere un qualcosa che non ha a che fare con una generazione che mai ha lavorato per la verità ma che invece è sempre stata ossequiosa alla propria comodità. Tuttavia presto avremo il diluvio e solo chi avrà preparato l’arca con sopra tutto il necessario per affrontare il domani, non sarà ricordato dalla storia come un vergognoso lacchè di un Olimpo finanziario che si credeva onnipotente.
    La storia troppe volte ha sentenziato il proprio verdetto. Non si può andare contro la legge di gravità. La presuntuosa pretesa viene concessa per pochi attimi, poi si precipita e ci si fa male.
    E’ finito il tempo in cui si lasci che i discoli con il loro modo sguaiato di fare i balocchi distruggano l’intera casa. In questa casa non si vive più ed i discoli vanno rimessi in riga per salvare la casa comune.
    Se la classe politica non si sente pronta per fare ciò, cerchi aiuto in chi evidentemente è pronto a tale compito.
    D’altra parte vi sono generazioni di uomini che nascono per ricostruire ciò che altre generazioni hanno distrutto.
    Si ascolti questa parola: firewalls.
    Il politico americano Lyndon LaRouche ha proposto un disegno di legge che in questo momento è oggetto dell’attenzione di molti parlamentari americani (Homeowners and Bank Protection Act – HBPA) per salvare milioni di famiglie americane che rischiano l’esproprio delle loro case. Il principio che sta dietro l’idea dei firewalls è chiaro: il liberismo ha finito il suo tempo; i disastri fatti dalla magica mano invisibile del mercato non sono più tollerabili; è necessario che i governi riassumano il ruolo per cui vengono costituiti: perseguire il bene comune.
    Questa idea dei firewalls si impone non soltanto nel settore dei mutui casa. Ci troviamo di fronte ad un’inflazione galoppante che solo la manipolazione delle statistiche nega. Questa inflazione non colpisce beni superflui tipo una bottiglia di vino pregiato od un quadro d’arte moderna. Questa inflazione sta colpendo generi di prima necessità, dagli alimenti, al carburante, al riscaldamento, all’acqua.
    I politici ed il Governo in particolare riprendano in mano il volano dell’economia ed intervengano prima di ritrovarsi con la gente in piazza fomentata da incoscienti demagoghi utili solo a chi ha finora voluto baloccarsi con la speculazione, grazie all’asservita classe politica, ad onta degli espliciti enunciati della nostra Costituzione. Si ricordi l’art. 41:“L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.








    Dal libro della Sapienza (6)
    Chi cerca la sapienza la trova
    [12]La sapienza è radiosa e indefettibile, facilmente è contemplata da chi l'ama e trovata da chiunque la ricerca.
    [13]Previene, per farsi conoscere, quanti la desiderano.
    [14]Chi si leva per essa di buon mattino non faticherà, la troverà seduta alla sua porta.
    [15]Riflettere su di essa è perfezione di saggezza, chi veglia per lei sarà presto senza affanni.
    [16]Essa medesima va in cerca di quanti sono degni di lei, appare loro ben disposta per le strade, va loro incontro con ogni benevolenza.
    [17]Suo principio assai sincero è il desiderio d'istruzione; la cura dell'istruzione è amore;
    [18]l'amore è osservanza delle sue leggi; il rispetto delle leggi è garanzia di immortalità
    [19]e l'immortalità fa stare vicino a Dio.
    [20]Dunque il desiderio della sapienza conduce al regno.
    [21]Se dunque, sovrani dei popoli, vi dilettate di troni e di scettri, onorate la sapienza, perché possiate regnare sempre.

    Claudio Giudici
    giudici15@interfree.it
    http://claudiogiudici.ilcannocchiale.it

  2. #2
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    lo leggerò con calma

  3. #3
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    Interessante: la tua risposta giunge dopo un mese dalla pubblicazione della riflessione. Come ti ci sei imbattuto?
    Spero nello sviluppo di un dialogo.
    Saluti e buona lettura.

  4. #4
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    Per Carl Gustav Jung qualche volta la Verità supera l'ambito personale e diventa un qualcosa di collettivo, o come lo ha definito "archetipico".

    E questi simboli comuni a tutta l'umanità non sono forse un primo segnale di universalità, di comunione tra tutti gli uomini?

    La mia impressione è che stiamo superando quel tabù che separa la materia dallo spirito, la scienza dalla spiritualità.

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Nostradamus Visualizza Messaggio
    Per Carl Gustav Jung qualche volta la Verità supera l'ambito personale e diventa un qualcosa di collettivo, o come lo ha definito "archetipico".

    E questi simboli comuni a tutta l'umanità non sono forse un primo segnale di universalità, di comunione tra tutti gli uomini?

    La mia impressione è che stiamo superando quel tabù che separa la materia dallo spirito, la scienza dalla spiritualità.
    Per Friedrich Schiller, il grande compito dell'uomo starebbe proprio nell'avviare un dialogo - piuttosto che uno scontro di pugilato (sua la metafora) - tra arte e natura, tra ragione ed emozione. Così si raggiunge lo stato di grazia. Per fare ciò si ha bisogno di uno Stato che avvii un processo di educazione estetica (le Lettere sull'educazione estetica trattano proprio questo argomento).

    In merito al concetto di Verità, ne parlerei come di un qualcosa che obbligatoriamente va oltre l'approssimazione che ogni individuo può farne. Metafora efficace a tale proposito, è quella del cerchio, fatta ne La docta ignorantia dal filosofo rinascimentale neo-platonico, Cusano. La Verità (o Dio) è il cerchio; la verità dell'uomo è il poligono. Il compito dell'uomo è ottenere la quadratura del cerchio - inscrivendo nel cerchio-Verità un poligono con sempre più lati - ; tuttavia essa è impossibile, per la differente ontologia dei due soggetti-oggetti. Infatti, per quanto si possa approssimare la Verità (poligono con tanti di quei lati da sembrare all'occhio umano un cerchio) essa non può mai essere perfettamente integrata dall'azione umana. Infatti, quanti più lati ha un poligono e quanto più è diverso dal cerchio (dunque dalla verità). Entra qui in gioco il concetto della coicidentia oppositorum.
    Tutto ciò non deve però portarci al fatalismo nè ad approcci esistenzialistici (il che può essere lo stesso però). Non siamo in grado per esempio di creare un cerchio perfetto, tuttavia la ruota - pur non essendo dunque perfettamente circolare - è utile alla vita umana. Ecco che tale impossibilità, non deve farci confondere, nel ritenere inutile il continuo cammino di avvicinamento della Verità (processo comprensibile ricorrendo all'idea dell'asintoto).

    Claudio Giudici
    P.S.: Reagan aveva torto e l'attuale crisi finanziaria globale procurata dalla primazia della finanza sull'economia e dell'economia sulla politica, sono lì a denunciarlo.

 

 

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