Il bipolarismo non si uccide
di Giovanni Sartori
Come è bello essere un satrapo. In un attimo Berlusconi scioglie il proprio partito (proprio in senso proprio: per dire di sua proprietà). E in un attimo stabilisce — ipse dixit —che il bipolarismo è finito. Ma se il Cavaliere ha il potere di fare quel che vuole dei suoi personali partiti (vecchi e nuovi), non ha però il potere di decretare la fine del bipolarismo. E lì, per nostra fortuna, si sbaglia. Intanto, quale bipolarismo? Non bisogna confondere tra una distribuzione bipolare a livello elettorale, e bipolarismo a livello di governo. Il primo lo abbiamo da sempre, dal 1948 in poi, e resta radicatissimo. Per tutto il corso della Prima Repubblica gli italiani si sono divisi, elettoralmente, tra comunisti e anticomunisti. Quando Giorgio Galli scriveva del nostro «bipartitismo imperfetto», intendeva che il nostro era un bipolarismo senza alternanza, e imperfetto per questa ragione. Ma la distribuzione dualistica del voto c’era sin da allora, e si è trasferita tal quale, e anche troppo, nella Seconda Repubblica: vedine i modestissimi trapassi di voto tra destra e sinistra. E il punto è che questo bipolarismo è fisiologico in tutte le democrazie «normali » e che non dipende, come sostiene la vulgata, dal sistema elettorale. Quasi tutti i Paesi europei sono, contemporaneamente, proporzionalisti e bipolari. Il che dimostra che non occorre un sistema maggioritario per creare e tantomeno per salvare una struttura di voto bipolare. Ergo, se cade il maggioritario non cade il bipolarismo di base. Passiamo al bipolarismo a livello di governo. Cosa vuol dire che è finito? Può voler dire che si possono dare distribuzioni di voto che rendono opportuno ripiegare su grandi alleanze, governi tecnici o anche istituzionali. Nel caso del sistema tedesco le «grandi coalizioni » sono state, in 60 anni, soltanto tre; e nessuno ha inteso che segnassero la fine del bipolarismo. Vengo alle urla di dolore dei fedeli di Prodi. Il loro argomento è che il ritorno alla proporzionale distrugge la via prodiana a un «bipolarismo perfetto» e che ci riporterebbe indietro alla Prima Repubblica. Questa poi. Anche volendo, alla repubblica di prima non possiamo tornare perché il Pci non c’è più, ed era il Partito comunista che creava l’anomalia di un sistema politico senza alternanza. Il punto è, però, un altro: è che il bipolarismo inventato da Prodi—e lietamente sfruttato da Berlusconi — è un bipolarismo insensato, un bipolarismo sbagliato. Il bipolarismo che funziona (e richiesto dal sistema parlamentare) deve essere flessibile e capace di autocorrezione. Invece Prodi teorizza e pratica un bipolarismo rigido e cementificato nel quale è poi doverosamente restato imbottigliato. Pertanto la fine del bipolarismo dichiarata da Berlusconi è soltanto la fine del bipolarismo sbagliato. Era l’ora. Finalmente si intravede uno spiraglio di luce. Purché ora non sbagli Veltroni insistendo su un progetto «misto» tedesco-spagnolo che non è certo migliore — a mio avviso — del tedesco e basta. Mi auguro che Veltroni lo accetti insistendo sul fatto che non va modificato, piuttosto che proponendo modifiche che rischiano di bloccare e di sciupare tutto.
http://www.corriere.it/editoriali/07...ba99c53b.shtml