L'exploit del rossonero che batte ogni rivale
Il Pallone d'Oro è di Kakà
La giuria ha comunicato la notizia al brasiliano del Milan. La cerimonia il 2 dicembre a Parigi
PARIGI — Lo innalzerà al cielo, ringraziando Dio, come fa sempre dopo ogni gol. Il Pallone d'oro è suo: non per grazia divina, ma perché divini sono i piedi del ragazzo dalla faccia d'angelo. Kaká ha vinto il prestigioso trofeo istituito dalla rivista francese France Football e aggiunge il suo nome nell'elenco delle glorie del calcio— da Rivera a Platini, da Baggio a Van Basten. La notizia, circolata da giorni nelle redazioni sportive, attesa in Europa e in Brasile come un evento scontato, è ormai ufficiale, anche se come sempre avviene in questi casi la giuria del premio impone il riserbo a tutti: vincitore, squadra e giornali. Ma si sa che nei giorni scorsi è stato detto a Kaká di prepararsi alla cerimonia, la mattina del 2 dicembre prossimo, nel corso di «Téléfoot», uno dei più seguiti programmi sportivi di TF1.
E anche a Parigi si è parlato del giusto tributo al calciatore più bravo del 2007, vincitore della Champions League ad Atene e capocannoniere della competizione, con 10 gol. Lui, che attaccante puro non è, ma che in quattro stagioni del campionato italiano ha esaltato tutta la magia del calcio, nonostante l'odio da curva, il teppismo e i tristi primati del nostro torneo: 207 partite ufficiali con il Milan, 77 gol, di cui 23 in 54 partite di Coppa. Quasi uno su due, media davvero spaventosa, di destro e di sinistro, di testa e di tacco, a volte con contorno di gesti tecnici da antologia del football.
La vittoria di Kaká, che avrebbe distanziato di gran lunga un'agguerrita concorrenza, è tanto più significativa se si considera che per la prima volta la giuria di France Football ha preso in considerazione giocatori di tutto il mondo e non più soltanto europei. Questo è dunque il primo Pallone d'oro dell'era globale, un riconoscimento senza confini, per il migliore di tutti. Il Pallone d'oro premia anche un atleta molto giovane, 25 anni compiuti l'aprile scorso. In teoria con margini di miglioramento, anche se è difficile immaginare che cosa ci possa essere ancora di più e di meglio.
Nell'immensa gioia del popolo rossonero, c'è sicuramente posto per qualche sfottò, di quelli innocenti che fanno ancora bene al calcio. «Uno con un nome così non potrebbe giocare nella Juve », parola di Luciano Moggi, quando quel brasiliano che sembrava un bambino arrivò in Italia. In effetti, nemmeno il Milan che lo aveva scoperto si attendeva un campione di questo livello, come avrebbe confessato Adriano Galliani. Ma il bambino aggiunse subito personalità ai piedi divini. L'esordio in campionato ad Ancona e il primo gol proprio nel derby, un 3-1 in casa dell'Inter, tanto per far capire come non fosse il caso di ironizzare sul soprannome, ma casomai di mordersi le dita (nel solco dei rimpianti, da Pirlo a Seedorf).
Pagato l'«inezia» calcistica di 9 milioni di euro, oggi Kaká non ha prezzo, «blindato» probabilmente a vita rossonera, sulle orme di un suo modello, come uomo e come leader in campo, il capitano Paolo Maldini. In attesa dei galloni, Kaká è già un esempio di modestia, o almeno questa è l'immagine che conta, sul filo dei buoni sentimenti: la famiglia, la religione, la moglie Caroline, ventenne acqua e sapone, con radici italiane e passaporto italiano in dote per il campione. Ce lo meritiamo, almeno come cittadino del calcio nostrano? «Non ha bisogno di soldi, in Italia è felice», ha detto Pelé, consigliandogli di non ascoltare le sirene del Real Madrid. Da oggi lo sarà ancora di più. Ringraziando Dio.
Massimo Nava
24 novembre 2007
da Corriere.it
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