Nassirya è già parte della storia d'Italia

di Emiliano Stornelli
Article content: Siamo già al quarto anniversario dei morti di Nassiriya e non è ancora venuta meno la contrapposizione tra le due Italie che si palesò chiaramente sulla spinta emotiva dell’attentato (l’Italia che si considera come patria e riconosce i suoi eroi, e l’Italia della cultura dominante, quella che continua a demonizzare, bollandoli come fascisti, i tentativi di dare finalmente agli italiani una compiuta identità nazionale). Quella contrapposizione che persiste costantemente sottotraccia, riemerge ogni volta al grido di 'Dieci, cento, mille Nassiriyah' ed è la causa dell’imbarazzo e dell’ambiguità con cui le istituzioni - nelle persone che oggi gramscianamente le occupano - si rapportano all’accaduto, riluttanti all’idea di accreditare nella memoria storica italiana morti che non risalgano alla resistenza.

Tuttavia, il Monumento ai Caduti di Nassiriya inaugurato oggi a Roma dal vicepremier Rutelli e dal ministro della Difesa Parisi, può essere considerato un importante passo in avanti nel raggiungimento di una percezione largamente condivisa della strage costata la vita a 17 militari e 2 civili italiani. Le parole dei due esponenti del governo rompono decisamente con la propaganda cui il centrosinistra ha fatto ampio ricorso quando era all’opposizione fino al ritiro delle truppe dall'Iraq (peraltro già predisoposto dall’esecutivo precedente e da Prodi semplicemente accelerato).
"Noi siamo qui - ha affermato Parisi - per dire ai nostri caduti che non li abbiamo dimenticati e che non abbiamo dimenticato l'ispirazione che guidò i loro passi al servizio della missione che la Repubblica aveva a loro affidato''. E’ un chiaro sdogamento - questo - delle ragioni alla base dell’intervento in Iraq al fianco della coalition of the willing guidata degli Stati Uniti, un’inversione che offre tutta la misura della mera demagogia data in pasto in passato al popolo delle primarie. “Oggi è il momento del ricordo del dolore per i nostri caduti, ma è anche il momento dell'orgoglio per l'impegno delle Forze Armate e di tutto il Paese, a sostegno di grandi ideali di libertà, giustizia, democrazia e pace": è implicito in ciò la condivisione del sostrato ideale che spinge gli Stati Uniti e l’amministrazione Bush nella guerra al radicalismo e al terrorismo islamico.

Anche Rutelli si è positivamente distinto: “Il sacrificio di questi italiani non è stato inutile. […] L'ammonimento è che l'Italia ha bisogno di una grande, determinata e solida unità nazionale indipendentemente da chi è al governo”. All’inaugurazione è brillata, invece, l’assenza sia di Napolitano che di D’Alema. Se il capo dello Stato ha quanto meno fatto sentire la sua presenza inviando un comunicato, il ministro degli Esteri ha completamente snobbbato l’evento, sottolineando, come se ce ne fosse ancora bisogno, la discontinuità della sua politica estera da quella del governo Berlusconi.

Monumento a parte, il governo Prodi ha fatto mancare il suo impegno nel dar seguito alle dichiarazioni di Parisi e Rutelli, nonostante l’ordine del giorno presentato dal senatore di Forza Italia, Gaetano Quagliariello, approvato quasi all’unanimità, lo avesse impegnato ad assumere iniziative (dirette soprattutto ai giovani), affinché le vittime di Nassiriya non cadano nell’oblio. “Cosa ha fatto il governo per ricordare l’attentato di Nassiriya, in particolare nelle scuole?”, ha chiesto Quagliariello in un’interrogazione a Prodi e Fioroni. “Sarebbe grave oltreché cinico che quel documento rimanesse lettera morta”, conclude il senatore e presidente della Fondazione Magna Carta, che aveva precedentemente esortato il governo a mantenere “i buoni propositi ancora di recente formulati dai rappresentanti delle istituzioni e da uomini politici di ogni appartenenza”.
In mancanza di un serio e sincero impegno del governo Prodi a tutela e per la promozione della dignità nazionale, giova ricordare il volume della Fondazione Magna Carta Nassiriya: Eroi senza medaglia. Il libro è uscito lo scorso anno, in occasione del terzo anniversario della strage, appunto per scongiurare il profilarsi di un appannamento della memoria su quell'evento specie da parte delle istituzioni. Come nel volume sottolinea Quagliariello, se le nostre truppe“sono state infine ritirate, il nome di Nassiriya è destinato a restare nella storia d’Italia”.


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