Posto un articolo di Gabriele Adinolfi in merito.
Personalmente, ho avuto modo di apprezzarlo.
--------------------------------------------------------------------------------
Berlusconi, la CdL e le improvvise prospettive anguste della destra radicaleLa partita si gioca all'attico mentre al massimo noi emergiamo di quando in quando dallo scantinato per vedere cosa avviene in portineria. Per questo prendiamo sovente fischi per fiaschi, enfatizziamo fatti minori e non li cogliamo nella loro interezza. Ci troviamo in un periodo di trasformazione internazionale in cui si stanno combattendo almeno quattro guerre mondiali occulte, più intrecciate che parallele.
Prima guerra
La prima guerra è quella tra euro e dollaro, senza esclusione di colpi, una guerra tra banchieri che ha determinato gli scenari internazionali inaugurati con l'11 settembre. Controllare i pozzi, far salire il prezzo del petrolio fino al punto da renderlo conveniente agli interessi americani ma non di più, svalutare il dollaro e impedire le transazioni in euro: ecco le ragioni più importanti degli interventi “di pace” americani nel Vicino Oriente.
Seconda guerra
La seconda guerra concerne la geopolitica di droga, petrolio e gas. Essa vede contrapposti il partito atlantico a quello russo/asiatico ma comprende anche furiose guerre intestine tra Inghilterra, Usa e Israele con il coinvolgimento di attori minori sulla rotta afghano-balcanica e su rotte alternative come Marocco e Spagna.
Terza guerra
La terza guerra riguarda la Cina: tutti gli altri protagonisti fanno a gara nel contendersi rapporti privilegiati e nell'ipotizzare normative alla crescita del colosso giallo il quale, come se non bastasse, sta apprestandosi a gettare sul piatto tutta la sua potenza con effetti apocalittici.
Quarta guerra
La quarta guerra è quella di Putin: la ripresa russa che sta facendo rinculare l'influenza yankee nella cerniera eurasiatica e che sta allargano il raggio strategico al Vicino Oriente non è un epifenomeno ed è, anzi, addirittura potenziale causa di una guerra mondiale vera e propria.
Non se ne occupano i media
I media, impegnatissimi a mettere in scena la nostra quotidianità che oscilla tra il drammatico, lo squallido e l'avvilente, non si occupano affatto delle questioni di fondo da cui però dipende la nostra vita di tutti i giorni. Se non se ne occupano i media nemmeno lo fanno i “camerieri dei banchieri” che sono impegnati a parlare solo il politichese per capitalizzare lo “share”. Ma noi dobbiamo, invece, avere un'idea d'insieme, che poi è l'unica garanzia che abbiamo di non prendere cantonate nella politica nazionale. Perché se fraintendiamo i moventi altrettanto ci capita per quanto riguarda le previsioni future e, se sbagliamo queste, non facciamo che oscillare come fuscelli trascinati dalla corrente.
Ed è per questo che l'ho presa da lontano: mi sembra indispensabile.
I grandi gruppi d'interesse non vogliono politici
I grandi gruppi d'interesse in Europa Occidentale alle prese con queste quattro guerre sono impegnati a risolvere i loro contenziosi al di sopra delle sovranità e, nell'attesa di un eventuale governo europeo, pretendono che i governi nazionali siano ridotti ad assemblee di condominio. Ragion per cui tutto quanto accade in Italia non va assolutamente letto in chiave locale (sarebbe una grave mancanza) ma come fase di passaggio. Questo è il motivo per il quale il governo Proni non è ancora caduto e sembra reggere.
Confindustria lo ha detto chiaramente; Montezemolo ha assicurato che in Italia prima del 2009 non si dovrà andare a votare. Fini, quando il 17 novembre ha contraddetto e sfidato Berlusconi sostenendo che prima di votare bisogna accordarsi sulla riforma elettorale, ha usato parola per parola un editoriale del Sole 24ore.
Berlusconi il 18 novembre si è limitato ad effettuare un colpo di scena. Visto che i suoi “alleati” lo stavano fregando ha buttato all'aria la tavola con tutte le carte e ha detto “se pensate che di accordarvi senza di me e di farmi fuori avete fatto male i calcoli perché sono migliore di voi anche negli accordi”.
Solo una questione di tattica
La prima chiave di lettura di quanto è avvenuto (la presunta fine della CdL) è proprio questa. Berlusconi è l'unico – dicasi l'unico – uomo politico italiano a non dipendere direttamente ed organicamente da qualcuno e, quindi, ad avere una certa libertà di manovra. Inoltre è il meno legato ai centri di potere europei, tant'è che dobbiamo in gran parte a lui la cosa più interessante avvenuta in Italia negli ultimi venti anni: ovvero l'accordo tra l'Eni e la Russia.
Non ha una linea strategica, è un tattico. Tattiche sono infatti le ragioni dello scontro tra il piccolo e i nani. Le scelte tattiche interessano solo i giocatori e non chi, come noi, sta fuori dal gioco, ragion per cui non darei un'importanza eccessiva a questo scontro che è comunque divertente, se non altro perché rovina molti piani personalistici e faticose architetture bizantine concepite in questi tre anni nei circhi di Fini e Casini.
Sconvolta l'estrema destra
La contrapposizione formale tra il piccolo leader e i nani ha però comportato uno sconvolgimento nelle appendici di destra. Con l'eccezione del partito di Storace (che comunque si trova anch'esso di colpo spiazzato rispetto al gioco che stava conducendo dopo una lunga pianificazione) più o meno tutti si ritrovano, per via di intrecci personali, d'interesse, di conoscenze, nella larga corte finiana. Il che, giustamente, ha prodotto sconforto, perplessità e malumore. Ci s'inizia a rendere conto, all'estrema destra, che si è davvero subalterni e impotenti. Il dramma è che, fatte salve le dovute e rare eccezioni, si sia dovuta attendere la prova del nove della più indiscutibile evidenza per prendere atto di qualcosa che doveva essere invece il postulato iniziale dal quale procedere.
Ci si sta poi rendendo conto di un altro fatto largamente prevedibile da anni e cioè che per i partiti di estrema destra è partito il conto alla rovescia. A scanso di improbabili colpi di scena questi spariranno; molto probabilmente saranno costretti a confluire altrove, a sciogliersi o a trasformarsi in movimenti.
Avanguardia corsara
L'occasione è delle migliori per poter finalmente apprendere a ragionare con freddezza, con spietata autocritica e senza riserve mentali.
Da tempo l'evidenza dei fatti ha dimostrato l'inconsistenza dell'”antagonismo” (antagonisti a chi? In nome di che cosa? Con quale strategia? E, soprattutto, riconosciuti come antagonisti da chi?). Ora ha fatto emergere anche l'inconsistenza tanto della scelta di “rappresentatività” (non esiste né può esistere nessuno che possa rappresentarci) quanto quella della scalata a un fortilizio (quale? Non ce ne sono: nessun partito, ammesso e non concesso che fosse permeabile ad una conquista dall'interno, avrà più consistenza o prospettive).
Ancora una volta chi non voglia divenire uno sciuscià si trova di fronte a un bivio: o si chiude in un ghetto sterile, ottuso e autogratificante giocando a fare lo zingaro fasciconsumatore, oppure inizia a ragionare per dialogare con la politica sulla base dell'autonomia e del realismo. Non è questione di forme, appartenenze o schieramenti (tutti vanno egualmente bene perché sono tutti parimenti inaccettabili, tutti vanno bene - meglio se più d'uno contemporaneamente in una logica di sistema di forze - purché intesi sempre e comunque come luoghi esterni e teatri di scontri e trattative): è questione di mentalità. Tutti vanno bene? Solo se non sono frutto di scelte obbligate ma di valutazione strategica. Ecco perché, a scanso di equivoci, ritengo qualsiasi ripiegamento obbligato in quanto dovuto agli sconvolgimenti attuali, intrinsecamente debole, senza spessore, quindi politicamente privo di senso, a prescindere da quanto possa poi risultare avvilente. Prima va affermata l'autonomia, anche e soprattutto finanziaria, poi va deciso cosa fare tatticamente: non si può raffazzonare una mentalità e men che meno è lecito fingerla, bisogna maturarla!
Quale debba essere quella mentalità lo andiamo ripetendo oramai da anni. Servono una centralità che non oscilla, una chiara Idea del Mondo, una sottrazione alle logiche sistemiche e una capacità di muoversi tra politica e territorio come incursori, come lanzichenecchi, come uscocchi a protezione di imprese che siano al tempo stesso gratificanti ed efficienti.
E' giunto il tempo di prepararsi a grandi sfide con la mentalità dell'avanguardia corsara. In quanti ci riusciranno?
Gabriele Adinolfi
www.noreporter.org