“Italia e Islam” è il titolo di un dvd prodotto dall’Istituto Luce in collaborazione con l’ISSE (Istituto di Studi Storici Europei), mirato ad un pubblico, quello italiano, bisognoso di ricordarsi della vocazione essenzialmente mediterranea della nostra penisola, che comporta un orientamento costruttivo verso i Paesi e i popoli delle sponde meridionale ed orientale del “mare interno” a tre continenti. Ora, queste popolazioni sono a maggioranza araba-musulmana, il che, tradotto in pratica, significa una cosa sola: farla finita con la psicosi da “terrorismo islamico” inoculata da chi ha interesse a dividere realtà che devono percepirsi reciprocamente come ‘aliene’. Ma ciò presupporrebbe un’Italia libera, sovrana e ed indipendente, condizione necessaria per una politica estera autonoma e davvero nell’“interesse nazionale”, di cui tanto parlano a sproposito personaggi il cui “interesse” è solo quello meschinamente egoistico. E, in un’epoca in cui la mera dimensione nazionale si rivela insufficiente per risolvere il “problema principale” – ovvero la liberazione dell’Europa dalla sessantennale occupazione americana -, si renderebbe necessaria un’Europa libera, sovrana e indipendente, innanzitutto dagli euro-burocrati di Maastricht e di Bruxelles, appiattiti, specialmente in politica estera, sulle direttive impartite dai comandi Usa e Nato.
La storia dei rapporti tra il nostro Paese e l’Islam (con cui qui s’intende non solo una fede, ma tutta un’area caratterizzata dall’appartenenza dei suoi abitanti ad una civiltà), comincia con lo sbarco a Tripoli del 1911, quando l’Italietta” di Giolitti avviò la conquista dell’ultimo possedimento ottomano sulla costa sud del Mediterraneo in quella che sarebbe diventata la “Guerra italo-turca”. Tale denominazione non è corretta, poiché gli arabi (qui s’intende la popolazione autoctona, più esattamente arabo-berbera, e comunque musulmana, quindi nettamente arabizzata) fecero causa comune coi turchi, o meglio le truppe della Sublime Porta, sulla cui soglia, comunque, non era più seduto, dal 1908, l’ultimo grande sultano ottomano, ‘Abd el-Hamid II, scalzato dai modernisti e massoni Giovani Turchi, che governavano attraverso il Comitato d’Unione e Progresso. Fatto sta che il primo impatto dell’Italia unitaria col mondo islamico non fu esattamente pacifico (sebbene contemporaneamente venissero condotti tentativi d’avvicinamento molto interessanti: si pensi al ruolo di Enrico Insabato, in contatto con ambienti dell’esoterismo islamico sin dall’inizio del secolo), ma, al contrario s’inseriva nel quadro d’un colonialismo ‘ritardatario’ rispetto a quello, ben radicato in Africa, della Francia e della Gran Bretagna. Per certi aspetti, soprattutto a causa della tarda unità raggiunta, quello italiano ricorda il colonialismo tedesco, che però scomparve del tutto dopo la Prima guerra mondiale, col Nazionalsocialismo che successivamente ambì ad un’annessioni di territori di tipo pangermanista, ma non ad una ripresa delle imprese d’Oltremare. Inoltre, per essere precisi, popolazioni musulmane erano già state sottomesse all’autorità italiana sin dall’istituzione delle colonie d’Eritrea e di Somalia, e per dovere di completezza è da ricordare che la guerra del 1911-12 causò l’annessione delle isole del Dodecaneso, abitate anch’esse da musulmani.
Tuttavia, per la sua pozione centrale nel Mediterraneo, la Libia rivestì un ruolo centrale nella “nuova visione” coloniale che s’impose grazie al Fascismo, il quale, con una “missione romana” da compiere, aveva ben chiaro in che misura una “politica islamica” a tutto tondo fosse un fattore essenziale per lo stabilirsi di una pace duratura in un Mediterraneo libero dall’influenza della talassocrazia mercantile britannica.
La prima parte di questo eccezionale documentario – presentato, tra gli altri, da Stefano Fabei e dal sottoscritto alla “Casa del cinema” di Villa Borghese, a Roma, il 17 febbraio 2006 – si sofferma perciò adeguatamente sul periodo tra le due Guerre mondiali, quando la gran parte delle popolazioni arabo-musulmane era sottoposta al dominio franco-britannico. È, questa, una realtà che andrebbe ricordata un po’ più spesso, tanto per chiarire “chi minaccia chi”, e non da oggi…
Anche l’Italia aveva i suoi sudditi musulmani, tuttavia, l’obiettivo del Governatore della Libia Italo Balbo divenne il superamento del “vecchio concetto coloniale”, oltre l’“assimilazione” alla francese e il “governo indiretto” all’inglese. Tutti, musulmani compresi, per la cui spiritualità Mussolini ebbe a dichiarare più volte il più profondo “rispetto” (v. anche il mio “Il Fascismo e L’Islam”, All’insegna del Veltro, Parma 2001, e la trilogia di Stefano Fabei edita da Mursia), erano chiamati a contribuire alla riedificazione dell’Impero di Roma, rinnovato nella forma ma immutabile nello spirito. Quanto al Vicino Oriente, è naturale che la Palestina e l’Iraq cercassero nell’Italia un appoggio contro i loro sfruttatori (si pensi al sostegno italiano fornito alla prima grande insurrezione palestinese del 1936-38, oppure alla tentata rivoluzione in Iraq, nella primavera del 1941), per cui il documentario rappresenta anche una sobria e documentata risposta ai vaneggiamenti di chi cerca una fortuna editoriale a buon mercato agitando lo spauracchio del “fascismo islamico”, fondato sul nulla, o meglio sull’eterno e mistificante equivoco dell’antifascismo diffuso dagli anglo-americani, per cui la semplice definizione di “fascista” squalificherebbe di per se stessa chi ne viene colpito.
Il dopoguerra, pur nella tragica situazione creatasi per l’Italia, tradita, distrutta ed occupata, non vede dilapidare completamente gli insegnamenti della precedente “politica islamica” (così come non era stato possibile eliminare tutto lo “Stato sociale”…), grazie a statisti assennati quali Moro e Craxi. Sembra incredibile, ma solo vent’anni fa, in Parlamento, un Presidente del Consiglio, sotto lo sguardo costernato dei più ferrei referenti del “partito americano”, con le bave alla bocca per quanto avvenuto nella “notte di Sigonella”, sfoderava con notevole arte oratoria paragoni tra ‘Arafat e Mazzini… Vedere per credere.
Ma il documentario parla anche di Enrico Mattei e della sua lungimirante politica energetica (quindi politica tout court: le guerre, oggi, si fanno per quello, non per i burqa‘ e i “diritti umani”), schiantatasi simbolicamente e di fatto quando una provvidenziale manina pensò bene di manomettere l’aereo che lo riportava al Nord dopo un comizio in Sicilia… (si veda anche il bellissimo film di F. Rosi, “Il caso Mattei” (1972), con l’ex partigiano bianco - sul quale oggi la stampa ufficiale spruzza il solito ‘zolfo’ “fascista” per far credere che il controllo dei settori strategici dell’economia da parte dello Stato sia una cosa negativa - impersonato dal grande Gian Maria Volonté).
Purtroppo, la seconda parte del dvd (dal 1945 a oggi) risente di un’eccessiva compressione degli eventi, che non riescono a stare nei limiti di tempo imposti dalla produzione. Ma quel che contava, evidentemente, era la prima parte, quella sul Fascismo, davvero istruttiva, mentre per il resto, una volta stabilito che con la sconfitta, ormai, i margini di manovra erano risicati, giustamente sono stati messi in risalto i passaggi-chiave e le figure più significative. Emerge così che dopo “Tangentopoli”, e il killeraggio progressivo di politici col senso dello Stato e della funzione geopolitica dell’Italia, la vocazione mediterranea del nostro Paese è andata sempre più tradita… Il finale del dvd rischia poi di rovinare il tutto, con il superfluo e stucchevole siparietto sui piloti italiani prigionieri in Iraq nel 1991, l’immancabile richiamo all’11 settembre (come se tutti i problemi del mondo cominciassero da lì) e la “strage di Nassiriyya”, con la presenza militare italiana in Iraq (che oggi prosegue, nell’ombra, coi “contractors”) affiancata idealmente alla missione in Libano del 1982 soprattutto per far passare il messaggio che gli italiani sanno comunque “distinguersi” e farsi voler bene.

Renato Besana
(regia di), Italia e Islam. Dalla guerra di Libia a Nassiriya, Istituto Luce, Roma 2005 (dvd – 50 min ca.) (è da poco uscita una nuova edizione)
www.rinascita.info

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