La tragedia di Torino rappresenta il paradigma delle condizioni di lavoro nell’Italia di oggi.
Dopo anni di conquiste sociali, pagate a caro prezzo dai lavoratori del nostro Paese, adesso siamo ripiombati in una situazione ottocentesca.
Quelle che con molta ipocrisia la stampa nostrana chiama morti bianche - ma che occorrerebbe chiamare omicidi bianchi (4 morti al giorno) - sono causate da precise scelte delle imprese che trovano connivenze nel mondo politico.
A leggere le pagine dell’inchiesta di Jack London, datata 1902, sul “popolo degli abissi”, gli abitanti dell’East End degradato di Londra, sembra di specchiarsi e vedere ciò che accade nelle fabbriche e nei cantieri dell’Italia di oggi.
Oggi come allora assistiamo infatti ad orari di lavoro asfissianti, a situazione incredibili di mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro, ad una precarizzazione dei rapporti di lavoro che contribuisce ad aumentare gli infortuni nel proletariato del nuovo millennio.
Un altro dato sul quale riflettere è questo: le tante morti (omicidi) riguardano spesso i lavoratori stranieri, che occupano l’ultimo posto per i diritti nel mondo del lavoro, ed in particolare i rumeni che hanno il triste primato di morti e infortuni, in particolare nei cantieri.
I mandanti di questo sfacelo sociale sono quelle imprese che non investono sulla sicurezza, considerandola solo un fastidioso costo e che competono facendo leva su salari bassi, con il lavoratore spremuto al massimo e considerato alla stregua di una merce.
I mandanti sono ravvisabili anche fra le righe del decreto legislativo n. 66/2003 (governo Berlusconi) nel quale non è previsto alcun limite legale giornaliero di durata dell'orario di lavoro.
Ma questo non è tutto, perché basta scorrere il testo del Protocollo sul Welfare per vedere che la situazione continua ad aggravarsi: con l’innalzamento dell’età pensionabile, che crea lavoratori stanchi che non possono sobbarcarsi ore e turni massacranti a scapito della propria sicurezza, con la stabilizzazione di un quadro certo di precarizzazione dei rapporti di lavoro ed inoltre incentivando il ricorso agli straordinari con la decontribuzione (la maggior parte degli infortuni si registrano durante le ore in più nel luogo di lavoro).
Alcune precise questioni possono però essere affrontate subito nei provvedimenti in corso d’esame in Parlamento con:
- il ripristino di un tetto massimo di ore giornaliere
- l’eliminazione della decontribuzione sugli straordinari prevista dal Protocollo sul Welfare
- l’immediata destinazione di risorse alle Asl per prevenzione e sicurezza sul lavoro
- la previsione della sicurezza sul lavoro come materia di studio nelle scuole, contribuendo a costruire una cultura in tale direzione