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    Unhappy La realtà è sempre meglio (o peggio) della finzione!

    Notizie noachiche
    Maurizio Blondet
    22/12/2007
    Aveva chiamato il suo cane Adolf.
    Peggio: gli aveva insegnato ad alzare la zampa in quello che poteva essere un saluto nazista.
    Per questo Roland T., un berlinese di 59, è stato condannato a cinque mesi di prigione.
    Roland T. aveva avuto un incidente nel 1995, con insulto cerebrale.
    Dal 2003 aveva cominciato a dare segni di nazismo, alzando il braccio destro in pubblico e indossando t-shirts inneggianti al passato regime.
    Per questo ha subito varie condanne, sospese in considerazione della sua salute mentale.
    Ma quando ha insegnato al suo Adolf (un pastore tedesco di razza non pura, di anni 9), non ha avuto più scuse.
    In Germania, è reato penalmente perseguibile fare il saluto a braccio alzato, e ancor più insegnare ad altri - siano pure animali - a fare altrettanto.

    Adolf lo faceva con la zampa destra, scodinzolando per giunta, dimostrando con questo di non essere pentito delle sue colpe nell'Olocausto, come ogni tedesco deve essere, quale che sia il numero delle sue zampe.
    Al processo, Roland T. ha detto di aver chiamato Adolf il suo cane perché era nato nel giorno
    di compleanno del dittatore; ha aggiunto che, non potendo più mantenerlo a causa delle forti multe subìte per il suo comportamento, contava di sopprimere Adolf nel giorno del suicidio del Fuehrer.
    Rimasto senza padrone, Adolf è stato ricoverato in un canile.
    Molti hanno chiesto di adottarlo, essendo diventato famoso su scala locale.
    Ma, come ha spiegato la responsabile del canile, Evamarie Konig, la bestia va prima rieducata:
    «Lo stiamo riaddestrando a non alzare la zampa anteriore destra troppo in alto. Non vorremmo che venisse adottato per questa sua caratteristica da estremisti di destra».

    Frattanto gli hanno cambiato nome: ora si chiama Adi e comincia a dare la zampa, già pronto per una vita di cane democratico.
    Tutto questo è accaduto in Germania, dove scarseggia il senso dell'humour.
    E forse non c'è niente da ridere.


    Roland T. e il suo fido cane Adolf compiono il terribile gesto


    Ad un corso di rieducazione dovrà sottoporsi anche Marko Perkovic, se vorrà ottenere il visto per l'Australia.
    Non si tratta di un cane, se non forse in senso molto metaforico: Perkovic è una rock star molto nota in Croazia, e le sue canzoni pare contengano riferimenti favorevoli al regime Ustascia.
    Scritturato per una tournèe natalizia in Australia col suo complesso «Thompson», su invito della locale comunità croata, Perkovic s'è visto bloccare l'entrata dalla Anti-Defamtion Commissione del B'nai B'rith.
    Il cui presidente, Michael Lipshutz, ha intimato al ministro dell'immigrazione Chris Evans, di negare il visto a questo «individuo che è un polo d'attrazione per i razzisti e i nazisti».
    Grave imbarazzo del ministro, il cui ministero aveva già accordato il visto.
    Rapida la soluzione riparatrice: appena sbarcato in Australia, il cantante Perkovic sarà sottoposto ad una seduta psicologica per renderlo cosciente della «natura multiculturale della società australiana» e consigliarlo «di evitare ogni incitamento alla discordia nella comunità».
    Si spera così di guarirlo almeno temporaneamente del suo anti-semitismo.
    Gli United Croatian Club, il gruppo di croati che ha invitato il complesso «Thompson», ha assicurato che veglierà a che Perkovic non si produca in espressioni anti-ebraiche e in saluti fascisti durante la sua permanenza a Sidney.



    Perfettamente rieducato è invece apparso Robert Gates, il segretario americano alla Difesa fortemente sospettato in Israele di essere uno di quelli che hanno promosso la pubblicazione del rappprto NIE («Teheran non ha un programma nucleare militare dal 2003»).
    L'11 dicembre scorso, Gates ha partecipato ad una conferenza internazionale a Bahrain, dove ha focosamente fulminato la «minaccia iraniana».
    Tale minaccia «persiste», ha detto visti i propositi atomici di Teheran.
    Ed è «una minaccia per tutta l'area».
    Ragione per cui, ha concluso, tutti i paesi arabi devono premere su Teheran perché abbandoni il suo programma di arricchimento dell'uranio.

    A quel punto il ministro del Lavoro del Bahrain, Majid Al-Alawi, ha chiesto a Gates se non riteneva che «anche l'armamento nucleare sionista sia una minaccia per la regione».
    Gates ha taciuto per un attimo, e poi ha risposto: «No. Non credo affatto».
    La risposta è stata accolta da sonore risate nella sala, riempita da ministri ed alti dirigenti dei governi del Golfo.
    Il primo ministro del Katar, shaikh Hamad Bin Jassem Al-Thani, ha replicato: «Non possiamo nemmeno confrontare l'Iran con Israele. L'Iran è un nostro vicino, e non possiamo considerarlo un nemico. Israele sono 50 anni che si appropria di terre, ne caccia i palestinesi e interferisce con la scusa della sua sicurezza, gettando la colpa sull'altra parte».
    Abdul Rahman Al Attiyah, il segretario generale del consiglio, ha risposto a Gates: «Non considerare Israele una minaccia alla sicurezza nella regione è segno di una politica di pregiudizio basata sui due pesi due misure».

    Un anno fa Gates suscitò le ire della lobby israeliana perché, durante una deposizione davanti al Congresso, per spiegare come mai Teheran poteva cercare di costruirsi una bomba, aveva elencato
    i numerosi vicini dell’Iran che sono potenze nucleari: Russia, India, Pakistan e … Israele.
    Da allora non ha più parlato della cosa, ed anche a Bahrain s’è riferito al «programma nucleare» israeliano, quasi che fosse Teheran ad avere già l’atomica e non il regno di Sion.
    Chiaramente, il corso di rieducazione noachica ha ben funzionato su di lui, come sta funzionando
    su Adolf nel suo canile di concentramento.
    Sono i ministri arabi, piuttosto, che non appaiono né rieducati né molto ben educati.
    Devono ancora lavorare molto su se stessi: Arbeith macht frei.

    Maurizio Blondet




    --------------------------------------------------------------------------------
    Note
    1) «Howl Hitler: German who taught dog to give Nazi salute with its paw is jailed», Daily Mail, 21 dicembre 2007.
    2) «Counseling for ‘anti-semitic’ rockstar», AAP, 21 dicembre 2007.
    3) «Gates et le nucléaire au Moyen-Orient, et les rires des amis arabes», Dedefensa, 20 dicembre 2007.
    Non nobis Domine, non nobis sed nomine Tuo da gloriam

  2. #2
    Pasdar
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    Citazione Originariamente Scritto da Il Pretoriano Visualizza Messaggio
    Roland T. aveva avuto un incidente nel 1995, con insulto cerebrale.
    Dal 2003 aveva cominciato a dare segni di nazismo, alzando il braccio destro in pubblico e indossando t-shirts inneggianti al passato regime.
    Il resto dell'articolo è a dir poco incommentabile (meglio, si commenta da sè), ma la frase riportata... ne parlano ne più ne meno come se fosse una malattia infettiva.
    «Non ti fidar di me se il cuor ti manca».

    Identità; Comunità; Partecipazione.

  3. #3
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    NOTIZIE NOACHICHE
    di
    Maurizio Blondet
    Fonte: EffediEffe

    22/12/2007
    Il cane Adolf nella sua casetta prima della rieducazione

    Aveva chiamato il suo cane Adolf.

    Peggio: gli aveva insegnato ad alzare la zampa in quello che poteva essere un saluto nazista. Per questo Roland T., un berlinese di 59, è stato condannato a cinque mesi di prigione. Roland T. aveva avuto un incidente nel 1995, con insulto cerebrale. Dal 2003 aveva cominciato a dare segni di nazismo, alzando il braccio destro in pubblico e indossando t-shirts inneggianti al passato regime. Per questo ha subito varie condanne, sospese in considerazione della sua salute mentale. Ma quando ha insegnato al suo Adolf (un pastore tedesco di razza non pura, di anni 9), non ha avuto più scuse. In Germania, è reato penalmente perseguibile fare il saluto a braccio alzato, e ancor più insegnare ad altri - siano pure animali - a fare altrettanto.

    Adolf lo faceva con la zampa destra, scodinzolando per giunta, dimostrando con questo di non essere pentito delle sue colpe nell’Olocausto, come ogni tedesco deve essere, quale che sia il numero delle sue zampe. Al processo, Roland T. ha detto di aver chiamato Adolf il suo cane perché era nato nel giorno di compleanno del dittatore; ha aggiunto che, non potendo più mantenerlo a causa delle forti multe subìte per il suo comportamento, contava di sopprimere Adolf nel giorno del suicidio del Fuehrer. Rimasto senza padrone, Adolf è stato ricoverato in un canile. Molti hanno chiesto di adottarlo, essendo diventato famoso su scala locale.
    Ma, come ha spiegato la responsabile del canile, Evamarie Konig, la bestia va prima rieducata:
    «Lo stiamo riaddestrando a non alzare la zampa anteriore destra troppo in alto. Non vorremmo che venisse adottato per questa sua caratteristica da estremisti di destra».

    Frattanto gli hanno cambiato nome: ora si chiama Adi e comincia a dare la zampa, già pronto per una vita di cane democratico.
    Tutto questo è accaduto in Germania, dove scarseggia il senso dell'humour.
    E forse non c'è niente da ridere.



    Roland T. e il suo fido cane Adolf compiono il terribile gesto
    Ad un corso di rieducazione dovrà sottoporsi anche Marko Perkovic, se vorrà ottenere il visto per l'Australia. Non si tratta di un cane, se non forse in senso molto metaforico: Perkovic è una rock star molto nota in Croazia, e le sue canzoni pare contengano riferimenti favorevoli al regime Ustascia.
    Scritturato per una tournèe natalizia in Australia col suo complesso «Thompson», su invito della locale comunità croata, Perkovic s'è visto bloccare l'entrata dalla Anti-Defamtion Commissione del B'nai B'rith.
    Il cui presidente, Michael Lipshutz, ha intimato al ministro dell'immigrazione Chris Evans, di negare il visto a questo «individuo che è un polo d'attrazione per i razzisti e i nazisti».
    Grave imbarazzo del ministro, il cui ministero aveva già accordato il visto. Rapida la soluzione riparatrice: appena sbarcato in Australia, il cantante Perkovic sarà sottoposto ad una seduta psicologica per renderlo cosciente della «natura multiculturale della società australiana» e consigliarlo «di evitare ogni incitamento alla discordia nella comunità». Si spera così di guarirlo almeno temporaneamente del suo anti-semitismo. Gli United Croatian Club, il gruppo di croati che ha invitato il complesso «Thompson», ha assicurato che veglierà a che Perkovic non si produca in espressioni anti-ebraiche e in saluti fascisti durante la sua permanenza a Sidney.
    Perfettamente rieducato è invece apparso Robert Gates, il segretario americano alla Difesa fortemente sospettato in Israele di essere uno di quelli che hanno promosso la pubblicazione del rappprto NIE («Teheran non ha un programma nucleare militare dal 2003»).
    L'11 dicembre scorso, Gates ha partecipato ad una conferenza internazionale a Bahrain, dove ha focosamente fulminato la «minaccia iraniana».
    Tale minaccia «persiste», ha detto visti i propositi atomici di Teheran.
    Ed è «una minaccia per tutta l'area».
    Ragione per cui, ha concluso, tutti i paesi arabi devono premere su Teheran perché abbandoni il suo programma di arricchimento dell'uranio.

    A quel punto il ministro del Lavoro del Bahrain, Majid Al-Alawi, ha chiesto a Gates se non riteneva che «anche l'armamento nucleare sionista sia una minaccia per la regione».
    Gates ha taciuto per un attimo, e poi ha risposto: «No. Non credo affatto».
    La risposta è stata accolta da sonore risate nella sala, riempita da ministri ed alti dirigenti dei governi del Golfo.
    Il primo ministro del Katar, shaikh Hamad Bin Jassem Al-Thani, ha replicato: «Non possiamo nemmeno confrontare l'Iran con Israele. L'Iran è un nostro vicino, e non possiamo considerarlo un nemico. Israele sono 50 anni che si appropria di terre, ne caccia i palestinesi e interferisce con la scusa della sua sicurezza, gettando la colpa sull'altra parte».
    Abdul Rahman Al Attiyah, il segretario generale del consiglio, ha risposto a Gates: «Non considerare Israele una minaccia alla sicurezza nella regione è segno di una politica di pregiudizio basata sui due pesi due misure».

    Un anno fa Gates suscitò le ire della lobby israeliana perché, durante una deposizione davanti al Congresso, per spiegare come mai Teheran poteva cercare di costruirsi una bomba, aveva elencato i numerosi vicini dell’Iran che sono potenze nucleari: Russia, India, Pakistan e … Israele.
    Da allora non ha più parlato della cosa, ed anche a Bahrain s’è riferito al «programma nucleare» israeliano, quasi che fosse Teheran ad avere già l’atomica e non il regno di Sion.
    Chiaramente, il corso di rieducazione noachica ha ben funzionato su di lui, come sta funzionando
    su Adolf nel suo canile di concentramento.
    Sono i ministri arabi, piuttosto, che non appaiono né rieducati né molto ben educati.
    Devono ancora lavorare molto su se stessi: Arbeith macht frei.


    Maurizio Blondet

 

 

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