....da Baghdad.
Intervista al Gen. Petraeus
Per garantire sicurezza alla popolazione devi viverci assieme
Baghdad, dai nostri inviati.
“La guerra è vinta quando le mie sentinelle fanno la guardia al tuo palazzo”, diceva il generale americano Dwight Eisenhower.
In Iraq la guerra contro Saddam e il partito nazionalsocialista Baath è stata vinta.
Ma, come un organismo già indebolito è aggredito più facilmente da altre malattie, così nell’Iraq post invasione del 2003 sono proliferati gli squadroni della morte paramilitari di al Qaida e delle milizie sciite.
Il secondo tempo della guerra in Iraq è stato incredibilmente più violento ed è costato molte più
vittime, sia tra la popolazione irachena sia tra i militari.
Il generale David H. Petraeus, che ha assunto il comando nel febbraio scorso, con la sua nuova strategia sta invertendo la direzione delle cose, anche se resta ancora molto da fare.
Il Foglio - Qual è stato il fattore che più ha contribuito al miglioramento della sicurezza?
L’aumento del numero dei soldati?
La collaborazione con la popolazione irachena?
Il cessate il fuoco siglato con l’esercito del Mahdi di Moqtada al Sadr? O qualche altro fattore?
Petraeus - E’ tutto quanto assieme, è un’equazione, c’è un numero di fattori che porta alla riduzione della violenza. In una zona di al Qaida come Ghaziliya sud, quello che ha fatto la differenza è stato il dispiegamento di forze americane e irachene, di truppe addizionali irachene nel quartiere: non avevamo avamposti per pattugliare, e adesso invece –come potete vedere – ci sono i Jss (Joint security stations). E’ stata la graduale riduzione delle capacità di al Qaida nella provincia di al Anbar come in alcuni quartieri di Baghdad, e alla fine il rifiuto crescente da parte della popolazione sunnita di al Qaida. Hanno cominciato ad associare sempre di più al Qaida alle ideologie estremiste, per la sua violenza anche contro i sunniti, per le sue pratiche oppressive. In certe aree hanno tagliato le dita alle persone che fumavano. Tutte queste cose hanno cominciato a pesare attorno al collo di al Qaida. I sunniti, poi, hanno compreso che non avrebbero più governato questo paese, l’hanno accettato, ma hanno anche realizzato che non per questo la provincia di al Anbar non debba essere un bel posto dove vivere, dove crescere una famiglia, dove avere un lavoro. Certamente non sarà un bel posto finché al Qaida è là fuori. Se si allarga lo sguardo e si va a nord di Ghaziliya, c’è anche il cessate il fuoco di Moqtada al Sadr che sta diventando più importante, ma ci sono ancora operazioni contro le frange fuori controllo dell’esercito del Mahdi che violano la tregua, e c’è un altro punto interessante: la popolazione sciita che si oppone alle milizie sciite perché non ha più bisogno della loro protezione contro al Qaida o contro i guerriglieri sunniti. Gli sciiti sono diventati meno tolleranti nei confronti di queste gang mafiose armate nelle strade, che estorcono denaro ai negozianti, sequestrano le automobili e commettono violenze.
E adesso c’è un po’ di revival economico, i mercati ricominciano ad aprire, c’è di nuovo una piccola opportunità di funzionamento per certe forme di capitalismo, ci sono cittadini volontari organizzati che conoscono i quartieri e non vogliono che al Qaida torni, vogliono contribuire alla sicurezza e in molti casi vorrebbero essere parte delle forze di sicurezza irachene. Tutto questo è
un cambiamento radicale considerando il boicottaggio delle elezioni parlamentari dei sunniti nel gennaio del 2005, e il fatto che in generale non erano intenzionati a partecipare al governo.
Ma ora realizzano che ok, magari non sono al potere a Baghdad, ma questo non significa che non possano avere la propria quota di risorse del paese. Ad al Anbar per esempio hanno avuto il 140 per cento in più in termini di budget rispetto a quello che avrebbero dovuto ricevere in origine,
107 milioni di dollari per il bilancio del consiglio provinciale, più 140 mila dollari per la ricostruzione provinciale, più altre seimila licenze aggiuntive per poliziotti e altri posti di lavoro governativi.
In più hanno avuto la riapertura del valico di al Khaim dopo due anni e mezzo, un’accademia di polizia a Habbaniyah e un’unità per l’addestramento alle armi e ancora, ancora, ancora, e ogni ministero ha iniziato a mettere soldi nelle attività che gli competono. Siamo ai primissimi progressi, al Qaida rimane molto pericolosa, vediamo con tristezza che vuole ancora fare azioni
violente, ma con molta meno frequenza. Perché quartieri come Ghaziliyah, Aramiyah e Adamiyah sono stati ripuliti. C’è ancora molto da fare, non fraintendetemi, per favore, non pensate che
ci sia qualcuno che indossi l’uniforme nella missione Mnf-I che stia festeggiando o facendo danze di vittoria oltre la linea di meta, come si dice nel football.
I progressi comunque ci sono.
La riduzione degli attacchi del 60 per cento in sei mesi è significativa.
Sono sicuro che voi avete visto i risultati per le strade di Baghdad.
C’è traffico.
Abbiamo visto persone fare canottaggio sul Tigri. Quando l’ho detto in giro, mi hanno chiesto quanti giorni i corpi sono rimasti in acqua.
F - Come ha fatto a motivare i suoi soldati ad affrontare rischi più grossi fuori dalle loro basi per realizzare la sua nuova strategia, dopo quattro anni di guerriglia logorante?
P - Prima di tutto i nostri manuali di counterinsurgency, i nostri corsi, il nostro sistema di educazione professionale e militare: tutto questo è cambiato negli anni. Il messaggio molto chiaro che ne è uscito è stato ancora una volta: per garantire sicurezza alla popolazione devi viverci assieme. Per cambiare organizzazioni e istituzioni devi cambiare prima le grandi idee, la dottrina, quindi i vertici, che sono stati educati a questo, poi lo metti in pratica e lo fai. I nostri ufficiali l’hanno capito e sono stati pronti a farlo.
Il generale Ray Odierno merita un enorme riconoscimento, è stato l’architetto a livello operativo, come “corp commander”.
Tutto è iniziato con le Jss, e con le basi di pattugliamento, poliziotti, outpost di combattimento, i posto di blocco, c’è bisogno di tutto questo e di un numero consistente di persone per mantenere un’area che è stata modificata.
In tutto questo gli iracheni sono stati molto importanti, hanno aggiunto oltre 100-110 mila soldati e poliziotti – molto oltre il nostro “surge” – e 75 mila volontari. E questo è quello che ci permetterà di restringerci, se lo faremo, e di ritirarci.
F - Sul piano personale, qual è stato il momento più difficile durante l’applicazione della sua strategia? Ha mai avuto dubbi sul fatto che avrebbe funzionato?
P - Abbiamo avuto tempi duri e ho già detto “questo sarà difficile prima di diventare facile” e l’ho ripetuto più di una volta. Lo sapevamo: quando metti un avamposto in un’area che è un santuario di al Qaida, ti combatteranno. Ed è per questo che noi e la nostra controparte irachena… a proposito, ci si focalizza molto sulle forze della Coalizione, ma le perdite degli iracheni sono due, tre volte le nostre, loro stanno combattendo e morendo per il proprio paese.
Quando siamo andati più all’offensiva per bonificare questi santuari di al Qaida, come a Baquba e a Ramadi, loro c’erano e avevano relativamente mano libera, quando abbiamo messo basi avanzate in queste zone, al Qaida ci ha lanciato contro autobomba multiple, anche contro i muri delle basi, l’onda d’urto poteva uccidere i soldati all’interno. Abbiamo avuto questi mesi difficilissimi, maggio e giugno, quando abbiamo dovuto dare la caccia ad al Qaida e affrontare quello che in gergo militare si chiamano difese organizzate.
A Baquba per quasi un anno ci sono stati Ied, non si poteva circolare ad Amariyah se non in un carroarmato o in un veicolo da battaglia.
A Ramadi non potevi andare da Camp Diamond al Palazzo del governatore se non in un carroarmato. Se lo facevi eri colpito immancabilmente da un Rpg, e forse da Ied.
Ricordate la Iris Route verso l’aeroporto? Era pericolosa perché non eravamo stati in grado di ripulire Amariyah, proprio a nord della strada. Ci sono stati tempi duri e momenti difficili, per il generale Odierno, per me e per altri ufficiali, ed è stato duro prima che diventasse più facile.
Ci saranno altri giorni duri, non c’è nessuno che neghi che al Qaida è stata abietta, crudele, indiscriminata, senza rispetto per la vita umana e per le infrastrutture, e non c’è nessuno che neghi che ci sono alcuni estremisti appartenenti alle milizie che non osservano il patto d’onore siglato da Sadr e che continuano a portare avanti azioni violente contro gli iracheni e la Coalizione facendo precipitare la violenza a Qarbala, durante le feste sacre.
E’ imbarazzante e triste che uno dei maggiori eventi dell’anno islamico sciita sia devastato dalle milizie.
www.ilfoglio.it del 22 dic 07
saluti