Roma. La convinzione sempre più diffusa nel Pd è che “il partito della guerra” sia tornato a colpire.
Dopo le telefonate Berlusconi- Saccà pubblicate da Espresso e Repubblica - accompagnate persino, su Internet, dal “file audio” – a sinistra sono in molti a preoccuparsi.
“Dalle trascrizioni al file audio abbiamo sceso un ulteriore gradino, tra un po’ avremo anche il video”, commenta Giorgio Tonini.
“Qui la distinzione non è tra berlusconiani e antiberlusconiani, ma tra terroristi dell’informazione e persone perbene”, dice Peppino Caldarola. In molti parlano di una vera e propria “campagna” contro il dialogo sulle riforme, guidata da Carlo De Benedetti, che nelle ultime settimane avrebbe ricominciato a tessere la sua rete di relazioni.
Mercoledì, nella sua casa di Roma, l’ultimo di una serie di incontri politico-conviviali. Ospiti, tra gli altri, la direttrice dell’Espresso, Daniela Hamaui, e il capogruppo del Pd in Senato, Anna Finocchiaro

Roma.
Le intercettazioni telefoniche pubblicate in questi giorni da Espresso e Repubblica suscitano a sinistra reazioni molto diverse. Colpisce, in particolare, la scelta di rendere disponibile su Internet la registrazione della conversazione tra Silvio Berlusconi e Agostino Saccà. “Dalle trascrizioni al file audio abbiamo sceso un ulteriore gradino, tra un po’ avremo anche il video”, commenta Giorgio Tonini.
Un gradino verso il basso, ma anche un “salto tecnologico” simile a quello della “docu-fiction” sul caso Forleo - a proposito di una vicenda che tocca altre intercettazioni e altri intercettati – mandata in onda giovedì sera da Michele Santoro.
La prima reazione di buona parte della sinistra, fino a ieri, è stata analoga a quella di Romano Prodi: “Subito una legge per le tv”.
Concentrata cioè sul merito delle conversazioni tra Berlusconi e Saccà.
Nel Pd, però, c’è anche chi la vede diversamente, nella convinzione che il vero scandalo non sia la conversazione, ma la sua pubblica diffusione.
“Siamo ben oltre il diritto di cronaca – dice per esempio Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità e oggi deputato del Pd – la messa in rete di una conversazione privata è una cosa indegna, e dinanzi a questo la distinzione non è tra berlusconiani e antiberlusconiani, ma tra terroristi dell’informazione e persone perbene”.
E anche da Palazzo Chigi, nel pomeriggio, si spiega che un decreto sulle intercettazioni non è all’esame, ma “se ne può discutere”.
Il quotidiano di Rifondazione comunista, Liberazione, ieri ha scelto un titolo salomonico: “Intercettate le volgarità di Berlusconi (ma non si fa così la lotta politica)”.
Va detto, però, che il giornale ha sempre tenuto una posizione fermamente garantista.
Ben diversa, per esempio, da quella dell’Unità, che ieri titolava a tutta pagina: “Berlusconi-Saccà, vergogna senza fine”.
Anche tra gli indignati, a sinistra, le posizioni sono però molto diverse. “Siamo dinanzi a un compromesso malvagio tra mezzi d’informazione e apparati dello stato a fini di lotta politica”, dice Caldarola.
Tonini, al contrario, dice di non porsi il problema di eventuali “effetti politici”, perché una simile prassi è “grave in sé, a prescindere dai suoi effetti”.
Il problema semmai è che “la politica è disarmata nel chiedere limitazioni, perché in fondo questa invasione della privacy colpisce i protagonisti di qualunque fatto di cronaca”.
Enrico Morando parla di “controllatissime e centellinatissime” fughe di notizie, si dice favorevole al varo di un decreto “equilibrato” in materia, ma neanche lui se la prende troppo con la stampa, comprendendo “la tentazione della notizia”.
Nel Pd sono però sempre di più quelli che il problema degli “effetti politici” – e del ruolo della stampa – se lo pongono, eccome.
In molti parlano di una vera e propria “campagna” contro il dialogo tra Silvio Berlusconi e Walter Veltroni.
Una campagna guidata dall’editore del gruppo Espresso-Repubblica, Carlo De Benedetti, che nelle ultime settimane avrebbe ricominciato a tessere la sua rete di relazioni, a sinistra, per riaffermare il suo ruolo di “tessera numero uno” del Pd.
Mercoledì, nella sua casa di Roma, si sarebbe celebrato così solo l’ultimo di una serie di incontri politico-conviviali. Ospiti, tra gli altri, la direttrice dell’Espresso, Daniela Hamaui, e il capogruppo del Pd in Senato, Anna Finocchiaro. La convinzione sempre più diffusa nel Pd è che “il partito della guerra” sia tornato a colpire.
“Perché la guerra produce un’economia – sostiene Caldarola – e quando qualcuno avanza un progetto di pace, a coloro che vivono di guerra appare come un modo di buttarli fuori dal mercato”. Un mercato fatto di “libri, giornali e non solo”.
In serata, con l’immediato plauso dei Verdi, da Palazzo Chigi si corregge nuovamente il tiro: “No a provvedimenti d’impulso sulle intercettazioni”.
E’ dunque su questo fronte, a quanto pare, che si potrebbe consumare l’ennesimo colpo di scena nella complicatissima trama dei rapporti tra premier, segretario e gruppi dirigenti del Pd.
Caldarola ne è convinto: “Su questa vicenda, che è una questione strategica, tutte le correnti del partito stanno con Veltroni”.

www.ilfoglio.it del 22 dic 07

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