Un felicissimo Natale,il miglior anno possibile,ad ognuno.
Un felicissimo Natale,il miglior anno possibile,ad ognuno.
Grazie Steppen. Altretanto a te e a tutti gli amici Liberali Anarchici, Atei o Cattolici che siano. Un abraccio sincero e tanta felicità per il nuovo anno, a voi, le vostre famiglie e la vostra casa.
Buon Natale!
auguroni a tutti, il 2008 sarà un bellissimo anno, me lo sento.
Buone feste a tutti gli amici libertari, per un 2008 all'insegna della libertà.
Auguri a tutti. Anch'io condivido il presentimento di Jefferson, forse perché peggio del 2007 difficilmente potrebbe andare... o no?
Auguri di buone feste a tutti.
Almeno a Natale lasciateci consumare
di Alberto Mingardi
Fra il presepe che non si fa più e la retorica del sacrificare il tempo rubato al lavoro per ritrovare gli affetti veri, capita in questi giorni quello che capita ad ogni Natale. Ci vengono rovesciate addosso intere pentole di melassa. C’è in giro più moralismo che uvette nei panettoni. E il filo a cui s’annoda è sempre lo stesso: la nostra invariabile tendenza a “commercializzare” il Natale, l’averlo aggiunto al catalogo delle feste comandate del consumismo, confondendo nostro Signore e i baci di San Valentino.
A uno sguardo più attento, però, la “commercializzazione” del Natale è lo strumento grazie a cui resta in circolo quel sentimento che dovrebbe separare queste giornate da tutte le altre: la gioia. Quest’alluvione di luci, quest’impazzito rincorrersi di regali, questo folle girare di negozio in negozio trascinandosi dietro una carovana di sacchetti, è qualcosa per cui dire grazie.
Chi si sia fatto prendere dal turbine dello shopping prenatalizio, è stato subito costretto ad imparare ciò che mai avrebbe sospettato: fare shopping è molto più faticoso che lavorare. Si vagabonda, il più delle volte avendo in mente solo una vaga idea di quello che vorremmo acquistare. Poi, una volta identificato un oggetto che potrebbe andar bene, parsimonia impone di controllare bene il prezzo e, avendo tempo, di cercare un surrogato. Viste due o tre alternative, ci si concentra sui fattori che possono determinare la nostra scelta: quanto costa, certo, ma anche la presenza di caratteristiche diverse, il colore, la fattura. Cercate un regalo per dei bambini, e sarete devastati da problemi così. Entrando da un giocattolaio, si finisce sempre per sbattere il naso contro qualche ondeggiante piramide di peluche. I giochi “educativi”, quelli che all’età nostra facevano pena e uno pregava che Babbo Natale li smistasse sempre nelle calze degli altri, ora ammiccano disgustosamente invitanti persino per i più grandi.
I più fortunati, per lavoro, piacere o altro, quest’anno lo shopping di Natale lo fanno a New York, risparmiando col cambio quello che hanno speso d’aereo. Santa Claus si è trasferito qui, altro che Polo nord. E fra qualche quarto di dollaro gettato agli scampanellatori dell’esercito della salvezza e il cinematografico albero di Natale del Rockefeller center, capita d’incontrare, fermi a un semaforo, due ragazzini di Harlem che si passano freneticamente un palmare su cui stanno giocando una partita a scacchi.
Questo per dire: la società dei consumi è una cosa complicata. Imbrigliarla in stereotipi è difficile, impossibile. Un po’ perché il mercato non ha direzione. Gli imprenditori fanno a gara per anticipare i desideri e i bisogni dei consumatori: non per cambiarli. Non esiste criterio estetico che vinca sull’intrecciarsi di domanda ed offerta. E un po’ perché c’è ben poco di decadente in questo mondo che tanto venera le “cose”. Il regalo resta per definizione il segno d’affetto. Nel “dono”, c’è dentro tutto il donatore, il suo sentimento, la sua voglia di darci qualcosa che vale e la sua capacità di guardarci dentro. Tutto questo non viene depresso, ma esaltato, dall’aumento del numero delle boutique. Acquistare è più semplice, ma scegliere è più difficile. Ci vuole più amore.
E poi, non si può mai dire se un regalo è l’ultima frontiera della frivolezza, o la prima di qualcosa d’altro. Sui computer tascabili di ultima generazione, si leggono poesie. Persino nelle cose piccole, c’è qualche miracolo. Ogni volta che scarteremo un dono, il 25, staremo guardando il lavoro di molte mani. Chi l’ha pensato, chi l’ha costruito, chi l’ha fatto viaggiare nel mondo, chi l’ha saputo vendere. Nessuna di quelle cose sarebbe stata producibile da un uomo soltanto, su un’isola deserta. Non solo nelle più complesse diavolerie elettroniche, ma nei più semplici dei giochi ci sono materiali ed esperienze che vengono dai quattro angoli del globo. Pagando per ciascuno di quei prodotti, abbiamo fatto assai di più che con pochi spicci di elemosina: abbiamo contribuito a garantire un lavoro, anche ai più umili partecipanti della catena della produzione.
A Natale, il mondo non è unito dal rosario di buone intenzioni che viene sgranato persino dai più laicissimi. E’ unito - fisicamente, materialmente, nel su e giù delle navi e degli aerei - da questo scambiarsi pacchetti. Fidatevi: più sarà commerciale, e più sarà Natale.
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Buone feste a tutti!