L’intervista di Felice Cavallaro (dal Corriere della Sera del 27.12.2007)
Michele Costa : non è colluso, mio padre lavorò con lui e mia madre lo difese al processo.
Il figlio di una vittima di mafia: va liberato
Dal nostro inviato
Palermo- “Parlano senza sapere. Si oppongono alla grazia per Bruno Contrada ignorando che il provvedimento del capo dello Stato non smentisce la sentenza di condanna”.
Si rivolge direttamente a Rita Borsellino l’avvocato Michele Costa, un amministrativista orfano del procuratore della Repubblica ucciso a Palermo nel 1980 e di Rita Bartoli, una colonna dell’antimafia in Sicilia, eletta dopo il sacrificio del marito deputato del Partito comunista, testimone eccellente al processo Contrada dove difese il superpoliziotto da ogni accusa.
“La Borsellino, come la figlia di Scopelliti o la vedova di Caponnetto parlano confondendo il piano umanitario con quello giudiziario. Mentre per principio la grazia non smentisce la sentenza”.
F. Cavallaro: Ma lei è scettico anche sulla condanna?
“Altro caposaldo di diritto è che una sentenza passata in giudicato rappresenti la verità. Ciò non significa però che i verdetti, scritti dagli uomini, non possano essere a volte sbagliati. E in questo caso esistono nodi essenziali che i giudici non hanno saputo né potuto sciogliere”.
F. Cavallaro: Il più aggrovigliato?
“L’ipotesi non dimostrata che, fino ad una certa data, Bruno Contrada era un eccellente poliziotto, improvvisamente colluso con la mafia. Tutto senza un’apparente ragione”.
F. Cavallaro: Sono le accuse dei pentiti
“Parole, non fatti. Mentre quasi tutti gli inquirenti che con lui hanno lavorato anche ad altissimo livello hanno escluso ogni dubbio sui suoi comportamenti”.
F. Cavallaro: Vede che parlando di “grazia” si scivola sui contenuti del processo?
“ La grazia verrà concessa o meno senza incidere sulla sentenza. Anzi, paradossalmente confermandone il contenuto“ .
F. Cavallaro: E lei dice per questo che la Borsellino sbaglia…
“Sbaglia soprattutto nell’emettere giudizi così duri su una vicenda che ha creato tanti dubbi in tante persone che il processo hanno seguito e conoscono bene”.
F. Cavallaro: Conferma la fiducia espressa da sua madre per Contrada?
“Pienamente. Alcune delle più importanti inchieste di cui si era occupato mio padre erano il frutto del lavoro di Contrada. Il rapporto redatto sull’omicidio di mio padre e fatto proprio sia dai Carabinieri sia dalla Guardia di Finanza era tanto completo e fondato da essere stato confermato dieci anni dopo dalla Corte di Assise di Catania”.
F. Cavallaro: Eppure, resiste anche fra alcuni familiari di vittime di mafia la macchia di un personaggio obliquo, capace di fare il doppiogioco, addirittura di tradire colleghi come Boris Giuliano.
“Questa è la menzogna più grande che si sia potuta sentire in Sicilia. Come ben sanno la moglie e i figli di Giuliano. Dai quali mai è venuta una parola contro Bruno Contrada.
F. Cavallaro: Altri picchiano duro.
“Tanti parlano senza sapere niente di niente, orecchiando le declamazioni di qualche oratore di un’antimafia carica di retorica. Né l’essere figlio, fratello o sorella di un giudice o di un poliziotto assassinati dà titolo per capire, sapere o giudicare su tutto. Al contrario, bisogna tirare fuori fatti concreti. Come l’inchiesta sul delitto di mio padre. Fatta da Contrada in un contesto dove altri tentavano di minimizzare la causale dell’omicidio riducendola alla bravata di un bamboccio. E questo comportamento allora e oggi io ritengo non possa essere neppure sospettato di essere l’atteggiamento di un poliziotto colluso”.