Donne, giovani, partecipazione, la base
di Massimo Alulli* e Gianluca De Angelis*
su Liberazione del 30/12/2007
Disparità di genere, età medio-alta, turn-over degli iscritti, il lavoro centrale (ma con critiche al partito e al sindacato)
Che partito è Rifondazione comunista nel 2007? In un anno di lavoro, l'inchiesta fa il punto sul Prc per tracciarne un identikit ai tempi della crisi della rappresentanza e della sfiducia dilagante verso la politica. Qui diamo conto in forma assai ridotta dei primi elementi emersi.
La seconda fase dell'inchiesta si basa su 1761 questionari (per i dati relativi alla prima fase dell'inchiesta consultare le pagine dell'area organizzazione-inchiesta su www.rifondazione.it), raccolti tra gli iscritti del Prc in tutta Italia. Se confrontati con quelli del tesseramento 2006, i dati confermano che la disparità di genere caratterizza il partito: 29,6% donne a fronte di 70,4% uomini. L'età media è di 41,7 anni. I giovani con meno di 29 anni sono il 22,7 %, gli iscritti tra i 30 e i 44 anni e tra i 45 e 64 sono rispettivamente il 29,1 % e il 39,5 %. Gli ultrasessantacinquenni sono l'8,8 %.
L'inchiesta conferma e quantifica l'esistenza di un forte turn-over degli iscritti nel Prc: Il 41,6% di essi ha preso la tessera dopo il 2001 (cioè, dopo Genova). Il dato incoraggiante è che tra gli iscritti più recenti c'è una quota maggiore di donne e giovani. Tra quanti si sono iscritti dopo il 2001 le donne sono il 34,5%, e i giovani al di sotto i 29 anni sono ben il 42,8%.
Quanto al titolo di studio, la maggioranza si attesta su un livello medio (diploma) nel 48% dei casi, mentre il 28% è caratterizzato da un basso livello (elementare o media inferiore). I laureati sono il 22% .
Il rapporto con il lavoro e il sindacato
Tra le occupazioni svolte dagli iscritti emergono per lo più quelle di impiegato (18,7%) e operaio (13,8%). Molti sono tuttavia gli iscritti che non svolgono attività professionali, come gli studenti (13,9%), pensionati (15,3%) e disoccupati (7,2%).
Quanto alla posizione contrattuale, la situazione interna al Prc è in linea con quanto accade nella società italiana (in riferimento ai dati ISFOL 2007), visto che tra chi ha un contratto il 62,5% lo ha a tempo indeterminato, il 24,1% è nella "fascia grigia" del precariato, ed il 10,8% si dichiara lavoratore in nero.
Seppure buona parte degli intervistati siano iscritti ad un sindacato (il 45,7% e ben il 40% alla Cgil), di questi solo il 26,3% dichiara di partecipare direttamente alle sue attività. Percentuale che scende al 19,5% per i lavoratori precari. Nel caso dei precari invece sembra che si richieda al Prc di svolgere un ruolo che il sindacato non è in grado di svolgere: essi dichiarano che è il proprio circolo del Prc ad aver promosso lotte e vertenze sul lavoro (73,4% a fronte del 61% dei garantiti). Resta però un atteggiamento critico anche verso lo stesso Prc: per il 20,5% dei precari "il partito è lontano dai problemi del lavoro" (contro il 14% dei lavoratori garantiti).
Tra i temi cui gli iscritti del Prc dichiarano di interessarsi, il lavoro resta quello più citato (dal 46% degli intervistati), ma nonostante questo sul lavoro si pratica iniziativa politica non più che su altri temi. A dichiarare di aver praticato vertenze sui posti di lavoro, infatti, è il 23,2% degli intervistati. Si praticano di più vertenze territoriali (il 28,8%), ma le attività politiche più diffuse sono quelle che attengono alla "tradizione" propria del partito: attacchinaggi e volantinaggi (62,6%), manifestazioni di piazza (72,6%), feste di Liberazione (57%).
Istituzioni tra buone pratiche e autoreferenzialità
Il rapporto tra il Partito e i suoi rappresentanti istituzionali sembra essere più efficace a livello di prossimità, mentre a livelli più alti di rappresentanza emerge una incomunicabilità reciproca. Se infatti il 60,5% di chi risponde afferma che con i rappresentanti del Prc nei comuni "si discute e si prendono le decisioni insieme", questo dato scende al 36,8% per quanto riguarda le istituzioni provinciali e al 26,3% per quelle regionali.
Nelle istituzioni è assai evidente la contraddizione di genere: la presenza istituzionale femminile è ancora limitata al 20,6% degli eletti del Prc. Altro dato critico riguarda l'età dei rappresentanti istituzionali: la fascia di età tra i 45 e i 64 anni è la più numerosa con il 51,5% del totale degli eletti. Gli istituzionali del Prc sono però allo stesso tempo molto conflittuali: il 57,7% di essi dichiara di aver preso parte a vertenze territoriali
Altro elemento positivo è la tendenza degli eletti del Prc a svolgere attività associative (il 67,5% è iscritto ad associazioni), segno di una permeabilità delle attività istituzionali del Prc alla società civile.
Il dato critico più lampante riguarda invece la tendenza all'accumulazione di incarichi: tra chi ha incarichi istituzionali ben l'85,8% ha anche incarichi di partito. In piccole realtà questo dato può essere fisiologico ma una tale diffusione, insieme a indicatori di scarso turn-over tra gli istituzionali, evidenzia il rischio che si costituisca una sorta di "nicchia istituzionale" separata dal partito.
La sinistra, il governo, il movimento
Sul processo unitario a sinistra emerge un atteggiamento prevalentemente positivo, accompagnato però da una diffusa volontà di affrontare i nodi che esso comporta.
Certo, il 48% degli intervistati (considerando però un elevato numero di risposte assenti, è il 63% di chi ha risposto) è d'accordo sull'"impegnarsi in tempi rapidi per la costruzione di una forza di sinistra unitaria". Ma sono altrettanto e più numerose le "qualificazioni" e i "paletti" che si chiedono in questo processo: il 55% sottolinea la necessità di "porre discriminanti politiche", oltre il 40% dice che "è meglio una federazione piuttosto che l'unità organica". Il 37% vede il rischio che questo processo si riduca a una "operazione di vertice".
Meno numerose, ma non assenti (comunque al di sotto del 30%) sono le posizioni che sembrano esprimere un rifiuto di questo processo unitario.
Anche sul tema del governo emerge un giudizio complesso, che tiene insieme la necessità del confronto con l'esperienza di governo e quella di una azione più incisiva: a ritenere l'esperienza di governo positiva "perchè porta a misurarci con i problemi reali" è il 48% degli intervistati. Ma è ben più significativa la percentuale di coloro per i quali la valutazione dell'esperienza di governo "dipenderà dal peso che sapranno esercitare le forze di sinistra nel governo", affermazione condivisa da quasi due terzi degli intervistati (63,3%). Vengono poi risposte più direttamente critiche, ciascuna con circa il 37% delle indicazioni: "rischia di produrre effetti degenerativi" e "ostacola il nostro rapporto con i movimenti". Infine, la risposta "potrebbe esercitare uno stimolo positivo, ma il nostro partito non è all'altezza" ottiene il 18,6% di consensi.
La fase politica e l'identità
A influire con forza sulle percezioni e gli atteggiamenti delle/degli iscritte/i nei confronti della fase politica è il loro impegno o meno in realtà territoriali di movimento. Chi infatti dichiara che nel proprio territorio è attiva una rete con soggetti esterni al Prc (il 12,5%) tende a mostrarsi in generale più "ottimista" sulla situazione politica. Ben il 75% di quanti sono attivi in reti di movimento si dice favorevole alla prosecuzione di un processo unitario a sinistra. Valutazioni più ottimistiche (anche se non acritiche) riguardano anche l'esperienza di governo.
C'è da osservare come quanti fanno parte di reti di movimento dichiarino al contempo di essere più attivi nel partito: tra essi solo il 24,7% dichiara di frequentare il circolo meno di una volta a settimana, dato che tra quanti non hanno relazioni con realtà esterne al Prc sale al 34,5%.
Attraverso la costruzione di indici, quindi, sembrano emergere due "gruppi" caratterizzati da atteggiamenti diversi verso la fase politica: il primo "tipo" che emerge, con più nettezza anche se in posizione nettamente minoritaria (meno del 20%), è quello che potremmo chiamare "identitario", cioè fortemente concentrato sull'identità del Prc, che considera in qualche modo autosufficiente. Non a caso, c'è una larga coincidenza tra chi dice che la Sinistra Europea rischi di far perdere identità al partito, e chi dice che il Prc è il polo sufficiente attorno a cui aggregare la sinistra in Italia. Nettamente maggioritarie sono invece le posizioni "aperte" su ambedue i problemi, per quanto tra esse si riscontrino comunque puntualizzazioni critiche e diversi punti di vista.
L'inchiesta, lungi dal poter sostituire il dibattito politico tra gli iscritti, può però fornire elementi per riflettere sulle tante realtà di un partito fatto di esperienze di apertura al territorio e alla società, così come di realtà di chiusura e autoreferenzialià. Realtà diverse, luci e ombre che vale la pena di continuare a indagare fino in fondo.
*Dip. Naz. Inchiesta
http://www.esserecomunisti.it/index....Articolo=20693