Professionisti dell'antimafia?

Vent'anni dopo, una nuova polemica su una brutta polemica scatenata da Leonardo Sciascia. Con la solita esclusione dei fatti. Eccoli qui. Il testo di Sciascia. L'intervento di Nando dalla Chiesa


Chiedere scusa a Sciascia, come chiede Pierluigi Battista sul Corriere? Ma per che cosa? Innanzitutto i fatti, come sempre oscurati e dimenticati nelle polemiche giornalistiche italiane.
1. Leonardo Sciascia, scrittore siciliano che ha insegnato che cos'è la mafia a più generazioni, il 10 gennaio 1987 pubblica sul Corriere un lungo articolo titolato: "I professionisti dell'antimafia". Nella prima parte discute di un libro di Christopher Duggan sulla mafia durante il fascismo, sostenendo che che l'antimafia può raggiungere «un potere incontrastato e incontrastabile» e trasformarsi in uno «strumento di potere». Nella seconda parte dà concretezza a queste astratte riflessioni, portando due esempi. Quello del sindaco di Palermo Leoluca Orlando (senza farne il nome) e (con nome e cognome) quello di Paolo Borsellino, appena diventato procuratore di Marsala «per meriti antimafia». Sciascia era stato spinto a scrivere dal magistrato candidato procuratore che, benché avesse maturato un'anzianità maggiore, era stato sconfitto da Borsellino. La competenza e la professionalità avevano finalmente battuto, forse per la prima volta, le ragioni dell'anzianità.
2. Nessuna reazione all'intervento di Sciascia. Finché il Coordinamento antimafia di Palermo (300 iscritti) emette un duro comunicato che critica Sciascia, afferma che con quell'intervento lo scrittore si è messo ai margini della società civile e lo qualifica come un «quaquaraquà». Sciascia, scrive il Coordinamento, per una «certa affinità di cultura», ha nel suo cuore non Orlando, ma un sindaco come Vito Ciancimino, «che gestiva la cosa pubblica in nome e per conto della mafia».
3. A questo punto scoppia la polemica. Violentissima nei confronti del Coordinamento. Per difendere Sciascia si muove uno schieramento compatto e bipartisan di giornalisti, intellettuali, politici, di destra e di sinistra (fino a Rossana Rossanda sul Manifesto). I toni sono da difesa della libertà d'espressione contro la dittatura della maggioranza, da battaglia contro il conformismo dell'antimafia. Ma in realtà gli intellettuali che cercano di capire le ragioni del Coordinamento si contano sulle dita di un paio di mani: Corrado Stajano, Nando dalla Chiesa, Eugenio Scalfari, Giampaolo Pansa, Stefano Rodotà, Franco Rositi.
Sulla scia di Sciascia si muove anche tutta la palude siciliana e nazionale che coglie un'occasione ghiotta (e insperata) per attaccare i magistrati attivi contro Cosa nostra e i movimenti antimafia. A un congresso della Dc siciliana, accusata di connivenze con la mafia, il pubblico grida all'oratore: «Cita Sciascia, cita Sciascia!».
4. Il 2 gennaio 2006 Pierluigi Battista, a seguito di due precedenti articoli di Attilio Bolzoni su Repubblica e di Sandra Amurri sull'Unità, riprende la polemica e chiede a chi vent'anni fa criticò Sciascia di chiedere scusa allo scrittore. Interviene di rincalzo Piero Ostellino, che da direttore del Corriere vent'anni fa curò la regia giornalistica dell'intervento di Sciascia.
5. Reagisce, sull'Unità, Nando dalla Chiesa, che cerca di ristabilire i fatti: Sciascia non fece un generico intervento contro l'antimafia che può diventare strumento di potere (in astratto, può essere certamente vero); ma attaccò direttamente Paolo Borsellino, colpevole di aver fatto carriera per meriti antimafia. E per quali meriti si deve far carriera, in questo Paese? Per meriti di mafia?
La reazione del Coordinamento antimafia di Palermo fu certamente eccessiva e sbagliò i toni, ma il comunicato fu scritto di getto da un ragazzo di vent'anni, indignato per il fatto che, nella Palermo dove era normale morire di mafia, l'intellettuale simbolo se la prendesse con un magistrato come Borsellino, non con chi faceva carriera per meriti di mafia o di ossequio ai poteri. Chi ricorda, oggi, il clima tremendo di quegli anni in Sicilia, gli anni dei morti ammazzati per strada, gli anni del maxiprocesso a Cosa nostra, gli anni degli attacchi ai movimenti antimafia... Il Giornale di Sicilia finì per pubblicare gli elenchi degli iscritti al Coordinamento antimafia: un'intimidazione pesante.
6. Borsellino cinque anni dopo fu ucciso da Cosa nostra. Culmine della carriera di un professionista dell'antimafia. Davvero Sciascia si riconciliò con Borsellino, prima della strage di via D'Amelio? Di certo Borsellino tornò su quell'episodio nel suo ultimo discorso pubblico prima di morire, la sera del 25 giugno 1992 alla Biblioteca comunale di Palermo. Il magistrato parlò, quella sera, con un'intensità mai vista: parlò dei tempi brevi che doveva darsi, dell'amico Giovanni Falcone appena ucciso, del «giuda» che lo aveva tradito al Csm, dell'interminabile campagna di delegittimazione dei magistrati antimafia di Palermo: «Tutto cominciò con quell'articolo sui professionisti dell'antimafia», scandì, prima di ricevere dodici, interminabili minuti d'applausi, con cui i mille presenti, in piedi e con la pelle d'oca, vollero fargli sentire da vivo quel sostegno che Falcone non aveva potuto sentire.
Qualcuno dei sostenitori di Sciascia ha mai chiesto scusa a Borsellino? (gianni barbacetto)

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