Consideriamo un territorio e, all’interno di questo territorio, guardiamo a tutti i mezzi di comunicazione che vi operano. Di tutti i mezzi di comunicazione del territorio che stiamo considerando, un solo uomo possiede tutte le televisioni (tutte), le due emittenti radiofoniche più importanti, il quotidiano più letto (più parte degli altri due quotidiani che escono in quel territorio), una casa editrice, la più importante concessionaria per la raccolta pubblicitaria, due società per la pubblicità su cartellonistica stradale.
Il territorio di cui stiamo parlando si chiama Sicilia. L’uomo è Mario Ciancio Sanfilippo.
Mario Ciancio Sanfilippo è nato a Catania il 29 Maggio 1932, e si è laureato in Giurisprudenza nel 1955.
Editore per tradizione familiare, Mario Ciancio Sanfilippo è diventato giornalista professionista nel 1957 e direttore responsabile de La Sicilia nel 1967.
La direzione del giornale più letto e diffuso in Sicilia segna solo la nascita del suo impero mediatico, e l’inizio della sua espansione. Oggi, Mario Ciancio Sanfilippo possiede - oltre al quotidiano La Sicilia, sul quale torneremo - tutte le televisioni a diffusione regionale (Telecolor, Teletna, Antenna Sicilia, Video3, TeleCatania, TeleSiciliaColor), la casa editrice Domenico Sanfilippo Editore, le due emittenti radiofoniche più seguite (Radio Telecolor, Radio Sis), una concessionaria pubblicitaria (Publikompass), due società per la pubblicità su cartellonistica stradale (Simeto Docks e Nada). Inoltre, il suo impero comprende anche la Gazzetta del Mezzogiorno (quotidiano regionale pugliese) e grosse partecipazioni economiche all’interno di Mtv, La7, Telecom, Tiscali, L’Espresso.
Tutto qui? Niente affatto. Mario Ciancio Sanfilippo è stato fino a pochi anni fa presidente della Federazione Italiana Editori Giornali (Fieg) ed è attualmente vicepresidente dell’agenzia Ansa, il cui ufficio catanese è ospitato dai locali del suo giornale e i cui uomini più fidati lavorano all’Ufficio Stampa del Comune di Catania.
Tanta, tantissima roba, ma il fiore all’occhiello è e resta senza alcun dubbio il quotidiano La Sicilia.
E’ impossibile dare a La Sicilia una precisa connotazione partitica o politica. E’ impossibile non perché si stia parlando di un quotidiano libero o equidistante, bensì perché La Sicilia ha sempre rappresentato la perfetta espressione del partito isolano storicamente più rispettato: il partito dei potenti. Gruppi di potere politico, economico, industriale - talvolta anche mafioso - ossequiati e coccolati grazie al giusto cocktail di conformismo, omologazione, censura.
Claudio Fava descrive così il caso-La Sicilia nel libro “La mafia comanda a Catania 1960/1991″:“La Sicilia cominciò a essere sempre meno giornale e sempre più strumento politico: la città andava educata, le sue energie imbrigliate. L’ansia della gente doveva trovare momenti di sfogo e di legittimazione, mai di ribellione. Gli strumenti erano elementari. Una cronaca nera poliziesca, mai capace di andare oltre il clichè della guerra fra bande. Un dibattito culturale dedicato alla mortificazione d’ogni sintomo di dissenso e riservato a interminabili querelle filologiche (ma esiste veramente la mafia? E che cos’è la mafia? Che cosa vuol dire esattamente la parola mafia?). Un’analisi politica prudente, ossequiosa con il Palazzo, cauta con i riformisti, sprezzante con i residui d’opposizione. Per il resto, un assoluto, pervicace silenzio sulla città, sui sintomi del suo decadimento, sui comitati d’affare, sulle nuove gerarchie criminali.
Tacere di mafia e di mafiosi, nella Catania di piombo degli anni Ottanta, era un compito ingrato. Da autentici professionisti dell’omissione. Eppure La Sicilia, al di là di ogni pudore, riuscì per molti anni a sopprimere dai propri scritti la parola mafia: usata raramente, e solo per riferirla a cronache di altre città, mai a Catania. Nell’Ottobre del 1982, quando tutti i quotidiani italiani dedicheranno i loro titoli di testa all’emissione dei primi mandati di cattura per la strage di via Carini, l’unico giornale a non pubblicare il nome degli incriminati sarà La Sicilia. Un noto boss, scriverà il quotidiano di Ciancio: Nitto Santapaola, spiegheranno tutti gli altri giornali della nazione. Il nome del capomafia catanese resterà assente dalle cronache della sua città per molti anni ancora: e se vi comparirà, sarà solo per dare con dovuto risalto la notizia di una sua assoluzione. O per ricordarne, con compunto trafiletto, la morte del padre. […] (Tutto questo) con risultati giornalisticamente grotteschi: i minorenni arrestati per uno scippo finivano in cronaca con nome, cognome e foto; i luogotenenti di Santapaola invece erano sempre “giovani incensurati”, il loro arresto maturava in “circostanze poco chiare” […].”
L’omissione della parola mafia è talmente sistematica da non fermarsi davanti a nulla: nell’Agosto del 1986, in occasione del primo anniversario della morte del commissario di polizia Beppe Montana (ucciso dalla mafia), La Sicilia censurò il necrologio presentato dalla famiglia.
L’inconfondibile giornalismo doroteo del quotidiano di Mario Ciancio Sanfilippo non si concretizza in grandi scandali bensì nel garantismo sfrenato delle sue posizioni, nel posizionamento scientifico di alcune notizie e della loro altrettanto scientifica omissione, nella dimenticanza di nomi e cognomi particolarmente delicati, nella contiguità a poteri politici di ogni colore.. e in alcune strategie editorial-finanziarie ben congegnate.
Un esempio. I due più grandi quotidiani italiani - Repubblica e Corriere della Sera - non fanno edizioni locali per la città di Catania. Impossibile tenere in vita una redazione locale, dato che tutti i contratti pubblicitari devono passare attraverso la Publikompass di Ciancio. Inoltre - per quel che riguarda Repubblica - la causa di questo è l’accordo fatto da La Sicilia e il gruppo L’Espresso: Ciancio mette a disposizione le sue macchine per la stampa di Repubblica, e il dorso con le cronache regionali del quotidiano di Scalfari esce ovunque, meno che a Catania. Lo scopo dell’accordo è chiaro - eliminare la concorrenza -, la conseguenza pure: chi vuol leggere la cronaca catanese, può farlo solo su La Sicilia. Non esiste nient’altro.
Con uno scenario del genere, è più che normale che Mario Ciancio Sanfilippo sia l’uomo più coccolato dai poteri dell’isola: il Comune di Catania acquista a peso d’oro alcuni suoi terreni per farne un centro commerciale, e stranamente lo status di questi terreni passa da “terreno adibito a pascolo, seminativo, agrumeto” a “edificabile” poco prima della cessione degli stessi, moltiplicando il loro valore (il tutto senza che il Comune di Catania abbia un Piano Regolatore o un piano commerciale, chiaramente). Ancora, nel 2001 la Ausl n°3 di Catania acquista - per 240 milioni di lire - 500 spazi pubblicitari su La Sicilia, e decine di spazi pubblicitari all’interno dei telegiornali di Antenna Sicilia e Video3. Non ci si stupisca: accade regolarmente che gli spot del Comune di Catania - o della provincia, o della regione - siano trasmessi durante i telegiornali, sotto forma di servizi giornalistici.
E’ uno strano concetto di giornalismo, quello che il direttore-editore Mario Ciancio Sanfilippo porta avanti da quasi mezzo secolo. Strano persino nella connotazione del suo stesso status di giornalista: la legge prevede che un direttore di testata debba essere iscritto all’Albo, e per essere iscritto all’Albo bisogna scrivere un determinato numero di articoli ogni anno. Mario Ciancio Sanfilippo non pubblica un articolo da decenni, eppure la sua tessera di giornalista è ancora al suo posto, insieme alla sua poltrona di direttore. Interpellato più volte sul perché di tale singolare eccezione, l’Ordine dei Giornalisti ha risposto in perfetto stile cianciano. Tacendo.
Da www.bloggers.it - http://www.francescocosta.net/2006/0...io-sanfilippo/