Mmm, eppure ne abbiamo parlato da quando scoppiò il rogo. Abbiamo una sezione dedicata ai morti sul lavoro, e quando capita qualosa di grave se ne discute.
Io, onestamente, non è che abbia molto da aggiungere, se non leggere la notizia, prenderne atto, ed incazzarmi ancora di più. Ma ripetere la solita litania, per più di due mesi, senza qualcosa di nuovo da dire, non è cosa fatta per me.
Se i manager non organizzano corsi di aggiornamento, come si può pretendere che gli operai lavorino in sicurezza?
Io è 8 anni che lavoro in fabbrica e cantiere non ho mai fatto un corso antinfortunistica.
Se in fabbrica ti stanno col fiato sul collo per fare il più veloce possibile, e non conosci le norme antinfortunistica, è logico che gli operai non le rispettino.
Ammesso che sia il caso della Thyssen, e che sia reale le colpa degli operai.
ThyssenKrupp
Il silenzio dell'Ig-Metall sulla strage torinese Quando la cogestione diventa connivenza
Manuela Cartosio
Fanno così perché sono tedeschi o perché sono padroni? Alzi la mano chi non si è fatto questa domanda di fronte al comportamento tenuto dai vertici della ThyssenKrupp dopo la strage di Torino. In effetti, la loro gelida indifferenza dei primi giorni ha autorizzato, quasi inverandolo, lo stereotipo dei tedeschi cuori di pietra.
Ma i maneggi per riempire, dopo l'incendio, gli estintori nell'acciaieria di Corso Regina Margherita non sono una peculiarità teutonica. Non è una specialità tedesca il memorandum segreto, sequestrato dagli inquirenti nelle abitazioni di alcuni dirigenti della Tk Italia. In quelle sette pagine si imposta la strategia difensiva - dare la colpa agli operai «distratti» - e si comincia a tessere la tela della disinformazione, delle minacce e delle ritorsioni. Presi con le mani nel sacco, i vertici della ThyssenKrupp «disconoscono» quel documento che, di tedesco, ha solo la lingua in cui è stato tradotto. Tutte le aziende, di qualunque nazionalità e dimensione, inquinano le prove e manipolano i fatti quando sentono sul collo il fiato della magistratura. Si va dal padroncino che spaccia per vittima di un incidente stradale il muratore precipitato dall'impalcatura ai patti segreti tra multinazionali per continuare a produrre sostanze che loro stesse hanno scoperto essere pericolose (il libro di Felice Casson su Porto Marghera, La fabrica dei veleni, è una miniera a questo proposito).
Altri stereotipi - in questo caso storici, non sul carattere dei popoli - sono corsi tra noi e i tedeschi dopo la strage torinese. Il memorandum segreto dipinge la Torino di oggi come se fosse ancora la roccaforte del sindacalismo di stampo comunista e il teatro privilegiato delle azioni del terrorismo brigatista. Noi, per converso, abbiamo riempito pagine e pagine sulla Krupp e sulla Thyssen di una volta, come se Bismarck e Hitler fossero defunti ieri. Vero che la storia, sia rossa che nera, non è acqua. Vero che si impara sempre qualcosa (ad esempio, che Margit Thyssen Bornemisza, sterminatrice per diletto di ebrei, è campata tranquillamente fino al 1989 nella villa La Favorita di Lugano, tra i quadri della mitica collezione traslocata qualche anno dopo a Madrid). Ma così i tedeschi non capiscono quanto è cambiata Torino e a noi sfugge cos'è la ThyssenKrupp di oggi.
E' una multinazionale dove gli eredi delle due dinastie non contano un fico secco e dove il sindacato pesa parecchio. Gran parte dei massimi dirigenti della TK vengono dall'Ig-Metall, dai consigli d'azienda, perno del modello tedesco di cogestione. Il signor Ralph Labonte, che ieri guidava le delegazione della Tk che ha incontrato il ministro Damiano, ha iniziato la sua carriera come metalmeccanico, l'ha proseguita nell'Ig-Metall, ora è il direttore delle risorse umane (cioè del personale) dell'interno gruppo ThyssenKrupp. Ecco spiegato il silenzio e la freddezza del sindacato tedesco sui sette «colleghi» bruciati vivi a Torino.
La cogestione avrà anche i suoi pregi (per chi è un dipendente della Tk in Germania). Ma obbliga alla «riservatezza» i rappresentanti dei lavoratori che siedono nei nei consigli d'azienda. Un obbligo che dal 6 dicembre i sindacalisti tedeschi della multinazionale hanno rispettato scrupolosamente. Restano cuciteanche le bocche cucite dei segretari regionali e nazionali dell'Ig-Metall che, formalmente, non sono vincolati alla «riservatezza». Eppure le infamità del memorandum segreto meriterebbero una pubblica condanna. Il sindacato tedesco potrebbe fornire parecchio materiale interessante per l'inchiesta torinese. Temiamo che il procuratore Guariniello dovrà fare tutto da solo.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano...008/art46.html
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http://www.repubblica.it/speciale/20...html?ref=hppro