tratto da.. Teoria liberale e azione umana di F.Gualco
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La teoria liberale di Mises si delinea in tal senso come scienza generale dell'azione umana, ossia, come lui stesso la definisce, come prasseologia. La prasseologia si interessa della realtà così come essa è, non come essa dovrebbe essere. Il suo tema è l'azione come tale. La prasseologia, in quanto studio dell'umano agire, si concentra sui problemi che nascono dal rapporto mezzi-fini, e come tale si distingue dalla psicologia e dalla storia, pur essendo con esse costantemente in dialogo. Poiché nell'indagine psicologica si ricercano le motivazioni dell'azione e quindi gli eventi immateriali che da questa risultano, ed in quella storica si dedica attenzione al concreto contenuto di queste.
Possiamo chiamare azione ogni tentativo di raggiungere un fine specifico attraverso l'uso dei mezzi reputati più idonei. In questa prospettiva il pensiero, nella sua capacità progettuale, è una primaria forma d'azione. Il primo approccio ai problemi, dal punto di vista del rapporto mezzi-fini, è di ordine necessariamente teorico. Il progetto precede l'attuazione, poiché ogni realizzazione concreta ha bisogno di un progetto teorico. La soluzione ad un dato problema Prima di essere attuata, dev'essere prima pensata che attuata. Per conseguire un dato scopo, per sortire un dato effetto, occorre stabilire quali mezzi adottare, occorre discernere fra i mezzi possibili quali sono quelli più confacenti allo scopo prefissato, all'effetto auspicato. Più che una questione di "oggetto", è una questione di "metodo". Fare e pensare non sono due realtà antitetiche, ma termini che si richiamano l'un l'altro, perché legati da un necessario rapporto di reciprocità.
La realtà che ci circonda non è conoscibile in toto, ma non è neppure totalmente incognita. Se potessimo conoscere tutto di tutto, come direbbe Hayek, ben poco resterebbe da dire sulla libertà; se per converso non potessimo conoscere nulla di minimamente certo, la vita umana sarebbe lo stesso priva di libertà perché privata alla radice della possibilità di trovare un benché minimo orientamento. Fra la presunzione di onniscienza e il pessimismo gnoseologico esiste una terza via che Mises percorre, ed è la via della ragione che vede i suoi limiti e all'interno di essi si sviluppa a pieno, conscia della sua costitutiva fallibilità.
In generale, scrive Mises in Socialism (trad. it. Socialismo, Rusconi 1990), «
gli uomini agiscono soltanto perché essi non sono completamente soddisfatti. Se godessero di una felicità completa essi sarebbero senza volontà, senza desiderio, senza azione. L'azione sorge soltanto dalla necessità, dall'insoddisfazione». L'uomo vuole migliorarsi e migliorare il mondo in cui vive. Il motore dell'azione è il desiderio, l'insoddisfazione, la consapevolezza di un bisogno o di una mancanza che reclamano soddisfazione, quindi la volontà di cambiare le cose a favore proprio e di quello altrui.
Alla base di ogni azione c'è un desiderio, alla radice di ogni atto pratico esiste la volontà di cambiare uno stato di cose ritenuto insoddisfacente. Da questo punto di vista l'uomo è un essere costitutivamente inquieto. Il desiderio, dice Mises, sono in un certo modo è l'incentivo dell'azione, ma non è l'azione stessa. Ossia non deve essere confuso e identificato con l'azione. Di per sé, l'insoddisfazione per una situazione determinata non è sufficiente ad innescare alcuna dinamica di cambiamento. Occorre un comportamento concreto ed intenzionale.
L'uomo non agisce attraverso dinamiche di stimolo-risposta che ricordano gli animali impiegati da Pavlov per i suoi esperimenti,
ma sulla base di un comportamento di volta in volta modificato e "aggiustato" per mezzo di deliberazioni libere e volontarie.
La scienza della prassi che Mises propone procede attraverso giudizi di fatto, non giudizi di valore. I giudizi di valore non rientrano nella prasseologia al fine d evitare il pericolo fatale della presunta onniscienza, madre dell'astratta arroganza intellettuale e del moralismo privo di buon senso etico, attraverso cui uomini, cose e situazioni vengono valutati e giudicati in assenza pressoché totale di competenza e conoscenza adeguate.
L'azione, da questo punto di vista, può essere considerata l'essenza pratica della storia e della natura umane: come lui stesso scrive in Human Action (trad. it. L'azione umana, UTET, Torino 1956), infatti, «
dal punto di vista dell'eternità e dell'universo infinito l'uomo non è che un punto infinitesimo. Ma per lui l'azione umana e le sue vicissitudini sono cose reali. L'azione è l'essenza della sua natura ed esistenza, il mezzo per preservare la vita e per sollevarsi al di sopra del livello animale e vegetale».
Il realismo di Mises, pur tenendo conto che vi sono o vi potrebbero essere realtà più grandi dell'uomo in quanto tale, afferma il primato pratico dell'individuo: l'uomo è, per dirla con il filosofo greco Protagora, la misura di tutte le cose: poiché in ultima analisi si pensa e si agisce a partire da una prospettiva che è specificatamente individuale, prospettiva a cui appartengono sin dall'inizio determinate circostanze ed prospettive.
L'azione è sempre finalizzata: quale che sia il modo, essa costituisce il tentativo di realizzare un fine che l'individuo legittimamente pone a se stesso.