Le genti del Neolitico, dell’Eneolitico e dell’Età del Bronzo raggiunsero in Italia centrale una stabilità e una coesione culturale tali da dover essere considerate come uno degli esempi più duraturi e felici
equilibrio fra uomo e paesaggio della storia europea. La loro tecnologia, la sussistenza, il sistema di comunicazione, e l’organizzazione sociale s’integrarono tutti efficacamente in un sistema di cultura contadina fortemente stabile. Per migliaia d’anni il sistema riuscì ad assorbire una popolazione crescente e ad adattarsi a questa pressione interna senza subire importanti cambiamenti nella struttura della società.
Per questo, quando al cambiamento ci si dovette alla fine piegare, questo fu profondo quant’altri mai. Prima in Etruria, poi nelle regioni limitrofe come il Molise, possiamo vedere come la nuova società si accompagnasse a un sistema agricolo pastorale che portava con sé un diverso mondo di organizzazione sociale e di differenziazione sociale. Con uno straordinario ribaltamento dei ruoli le società preistoriche dell’Italia centrale passarono nello spazio di pochi secoli da popoli virtualmente dell’Età della Pietra «fuori della corrente principale della cultura preistorica in Europa» a nazioni che furono il nucleo del mondo romano. Nello spazio di poche generazioni gli uomini delle tribù preistoriche divennero il nerbo degli eserciti legionari che conquistarono l’Europa storica. E ancora, quale che sia stato il contributo delle civiltà di Roma e dell’Italia rinascimentale al suo modo di vedere il mondo circostante, il carattere essenziale del contadino centro-italiano — la speranza e la disperazione del suo profondo legame alla terra, il suo giustificato sospetto per i cambiamenti, la forza che trae dalle tradizioni del passato — tutto questo certamente venne forgiato nel passato della sua preistoria.
STUDI NIS ARCHEOLOGIA 2