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Risultati da 1 a 5 di 5
  1. #1
    Mauro V.
    Ospite

    Predefinito Su Ateismo e Agnosticismo

    III. ATEISMO E AGNOSTICISMO.

    L'ateismo è la negazione di Dio.
    Con il termine "Dio" non si intende solamente il monoteismo, ma piuttosto qualunque "realtà divina". L'ateismo dunque è la negazione di tutte le credenze monoteiste, politeiste, della reincarnazione, della vita ultraterrena, eccetera.
    E' un dogma perché nessuno può o potrà mai fornire prove concrete dell'esistenza di un ordine divino oltre alla realtà che vediamo, perché non esistono strumenti inequivocabili per appurare tale esistenza o inesistenza.
    L'agnosticismo è quell'atteggiamento che considera inconoscibile tutto ciò che è al di là del dato sperimentale in quanto non sottoponibile ai metodi delle scienze positive. Questo termine ha anche il significato di non prendere posizione su di un determinato argomento religioso o politico.
    Quasi sempre dunque l'agnosticismo è ateismo, visto che nessuno può e potrà mai portare la prova inequivocabile dell'esistenza di Dio o di un ordine divino.
    Per gli atei la vita è esclusivamente solo quella che vediamo tutti i giorni, che ha inizio dal concepimento e fine con la morte su questa terra.
    Gli atei si rifiutano spesso anche di definire chiaramente un concetto di moralità, perché questo viene ritenuto un concetto arbitrario e invasivo della libertà di ognuno. Anche a livello sociale la posizione usuale degli atei è quella di relegare la morale al solo aspetto privato ed individuale, quindi lo Stato non solo deve essere laico ma anche astenersi rigorosamente dall'indicare principi morali, se non in misura strettamente limitata agli aspetti legali di protezione dell'integrità fisica personale e della proprietà.
    Gli atei inoltre ritengono che la credenza nel divino non sia necessaria.
    L'ateismo dunque, è il peggior incubo dell'umanità.
    Sostenere che oltre alla vita che vediamo tutti i giorni non esista null'altro, nessuna giustizia; che siamo solo delle scimmie evolute; chi potrebbe descrivere una "verità" più cupa e tenebrosa?
    La vita ha tanti lati positivi ed altrettanti lati negativi: spesso comporta molte difficoltà faticose da accettare o superare, motivi di infelicità, esistono tragedie, ingiustizie, catastrofi, malattie. Ed ora proviamo ad ipotizzare una società atea. Pensate che tutte le persone sono buone e fortemente ancorate alla ragione e ai buoni propositi? Che le persone che hanno buoni propositi riescono sempre a mantenerli anche quando si trovano colpiti da situazioni tragiche o particolarmente difficili? Pensate che tutte le persone possiedano l'intelligenza e la forza di astenersi dal male? Pensate bene a tutte le cause di infelicità, le sciagure e la rabbia che può produrre la vita quotidiana. Ed ora chiediamoci, che cosa spingerebbe una persona a faticare per affrontare la vita, per cercare di migliorare se stessa e la sua società? Che cosa bloccherebbe tanta gente infelice ed insoddisfatta, per esempio, dallo scendere giu per strada e sfogare tutta la propria frustrazione e disperazione verso le prime persone incontrate e magari poi suicidarsi, piuttosto che continuare ad affrontare una vita che è "tutta qui", che siamo null'altro che animali che hanno sviluppato le proprie capacità intellettuali nel corso dell'evoluzione? Di certo non bloccherebbe sapere che esiste il rischio di essere fermato e messo in galera: perche cosa conta la vita se finita qui, in questa terra, non esistesse null'altro? Come convincerebbero coloro che hanno l'impulso o la volontà di calpestare la vita altrui o rovinare la propria, se la vita non ha alcun valore divino, ma siamo solo delle scimmie evolute? Come è possibile la sicurezza e in generale una società civile quando questa è completamente senza saldi stimoli e freni? Converrete dunque quanto sia folle l'idea dell'esistenza di una società civile che sia priva di riferimenti al Divino!
    Basta un minimo di immaginazione per capire che una persona che crede in un ordine divino ha ovvie maggiori remore al compiere scorrettezze e crimini, e maggiori stimoli a comportarsi bene, rispetto ad un ateo che non ha nessun freno e stimolo, se non quello di seguire le proprie passioni e di non essere scoperto in un comportamento scorretto.
    Questo lo può capire chiunque, se veramente un minimo interessato alla verità.
    La credenza personale e sociale in un ordine divino è innanzitutto quindi necessaria.
    Inoltre come si può pensare che tutto ciò che ci circonda, l'immensità dell'universo, le innumerevoli forme di vita, sia lasciato totalmente al caos, privo di un qualsiasi ordine superiore? Come si può pensare che all'origine di tutto, non ci sia nulla? Che miliardi e miliardi di vite, in miliardi e miliardi di anni abbiano vissuto nel caos e le loro vite siano limitate a quel breve intervallo di tempo e null'altro e nessuna giustizia?
    La ragione quindi suggerisce l'esistenza del Divino.
    E' dovere di tutti impegnarsi per la laicità e per la razionalità nelle religioni e nelle credenze in Dio, ma altro discorso è affermare l'ateismo.
    L'ateismo è un pensiero antisociale, perché la società civile senza riferimenti al divino non potrebbe esistere.
    L'ateismo è un eccessivo e quindi erroneo atteggiamento scientista, che sostiene che la questione del divino possa venire trattata come una qualsiasi analisi di laboratorio, che analizza dati inequivocabili nell'affermare se una cosa esista oppure no, senza capire la rilevanza sociale della questione, senza seguire quindi la ragione.
    Un ateo è tendenzialmente fuori ogni freno, e se un ateo si comporta bene, questo non basta per "garantire" un ateo, perché in quanto ateo, non si ritiene soggetto a seguire altro che se stesso e quello che lui ritiene bello o utile.
    Secondo le attuali stime sulla religiosità nel mondo ( http://www.adherents.com/Religions_By_Adherents.html ) gli atei rappresentano circa l'8 %, mentre il 92 % dell'umanità crede in un qualsivoglia ordine divino, di una religione ufficiale o in base ad un proprio ideale laico. Molte volte l'ateismo è semplicemente una posizione di reazione ad una cultura religiosa; il non voler vedere oltre una o più determinate interpretazioni religiose e/o degli errori di esse. Una reazione distruttiva, piuttosto che un ragionamento costruttivo. Una adesione superficiale ad un'idea senza tener conto della natura umana mutevole ed ambivalente, della realtà della vita.

    p.s. non sono cristiano.

  2. #2
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    Predefinito

    Io invece sono ateo (e radicale), e rispondo da ateo, non tanto a tutte le domande che hai posto, perché per ognuna di quelle converrebbe scrivere un libro, ma solo per ciò che riguarda il mio essere ateo. Inoltre, parlo per me, non esistendo una Chiesa Atea (per fortuna...), quindi non pretendo di generalizzare le mie parole a tutti gli atei che leggeranno questa discussione (o tutti gli atei in generale).

    Io credo che non esista alcun dio, alcuna vita dopo la morte, alcuna legge naturale, ma non per questo mi ritengo privo di morale o disperato perché la mia vita "è tutta qui". Anzi. Fare il bene perché si teme una punizione divina nel caso si faccia il male, secondo me, è il peggior modo di fare il bene. Fare il bene perché invece si è deciso così, sapendo che forse nessuno ti ringrazierà né ti ricompenserà, credo che sia molto meglio, a maggior ragione quando il bene proprio e quello altrui sono "vicini", perché facendo del bene al proprio prossimo costituisce premessa affinché sia fatto del bene a me; è quindi un vantaggio reciproco. Credo che il concetto cristiano del "ama il tuo prossimo come te stesso" esplichi bene questa posizione.

    Quanto alla disperazione per vivere una "vita limitata", beh, credo che il fatto di vivere una vita con un inizio e una fine netti e irrevocabili sia un incentivo a viverla il meglio possibile, non ad affliggersi perché "dopo" non ci sarà più niente. E' vero che dopo la morte tanto non mi ricorderò più niente di ciò che ho fatto di buono e di bello o di brutto e cattivo nella mia vita, ma finché la mia coscienza sarà viva e vivace il mio passato mi farà compagnia e mi aiuterà a dare un senso alla mia "limitata" vita che, per quanto limitata sia, è tutto ciò che ho. Senza contare, per chi proprio non riesce a fare a meno di pensare all'eternità, o quanto meno al proprio futuro dopo la morte, quale consolazione materialistica maggiore sapere, da vivi, che una volta morti i nostri organi serviranno a far vivere altre persone, saremo ricordati dai nostri parenti, qualcuno pensando a noi ricorderà anche solo un aneddoto della nostra vita?

    Credo che troppo spesso l'ateismo venga visto in contrapposizione a una qualche forma di religiosità: così facendo finisce per sembrare vuoto, distruttivo come dici tu. Se invece ci si soffermasse a pensare che essere ateo vuol dire vivere la vita con il sorriso sulle labbra, con la consapevolezza che ogni momento di essa non tornerà più né che ci sarà qualcosa di meglio alla sua fine, beh, allora vivere da "senza-dio" non sarebbe poi così male.

    R.

    P.S.: Siamo scimmie evolute, già, ma questo non ci autorizza a comportarci da scimmie.

  3. #3
    Mauro V.
    Ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da Resurgens Visualizza Messaggio
    Io invece sono ateo (e radicale), e rispondo da ateo, non tanto a tutte le domande che hai posto, perché per ognuna di quelle converrebbe scrivere un libro, ma solo per ciò che riguarda il mio essere ateo. Inoltre, parlo per me, non esistendo una Chiesa Atea (per fortuna...), quindi non pretendo di generalizzare le mie parole a tutti gli atei che leggeranno questa discussione (o tutti gli atei in generale).

    Io credo che non esista alcun dio, alcuna vita dopo la morte, alcuna legge naturale, ma non per questo mi ritengo privo di morale o disperato perché la mia vita "è tutta qui". Anzi. Fare il bene perché si teme una punizione divina nel caso si faccia il male, secondo me, è il peggior modo di fare il bene. Fare il bene perché invece si è deciso così, sapendo che forse nessuno ti ringrazierà né ti ricompenserà, credo che sia molto meglio, a maggior ragione quando il bene proprio e quello altrui sono "vicini", perché facendo del bene al proprio prossimo costituisce premessa affinché sia fatto del bene a me; è quindi un vantaggio reciproco. Credo che il concetto cristiano del "ama il tuo prossimo come te stesso" esplichi bene questa posizione.

    Quanto alla disperazione per vivere una "vita limitata", beh, credo che il fatto di vivere una vita con un inizio e una fine netti e irrevocabili sia un incentivo a viverla il meglio possibile, non ad affliggersi perché "dopo" non ci sarà più niente. E' vero che dopo la morte tanto non mi ricorderò più niente di ciò che ho fatto di buono e di bello o di brutto e cattivo nella mia vita, ma finché la mia coscienza sarà viva e vivace il mio passato mi farà compagnia e mi aiuterà a dare un senso alla mia "limitata" vita che, per quanto limitata sia, è tutto ciò che ho. Senza contare, per chi proprio non riesce a fare a meno di pensare all'eternità, o quanto meno al proprio futuro dopo la morte, quale consolazione materialistica maggiore sapere, da vivi, che una volta morti i nostri organi serviranno a far vivere altre persone, saremo ricordati dai nostri parenti, qualcuno pensando a noi ricorderà anche solo un aneddoto della nostra vita?

    Credo che troppo spesso l'ateismo venga visto in contrapposizione a una qualche forma di religiosità: così facendo finisce per sembrare vuoto, distruttivo come dici tu. Se invece ci si soffermasse a pensare che essere ateo vuol dire vivere la vita con il sorriso sulle labbra, con la consapevolezza che ogni momento di essa non tornerà più né che ci sarà qualcosa di meglio alla sua fine, beh, allora vivere da "senza-dio" non sarebbe poi così male.

    R.

    P.S.: Siamo scimmie evolute, già, ma questo non ci autorizza a comportarci da scimmie.
    si credo alla tua moralità.
    però mi sembra utopico pensare che 6 miliardi di persone vivrebbero in pace e sicurezza se vivessero in una società a maggioranza atea.
    io per esempio confesso che se non credessi in un Dio giudice che mi premia o punisce in base alle mie azioni, seguirei molto il mio egoismo e la società faticherebbe parecchio per tenermi a bada.
    Il mio ragionamento si basa sul presupposto che almeno metà delle persone abbiano la mia stessa natura.
    Per questo la conseguente deduzione è che senza la credenza in un ordine divino la società cadrebbe nel caos.
    ti immagini 3 miliardi di persone che non accettano le regole della società su furto, omicidio e quantaltro?
    Tu invece pensi che ad avere la tua natura buona sia una percentuale tale da far stare tranquilli, in una ipotetica società atea?

  4. #4
    creaxiano ad personam
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    Citazione Originariamente Scritto da Mauro V. Visualizza Messaggio
    si credo alla tua moralità.
    però mi sembra utopico pensare che 6 miliardi di persone vivrebbero in pace e sicurezza se vivessero in una società a maggioranza atea.
    io per esempio confesso che se non credessi in un Dio giudice che mi premia o punisce in base alle mie azioni, seguirei molto il mio egoismo e la società faticherebbe parecchio per tenermi a bada.
    Il mio ragionamento si basa sul presupposto che almeno metà delle persone abbiano la mia stessa natura.
    Per questo la conseguente deduzione è che senza la credenza in un ordine divino la società cadrebbe nel caos.
    ti immagini 3 miliardi di persone che non accettano le regole della società su furto, omicidio e quantaltro?
    Tu invece pensi che ad avere la tua natura buona sia una percentuale tale da far stare tranquilli, in una ipotetica società atea?
    io penso che le religioni siano un male per l'uomo....quello che dici dimostra la stupidità dell'uomo...se uno è intelligente, forte, e capace (secondo me) non ha bisogno di nulla per comportarsi secondo una morale volta al bene...

    la penso molto come kant....pur non condividento le sue conclusioni sull'esistenza di dio e sull'immortalità dell'anima
    e credo che quando lui parli di un dio non necessariamente deve essere lo stesso dio che siamo abituati a pensare....io sono ateo ma credo che ci sia un ordine (dio) non divino ma razionale...un po come se il mio dio (ordine) fosse la societa di Mill...cioè una societa che offra il maggior benessere al maggior numero di persone...

    ps...sono ateo...

  5. #5
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    Non è facile essere atei, perché vuol dire rinunciare ad una consolazione effimera ma soddisfacente com'è quella religiosa. Non tutti ne sono capaci e, se questa rinuncia diventasse obbligatoria, spunterebbero nel giro di pochi giorni tutti i "santoni" che vuoi, in grado di manipolare tutte le persone che, vuoi per la loro natura, vuoi per qualsiasi altro motivo, non riescono ad abbandonare l'idea del sovrannaturale e quindi risultano facilmente manipolabili da chiunque.

    Inoltre mi sembra che si confonda ateismo e anarchia: il fatto che io creda che la morale non abbia alcun valore assoluto o universale non è una giustificazione ad agire immoralmente, amoralmente oppure, se vogliamo parlare con un linguaggio pittoresco anche se non del tutto corretto, in balia del mio Es freudiano. Significa solo che il fondamento della morale (o del Super-Io, se restiamo nel linguaggio psicoanalitico) è nella società e nella cultura cui appartengo; società e cultura che chiaramente sono influenzate da un millennio e mezzo di pensiero cristiano, ma che non per questo si devono ridurre al cristianesimo e anzi hanno la possibilità di andare oltre tali ideologie religiose.

    Se tu, Mauro V., basi il tuo agire morale sull'esistenza di un dio giudice, senza il quale agiresti in maniera antisociale (da scimmia anziché da scimmia evoluta, appunto), vuol semplicemente dire che non sei adatto ad una visione atea del mondo: questa non è una critica o un segno di svalutazione nei tuoi confronti, come hai sottolineato tu la maggior parte della popolazione della terra è nelle tue condizioni. Non mi piace fare il profeta per ovvi motivi, ma in un certo senso non sei ancora "pronto" ad abbandonare un'idea di dio che ti impedisce di essere-nel-mondo completamente ed esclusivamente. Può anche darsi che non lo sarai mai, se sei felice così, ma su questo non esprimo giudizi di valore, anche perché credo che sia meglio essere religiosi e felici che atei ed infelici.

    Come dice andrea, una moralità slegata dalla divinità non è una conquista semplice, tant'è che Nietzsche non la riserva a chiunque, ma solamente al suo Ubermensch, ovvero il bambino che è in grado, spazzata via la morale impostagli precedentemente, di decidere da sé cosa è bene e cosa è male.

    Infine, in una società veramente atea (stiamo parlando di utopia, io non credo che sia possibile) non è necessario avere una natura buona (io non ce l'ho) per avere una morale; è invece necessario seguire le regole morali stabilite dallo stato in accordo con le proprie idee sul bene e sulla giustizia(il Super-Io, tanto per abusare del povero Freud).

    R.

 

 

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