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politica interna
29/1/2008 - Verso le elezioni: un programma elettorale in tre punti stampa invia
Andiamo verso le elezioni. Toccasse a me farlo, offrirei agli elettori un programma in tre punti.
Primo, finanza pubblica. Ridurre la spesa come prerequisito per abbassare la tasse. Di quanto? Dieci (10) punti di PIL in cinque anni, la durata di una legislatura. Si può fare, è stato fatto: in Svezia tra il 1994 e il 1998 la spesa pubblica è scesa di 9,5 punti percentuali di PIL. Così ridotta, quella italiana si assesterebbe attorno al 40% della ricchezza prodotta.
La commissione Attali ha appena raccomandato alla Francia una riduzione di un punto l’anno della spesa pubblica. Ma il debito pubblico francese è al 64,2 % del PIL, quello italiano al 106,8%. Noi abbiamo bisogno di una cura da cavallo, i francesi no.
Per rientrare dal debito, meglio alienare parte del patrimonio. Riducendo il debito, si riduce la spesa per interessi: un paio dei dieci punti da scremare possono essere ottenuti così. Ridurre il debito ha un enorme valore psicologico: fiducia in noi stessi e riacquistata credibilità agli occhi dei non-italiani.
Si comincia a guardare dentro la spesa, al secondo anno di legislatura. Il primo, si taglia across the board, dappertutto nella stesa proporzione. Equità: si scontentano tutti. Le maggiori categorie di uscite, da cui dovrà venire il grosso dei tagli, sono pensioni, sanità, stipendi della pubblica amministrazione, trasferimenti alle imprese – e interessi sul debito.
Ridurre in parallelo le tasse significa togliere ai burocrati il potere di prendere (tante) decisioni economiche e restituirlo ai cittadini. È maggiore libertà per tutti.
Secondo, riforme strutturali. C’è scritto nel programma di riforme secondo la strategia di Lisbona approvato dal governo di centro-destra nel 2005 e successivamente confermato: attuare le raccomandazioni dell’Autorità della concorrenza e delle autorità di settore per aprire i mercati del lavoro e dei prodotti. Il centro-destra, a parte approvare la frase di cui sopra alla fine della legislatura, non ha fatto nulla. Bersani, nel centro-sinistra, ci ha provato un po’ e poi ha lasciato perdere. Adesso queste riforme s’hanno da fare sul serio.
Aprire i mercati significa togliere potere all’offerta e darlo alla domanda, cioè i consumatori, cioè i cittadini. È più potere d’acquisto, maggiore libertà di scegliere per tutti.
Terzo, riformare la giustizia. Non c’è solo il caso Mastella, la giustizia penale e le lotte tra i politici e i giudici. C’è l’ingiustizia civile e i grandi danni economici che provoca, compresi gli scarsi investimenti diretti dall’estero. Siccome non è vero che i giudici sono pochi, mal pagati e a corto di personale, qui c’è un problema di scarsa loro produttività. Ma, in nome dell’indipendenza della magistratura, i non-magistrati, ancorché utenti della giustizia, non hanno il potere di imporre un aumento di produttività. Dunque la magistratura non è solo indipendente, ma anche irresponsabile. Allora, indipendente, va bene, irresponsabile non va bene. Let’s make our judiciary accountable.
Tre punti. Per attenermi a questo numero minimo, resisto alla tentazione di aggiungere alla lista non la riforma, ma la privatizzazione dell’istruzione universitaria – che mi sembra l’unico modo serio di migliorare lo stato di cose esistente.
Per il resto, basta con la smania di cambiare tanto per cambiare – vedi la scuola. C’è solo da mantenere le cose in buon ordine. C’è bisogno di semplice buona amministrazione.
Inoltre, su un’infinità di materie le leggi non le facciamo più da soli, ma insieme ad altri 26 stati membri dell’Unione europea. Anche qui c’è solo un problema di buona amministrazione: nel contribuire efficacemente al processo legislativo comune e nel trasporre bene e tempestivamente nel nostro ordinamento quanto deciso a Bruxelles.
Infine, le materie che attengono alla coscienza dei singoli, lì vanno lasciate e non è il caso che figurino nei programmi dei partiti. È buona pratica laica, quella di discuterle volta per volta e, ove sia il caso, dare indicazioni di voto - semplici suggerimenti non vincolanti.
Tre promesse forse si possono mantenere. Trecento, no di sicuro.
Marco De Andreis