Filippo Tommaso Marinetti, Padre del più importante movimento artistico e letterario del Novecento, enfatizzò l'impulso al dinamismo, al movimento e alla velocità. Il Maestro si appellò ai giovani artisti perché rifiutassero l'arte delle accademie, perché si lanciassero in una corsa verso il futuro vivendo una vita futurista. Marinetti è portatore di un grande messaggio politico, riuscì a coniugare l'arte, il lavoro e l'Uomo in una visione di giustizia e di libertà, in un programma di Rivoluzione culturale permanente. Credo sia importante leggere parte del suo discorso all'inaugurazione della Prima serata futurista al Teatro Lirico di Milano nel febbraio 1910. Si riscopre una contemporaneità e una similitudine alla vita di oggi che i passivisti ladri e politicanti mendaci ci costringono a fare, offrendoci come valori il capitalismo selvaggio, la viltà, la lussuria e il sesso nella strumentalizzazione della donna-oggetto.
Benedetto Brugia
Poiché un passato illustre schiacciava l'Italia e un avvenire infinitamente più glorioso ribolliva nel suo seno, è appunto in Italia, sotto il nostro cielo troppo voluttuoso, l'energia futurista doveva nascere, sei anni fa, organizzarsi, canalizzarsi, trovare in noi i suoi motori, i suoi apparecchi di illuminazione e di propagazione. L'Italia, più di qualunque altro Paese, aveva un bisogno urgente di futurismo, poiché moriva di passatismo. L'ammalato inventò il proprio rimedio. Noi siamo i suoi medici occasionali. Il rimedio vale per gli ammalati di ogni Paese. Il nostro programma immediato è di
combattimento accanito contro il passatismo italiano sotto tutte le sue forme ripugnanti: archeologia, accademismo, senilismo, quietismo, vigliaccheria, pacifismo, pessimismo, nostalgia, sentimentalismo, ossessione erotica, industria del forestiero ecc. Il nostro nazionalismo ultra-violento e anticlericale, antisocialista e antitradizionale si fonda sul vigore inesauribile del sangue italiano e lotta contro il culto degli avi che, ben lungi dal cementare la razza, l'anemizza e l'imputridisce. Ma supereremo questo programma immediato già realizzato (in parte) in sei anni di battaglie incessanti. Il futurismo, nel suo programma totale, è un'atmosfera di avanguardia; è la parola d'ordine di tutti gli innovatori o franchi-tiratori intellettuali del mondo; è l'amore del nuovo; l'arte appassionata della velocità; la denigrazione sistematica dell'antico, del vecchio, del lento, dell'erudito e del professorale; è un nuovo modo di vedere il mondo; una nuova ragione di amare la vita; un'entusiastica glorificazione delle scoperte scientifiche e del meccanismo moderno; una bandiera di gioventù, di forza, di originalità a ogni costo; un colletto d'acciaio contro l'abitudine dei torcicolli nostalgici; una mitragliatrice inesauribile puntata contro l'esercito dei morti, dei podagrosi e degli opportunisti, che vogliamo esautorare e sottomettere ai giovani audaci e creatori; è una cartuccia di dinamite per tutte le rovine venerate. La parola futurismo contiene la più vasta formula di rinnovamento; quella che, essendo a un tempo igienica ed eccitante, semplifica i dubbi, distrugge gli scetticismi e raduna gli sforzi in una formidabile esaltazione. Tutti i novatori s'incontrano sotto la bandiera del futurismo, perché il futurismo proclama la necessità di andare sempre avanti e perché propone la distruzione di tutti i ponti offerti alla vigliaccheria. Il futurismo è l'ottimismo artificiale opposto a tutti i pessimismi cronici, è il dinamismo continuo, il divenire perpetuo e la volontà instancabile. Il futurismo non è dunque sottoposto alle leggi della moda né al logorio del tempo, non è una chiesuola né una scuola, ma piuttosto un grande movimento solidale di eroismi intellettuali, nel quale l'orgoglio individuale è nulla, mentre la volontà di rinnovare è tutto.
Molti scrittori semifuturisti o mal convertiti al futurismo crearono nel pubblico italiano un'assurda confusione fra futurismo e una specie di rivoluzionarismo dilettantesco, fatto di pessimismo, di anarchia intellettuale, di individualismo isolatore, di antisolidarietà artistica e di becerismo. Cosicché molti credono che per essere futuristi basti rivoltarsi contro tutto e contro tutti, prendere a rovescio tutti i principii accettati, contraddirsi sistematicamente ogni giorno, distruggere per distruggere, insomma, e vomitare parolacce.
Siamo intraprenditori di demolizioni, ma per ricostruire. Sgombriamo le macerie per poter andare più avanti. Consideriamo futurista la sincerità assoluta di pensiero e di espressione (esempio: Mafarka il Futurista e Roi Rombace). Consideriamo invece passatista il volgare, facilissimo e antichissimo turpiloquio che alcuni per equivoco chiamano futurista.
Futurismo è: rafforzamento e difesa del genio italiano (creazione, improvvisazione) contro l'ossessione culturale (musei, biblioteche); solidarietà di novatori italiani contro la camorra degli accademici, degli opportunisti, dei plagiarii, dei commentatori, dei professori e degli albergatori; preparazione di un'atmosfera favorevole ai novatori; temerità per un infinito progresso italiano; disinteresse eroico per dare all'Italia e al mondo più forza, più coraggio, più luce, più libertà, più novità, più elasticità, più ordine di marcia e di battaglia, più batterie alle spalle per non indietreggiare mai.
Il futurismo vuole introdurre brutalmente la vita nell'arte; combatte il vecchio ideale degli esteti, statico, decorativo effeminato, prezioso, schizzinoso, che odiava l'azione. Negli ultimi 30 anni, l'Europa fu ammorbata da uno schifoso intellettualismo socialistoide, antipatriottico, internazionalista, il quale separa il corpo dallo spirito, vagheggia una stupida ipertrofia cerebrale, insegna il perdono delle offese, annunzia la pace universale e la scomparsa della guerra, i cui orrori sarebbero sostituiti da battaglie di idee. Contro questo intellettualismo d'origine germanica il futurismo si scagliò esaltando l'istinto, la forza, il coraggio e lo sport.
Gli artisti, finalmente vivi, non più sulle cime sprezzanti dell'estetismo, volevano collaborare, come operai e soldati, al progresso mondiale. Progresso continuo, esautorazione dei morti, dei vecchi, dei lenti, degli indecisi, dei vili, dei melliflui, dei delicati, degli effeminati, dei nostalgici. Eroismo quotidiano. Tutti i pericoli e tutte le lotte. Le mani sporche per aver scavata la trincea, pronte alla penna, al remo, al timone, al volante, allo schiaffo, al pugno.
Alcuni spiriti veloci ma antipratici ci rimproverano di non spingere il futurismo alle sue ultime conclusioni, che sarebbero, secondo loro: isolarsi, non scrivere più, non dipingere più, dato il pubblico inintelligente.
Noi rispondiamo:
1)) Il futurismo non è e non sarà mai profetismo. Le vostre ultime conclusioni non sono prevedibili da chicchessia. Potete anche aver ragione. Neghiamo a ogni modo la logica che vi guida nelle vostre profezie. Crediamo con Bergson che la “vie déborde l’intelligence”, cioè straripa, avviluppa e soffoca la piccolissima intelligenza. Non si può intuire il prossimo futuro, se non collaborandovi col vivere tutta la vita. Da ciò il nostro violento e assillante amore per l'azione. Siamo i futuristi di domani e non di posdomani. Intravediamo dove andremo a finire, ma cacciamo sistematicamente dal nostro spirito queste visioni, quasi sempre nate da uno stato di scoraggiamento. Diffidiamo di loro poiché esse conducono all'anarchia intellettuale, all'egoismo assoluto, e cioè alla negazione dello sforzo, dell'energia modificatrice. Non saremo mai dei profeti pessimisti, annunziatori del gran Nulla. Il nostro futurismo pratico e fattivo prepara un Domani dominato da noi.
2)) Noi osteggiamo ferocemente i critici inutili o pericolosi sfruttatori, non il pubblico che vogliamo elevare a una più alta comprensione della vita. Il pubblico ci ha spesso fraintesi. Ciò era naturale, data la superficialità balorda delle poche idiozie professorali che gli servono di cervello. Il pubblico però ci comprenderà; è questione di energia; questa la possediamo.
Le folle che ci hanno fischiati hanno involontariamente annunziato in noi degli artisti disinteressati che eroicamente lottano per rinvigorire, ringiovanire e accelerare il genio italiano. Il gran blocco di idee nuove formato da noi rotola qua e là nel fango e sulle pietre, spinto e sporcato dalle mani di allegri monelli. Questi, beffeggiando gli strani colori esterni di quell'enorme giocattolo inatteso, subiscono il suo contenuto incandescente e magnetico. Non è retorica: la parola Futurismo ha fatto da sola prodigiosamente molto bene all'Italia e al mondo. Dovunque, in ogni questione, nei parlamenti, nei consigli comunali e nelle piazze, gli uomini si dividono in passatisti e futuristi. (Oggi, in Italia, passatisti è sinonimo di neutralisti, pacifisti ed eunuchi, mentre futuristi è sinonimo di antineutralisti violenti).
Fra i nuovi futuristi che aumentano, alcuni sono mal convertiti e poco audaci. Altri, audacissimo, scavalcano le belle possibilità di domani per esplorare le affascinanti impossibilità di posdomani. Noi gridiamo a tutti: Avanti! Avanti! Azione! Guai a chi si ferma o indietreggi, per negare, discutere o sognare! Combattiamo ogni ideale futuro che possa troncare il nostro sforzo d'oggi e di domani! In Italia, anzitutto, poiché abbiamo coscienza delle nostre forze misurate sui confini geografici della nostra patria. Il futurismo conquista il mondo attraverso un'Italia sempre più futurista.