Creata nel 1893 e divenuta nel 1936 istituto di diritto pubblico, dopo i radicali mutamenti politico economici avvenuti tra gli anni sessanta e settanta e le successive riforme legislative degli anni ottanta e novanta, la Banca d'Italia costituisce una vera e propria anomalia nel nostro sistema socio economico.
Strutturata in forma di società per azioni, con quote detenute da banche commerciali ed enti privati essa può paragonarsi ad un vero e proprio parassita che succhia con progressiva avidità le risorse, il lavoro, il risparmio del popolo italiano.
E' l'esclusiva e gelosa detentrice del potere di regolamento del tasso ufficiale di sconto, da cui dipendono il costo del danaro, la misura degl'interessi dei prestiti e dei titoli emessi dallo Stato.
Presta danaro (ieri lire, oggi euro), emettendolo a costo di tipografia ma addebitandolo al suo valore nominale, allo Stato - che ha abdicato alla più elementare delle sovranità, quella monetaria - gravando così, per l'ammontare del debito stesso e per gli interessi su questo praticati, la comunità e creando le condizioni per una bovina sottomissione della nostra classe politica la quale ben si guarda dal sollevare il problema, e ciò per non mettere in pericolo le proprie prerogative ed i propri privilegi così finendo, come efficacemente commentava Ezra Pound, per divenire cameriera dei banchieri.
Anche la Chiesa, che fino a non molti anni fa - l'enciclica "Quadragesimo anno" redatta sotto il pontificato di Pio XI nel 1931, é l'ultimo di tanti interventi contro l'usura in tutte le sue forme - denunziava la perversità del sistema finanziario internazionale che permetteva la concentrazione del potere monetario in mano a poche persone, successivamente al Concilio Vaticano Secondo s'è ammorbidita rinunciando a quelle ferme posizioni che la propria dottrina sociale le imponeva.