Kashan è una delle produzioni di tappeti più conosciute al mondo. Sino dall’inizio del XVI° secolo ha avuto un ruolo importante nella realizzazione dei manufatti definiti “di corte”. Dopo l’introduzione dello stile curvilineo nell’iconografia degli annodati, avvenuta sotto la dinastia Timuride, i Safavidi, regnanti all’epoca in Persia, dislocarono nelle varie manifatture del paese artisti provenienti da Tabriz, al tempo città caposcuola d’arte. Lo scopo era quello di realizzare decori originali che fornissero un impulso artistico innovativo alla produzione tessile. Sono da attribuire alle manifatture di Kashan, anche se qualche studioso non è convinto, i due tappeti “Ardebil”, così chiamati perché ritrovati in quella città, datati 946 (A.D. 1539 circa) e rappresentativi della nuova decorazione “a medaglione”. Tra il XVI° ed il XVIII° secolo, altri disegni furono realizzati: ad animali, a vaso, e i cosiddetti “polacchi”, eseguiti tra il XVI° e il XVII° secolo. Dopo l’invasione afgana, avvenuta nel 1723, la produzione si azzerò quasi del tutto; infatti, non si conoscono esemplari attribuibili con certezza al periodo 1750 ÷ 1870 circa, anche se si può supporre che l’annodatura non sia del tutto scomparsa. Nell’ultimo quarto dell’ottocento, un imprenditore e mercante, Hajji Mollah Hassan, utilizzando lane merino preparate e tinte a Manchester, disponibili a buon prezzo in seguito alla crisi del tessuto e del broccato, avviò la rinascita del tappeto di Kashan creando nuovi schemi compositivi che riportavano, ispirandosi al passato, l’eleganza e la finezza che aveva contraddistinto le realizzazioni d’epoca classica. Sotto la direzione di sua moglie, che molti indicano come nativa della zona di Saruq, dette il via ad una produzione caratterizzata da un disegno a medaglione e cantonali, dall’impatto elegante ma stilizzato, come avveniva per prodotti simili nell’area di Sultanabad (Arak). Altri sostengono che la rinascita sia dovuta al governatore Zufilkhar Ed Din Mochtashem, da qui la definizione “Kashan Motashem”; altri ancora a due fratelli con questo nome, che lavoravano per le manifatture Gulhameh. In breve tempo altri luoghi limitrofi, spinti dal ritrovato interesse, iniziarono a produrre tappeti. Attorno al 1920, molto attive nella produzione del “tipo Kashan”, erano le manifatture di Haroon, Aliabad, Natanz, Nasirabad, ed altre. La tipologia prettamente ottocentesca era quella a medaglione centrale; a lei si affiancava anche quella ad albero della vita, con o senza vaso alla base, a volte contenuto in una sorta di mikrab. Spesso, proprio il motivo a preghiera, era utilizzato soprattutto per annodati in seta con dimensioni contenute. Inoltre, come accadeva a Kirman con un maggior numero di esemplari, si annodarono anche diversi tappeti “figurati”. Notevole un esemplare rappresentante Alessandro Magno ed altri personaggi, ospitato al “Museo del tappeto” di Teheran. Altri annodati, spesso in seta, prevedevano il motivo “vaq-vaq”, sorta di albero animato da teste umane ed animali ululanti, e il tipo a “gab khorani” (copertina del Corano). Altri, realizzati con tecnica “suf”, utilizzavano per le trame costituenti il campo seta laminata, sia in oro che in argento, mentre la decorazione, che risultava in rilievo, era spesso in seta o lane cork pregiate. Prodotti simili sono realizzati anche attualmente; tuttavia reperirli sul mercato non è facile a causa del costo elevato e della scarsa importazione. Attorno al 1920 comparve un disegno nuovo; era la reinterpretazione del motivo “Goldani” (vaso), eseguita in modo complesso ed originale. Questo impianto è tradizionalmente attribuito a Dabir-Sanyehe, grande maestro operante a Kashan sino agli anni trenta del novecento: molto apprezzato, questo decoro contribui alla già nota fama del suo realizzatore. Successivamente iniziarono a produrre esemplari dal fitto intreccio floreale, già sperimentati per il mercato americano con il classico colore rosa aranciato, dove le bordure, spesso, erano frammentate dai decori vegetali. Il vello, molto rasato nell’ottocento e nel primo novecento, divenne più alto; se questo causava una perdita in nitidezza del disegno del tappeto, ne migliorava le doti di resistenza all’usura. Oggi, la produzione cittadina conserva ancora una discreta qualità, soprattutto per quanto riguarda i materiali impiegati. Ottime le lane locali usate e l’annodatura, sempre asimmetrica con doppia tramatura e orditi in cotone, è solida e serrata, a volte anche molto fitta (5-6 mila nodi dm²), con punte di 8-9 mila per annodati in seta. Il disegno è rimasto legato a schemi classici ma monotoni, a medaglione o a campo libero che siano. I colori sono quelli tradizionali, con il rosso mattone ed il blu a farla da padroni. Quando si è tentata una variazione della scala cromatica, i risultati sono stati pessimi. L’utilizzo dei malva, senape, visone (?), verde oliva, hanno stravolto il sobrio, ma potente, cromatismo dei tappeti del passato. Rispetto all’evoluzione operata da altre manifatture, Tabriz ad esempio ha introdotto il nodo asimmetrico per permettere annodati più fini, Kashan è rimasta ancorata alla tradizione, opulenta ma severa, che l’ha sempre contraddistinta ed oggi, questa caratteristica, pare l’abbia penalizzata in termini commerciali. Le produzioni moderne di cittadine legate al “tipo Kashan”, risentono ancora maggiormente di questa contrazione delle vendite, anche perché molti annodati da loro realizzati sono di una qualità imbarazzante per un nome così importante. Anche in questo caso, come è successo con Tabas per Nain e Neyshabur per Varamin, sono prodotti tappeti “Kashan” in città molto lontane come Ardakan, luogo allocato a sud di Esfahan, i cui manufatti, vista la scadente qualità dei materiali e della realizzazione, non dovrebbero avere nulla a che vedere con questo nome.
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