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    Predefinito Il Pri, nucleo dell'avvenire

    Tempo delle scelte/La relazione di Francesco Nucara al Consiglio nazionale del partito



    Consiglio nazionale del Pri, Roma, 2 febbraio 2008, relazione del segretario nazionale.

    La mozione dell'ultimo Congresso di Roma così recitava nella sua parte finale: "il Congresso approva il patto federativo stretto con il PLI, che considera il primo passo per un serrato confronto con le frastagliate realtà del mondo laico, liberaldemocratico e liberalsocialista, nella prospettiva di costruire un grande punto di riferimento italiano per lo schieramento europeo dell'ELDR in cui il PRI si riconosce".

    E' sulla base di questa mozione, approvata all'unanimità dal Congresso, e che rappresenta le linee guida del PRI tra un Congresso ed il successivo, che ci siamo mossi in questi mesi.

    Lo dimostrano i numerosi contatti con L'ELDR e la partecipazione, dopo tanti anni, al Congresso Europeo di Berlino svoltosi a metà ottobre nonché la celebrazione della Conferenza di Milano, che, a mio avviso, può essere considerata una pietra miliare per il nostro futuro.

    A dicembre abbiamo avviato i primi contatti con il Presidente Dini per concordare un progetto ed un percorso che dovrebbe vederci uniti alle elezioni europee del 2009.

    Erano anche iniziati altri contatti con forze autonomistiche sempre al fine di realizzare un sistema di alleanze più ampio, nel comune denominatore di una prospettiva di carattere europeo di tipo liberaldemocratico.


    Potremmo citare Cattaneo quando dice: "Idra di molti capi che fa però una bestia sola".

    Questo processo già avviato, che prevedeva anche la trasposizione a livello regionale della Conferenza di Milano, di cui era stata già fissata la data ed il luogo – 16 febbraio a Roma - ha subito un'accelerazione, che comporta qualche rischio aggiuntivo, visto che la fretta è sempre cattiva consigliera. Dobbiamo quindi evitare errori, come qualcuno commesso nel passato, e le relative conseguenze negative che sono derivate per il nostro partito.Come già dissi a Fiuggi nel 43° Congresso: "Dobbiamo andare oltre la sopravvivenza adottando i principi del partito al quale si appartiene come criteri guida della propria azione politica, difendendo tali principi con fermezza e convinzione pur rinnovandoli ed arricchendoli con l'esperienza maturata durante gli anni della propria storia".

    E' su queste basi che dobbiamo confrontare le nostre idee con quelle degli altri, cominciando da quanti, per programmi e progetti, sono a noi più vicini.

    Ora cari amici, il nostro progetto liberaldemocratico è ad una svolta importante, esiziale per il futuro dello stesso PRI, se dovessimo sbagliare le nostre scelte. E voi oggi siete chiamati a contribuire con i vostri suggerimenti, le vostre critiche e se credete, la vostra opposizione, ad aiutare la segreteria a compiere scelte che non portino la nostra storia ad una amara estinzione.

    Naturalmente questa è l'operazione più difficile. Con gli altri c'è il confronto, il dialogo, ma anche la competizione quando le diverse piattaforme non sono coincidenti. E' necessario pertanto che ognuno di noi si impegni per tracciare la strada più giusta, dando il suo contributo di idee e di suggerimenti affinché il partito esca da questa esperienza più forte di prima, superando, al tempo stesso. i rischi e le insidie che lungo questa strada, inevitabilmente si presenteranno.

    Ci conforta il senso più profondo della nostra identità e della nostra storia. Non siamo mai stati un partitino. Vale a dire un'aggregazione politica nata per durare lo spazio di una legislatura, una parte di quel notabilato di cui è punteggiata la storia d'Italia. E' a tutto questo che apparteniamo, all'idea di nazione che è nata con noi.

    Abbiamo sempre anteposto gli interessi del Paese ed una visione nazionale a quelli particolari del partito e quindi non siamo mai stati e non saremo mai un partitino. Partitini sono quelli, anche elettoralmente forti, che nascono sulla base di iniziative personali, senza un passato, senza una storia - o quando ce l'hanno - sono storie di cui dovrebbero vergognarsi.

    Oggi Veltroni, come altri prima di lui, non accetta questa impostazione. E dimentica che il suo padre politico, il compagno Togliatti, ci definiva un "piccolo partito di massa".

    Come vedete, cari amici, abbiamo dalla nostra parte una storia importante. Vediamo di non farla morire, né per inedia che riflette l'incapacità di iniziativa, né per colpi di testa suicidi.

    Detto questo, vorrei ora riassumere l'atteggiamento del PRI nel corso di questa crisi.

    Le due delegazioni del PRI - con un documento concordato con il Partito - hanno riferito al Capo dello Stato che " le elezioni sono inevitabili".

    Ed allora, se noi stessi siamo convinti che le elezioni appaiono inevitabili, vediamo come affrontarle.

    Già l'ultima Direzione Nazionale si è occupata del problema delegando il Segretario "ad esperire tutte le iniziative necessarie per verificare le possibili alleanze elettorali sulla scia delle esperienze maturate".

    La Direzione ha naturalmente un ruolo diverso dal Consiglio Nazionale. E' a quest'ultimo, infatti, che spetta l'onere di decidere quale politica seguire per rilanciare il PRI, scongiurando il pericolo di una sua completa emarginazione dalla vita politica italiana.

    Per decidere non possiamo prescindere dall'attuale legge elettorale, che difficilmente potrà essere modificata. Essa prevede, alla Camera, un voto alla coalizione che deve superare il 10%, con sbarramento al 2% e recupero del primo perdente per il singolo partito. Si può anche concorrere da soli, ma in questo caso lo sbarramento è del 4%.

    Per il Senato i vincoli sono anche maggiori.

    Di fronte a questo quadro, due sono le strade possibili:

    1 trovare spazio in Forza Italia. Sarebbe la terza volta, anche se dobbiamo riconoscere che ci è stata consentita piena autonomia e massima considerazione fino all'attribuzione di un Ministero;

    2 accelerare il processo che punta alla formazione di un'alleanza liberaldemocratica che possa superare la soglia del 2% o quasi.

    Ci sarebbe poi una ulteriore possibilità, ove ne ricorressero le condizioni.

    Quest'ultima, ripeto, ove ne ricorressero le condizioni, sarebbe un mix delle due precedenti.

    Potremmo presentare liste di aggregazione liberaldemocratica e al tempo stesso ricercare candidature nella coalizione per garantirci il cosiddetto diritto di tribuna.


    Questo è quindi l'orizzonte all'interno del quale collocare le nostre decisioni.

    Come vi ho detto all'inizio di questo mio breve intervento, bisogna ragionare senza farsi prendere dall'emotività, dalla passione od anche dall'egoismo di partito.

    Mi riferisco soprattutto alla seconda ipotesi che, pur assieme ad altri, consentirebbe ai repubblicani di scendere in campo con maggiore autonomia. Le controindicazioni sono dovute al rischio senza dubbio più elevato. C'è poi il problema del simbolo: l'edera difficilmente potrebbe apparire sulle schede elettorali. Infine è necessario l'impegno corale dei repubblicani per consentire di presentare le candidature, raccogliere le firme e fare la campagna elettorale. Tutte cose che richiederanno, molte, molte energie.

    Rivolgo quindi a tutti un appello. Anche a coloro che non hanno sottoscritto la mozione congressuale ma che sono presenti in Consiglio Nazionale, compresi quei consiglieri nazionali che, astenendosi, non hanno concesso la loro fiducia al segretario. E' arrivato il tempo di sapere quanto alto sia il nostro quoziente di repubblicanesimo e quanto teniamo non più alla sopravvivenza, ma ad inverare un detto di Ugo La Malfa "Il PRI non è un residuo del passato ma un nucleo dell'avvenire". Questa è la vera sfida che sta di fronte a tutti noi.

    Per ultimo, cari amici, voglio ricordare che essere liberali non significa legarsi mani e piedi al mercato. Potrei ricordare le contrapposizioni risorgimentali tra Mazzini e Bentham, ma ho già sottolineato che non è tempo di malinconie e recriminazioni di occasioni perse.

    Qualcuno nel recente Congresso di Cesena mi ha chiesto cosa mai può significare liberaldemocratico, come se i liberali non fossero democratici. L'aggettivo democratico specifica meglio la visione liberale dei repubblicani. Per meglio spiegarmi basta citare quanto ho scritto nella prefazione al pamphlet curato da Gianfranco Polillo sul libro verde di Padoa Schioppa.

    In quella prefazione affermavo infatti: "Nessuna tentazione, quindi, verso il ‘mercatismo', vale a dire l'idolatria del mero liberismo. Quella visione apologetica che, a differenza del liberalesimo, postula la necessità di abbandonare qualsiasi intervento consapevole, nella presunzione che il mercato sia autosufficiente e rivolto al bene. Se così non fosse, verrebbe meno anche la logica più profonda dell'agire politico e tutto si risolverebbe nel semplice prevalere degli interessi e degli egoismi contrapposti".

    Ora, cari amici, siete chiamati ad una scelta, a dare un'indicazione, ad esprimere un orientamento decisivo per il futuro del Partito.

    Possiamo essere il "nucleo dell'avvenire" rinunciando eventualmente alle simbologie del passato e costruire un partito europeo. O diventare una riserva indiana dentro altre forze politiche.

    Vi dico questo e vi rinnovo la preghiera di utilizzare al massimo la ragione perché, se vogliamo conservare i nostri simboli, è più facile farlo scegliendo la prima delle ipotesi che vi ho fatto; se, al contrario, vogliamo conservare e sviluppare i nostri ideali è la seconda strada che dobbiamo percorrere.

    Un'ultima osservazione. A quanti, in questa transizione infinita, non ci hanno risparmiato critiche sulle nostre alleanze con Berlusconi, voglio porre una domanda. Oggi che a parlare con Berlusconi è Walter Veltroni, non si scandalizzano? Oggi che è ipotizzabile un'alleanza tra PD e Forza Italia, se il risultato elettorale non dovesse essere netto, sbaglia anche Veltroni? Perché nessuno grida allo scandalo?

    La nostra laicità si misura sulla razionalità con cui si affrontano i problemi rifiutando ogni demonizzazione ed ogni divinizzazione.

    Questo è lo spirito che ha sempre dominato l'azione del partito.

    Nell'interesse dell'Italia e della continuità storica del PRI aiutatemi, cari amici, a trovare la soluzione migliore.

  2. #2
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    Predefinito

    sarebbe auspicabile percorrere con convinzione la via liberale, perchè sui risultati della riforma del marcato del lavoro in Italia (che poteva essere anche migliore, certo) è crollata la posizione ideologica della sinistra.

    il calo della disoccupazione (concausa dell'aumento delle entrate) ha demolito la strumentalizzazione di sinistra sulla disoccupazione.
    Non a caso la retorica dei sinistri si è spostata sul salario. Anche li occorre demolire coi fatti la bufala della richiesta di aumento del salario nominale.

    quello che deve aumentare è il reddito disponibile, la capacità di spesa e risparmio individuale e quindi rilanciare la competitività a tutti i livelli. certo che questo vuol dire più lavoro! più fatica ma anche più soddisfazioni personali.

 

 

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