(da Il Riformista 05-02-2008) http://gabriocasati.org/?p=151#more-151
Le grida scomposte e in colpevole ritardo levate da Regione Lombardia per il destino di Malpensa hanno fatto passare sotto silenzio una curiosa notizia: mentre Alitalia si appresta ad abbandonare le rotte per Delhi e Mumbay, Air India ha scelto Monaco – nonostante l’ingombrante presenza di Lufthansa – come hub europeo per operare, in una prima fase, 10 voli intercontinentali al giorno. Curioso che, dopo Jet Airways, che ha fatto di Bruxelles il suo mini hub, un’altra compagnia indiana compia lo stesso percorso. Curioso che, tra una richiesta di indennizzo e una di protezione alla napoletana, Sea e Regione non abbiano trovato il tempo di piazzare Malpensa sul mercato. Curiosissimo che l’unico aeroporto “libero” d’Europa, Malpensa, non entri nemmeno di striscio in tali contrattazioni che, lungi dal poter risolvere da sole i problemi posti dall’uscita di scena di Alitalia, potrebbero però rappresentare l’inizio di una strategia alternativa e il segno tangibile che la classe dirigente amministrativa e politica in Lombardia non si è ridotta tutta a una massa di piagnoni, patetitcamente fuori tempo.
Dimostrerebbe anche che ha ancora un senso, un senso profondo, parlare di questione settentrionale. Perché da queste parti la retorica, pur necessaria, non prende mai la mano alla pratica. Dimostrerebbe che gli orizzonti politici e strategici di questi territori riescono a essere concepiti nel mondo e che la sorte di alcuni dipendenti, per quanto essenziale, non può condizionare il destino di un’opera essenziale in un territorio con tasso disoccupazione sostanzialmente frizionale.
Va dato atto a Sea di non aver troppo inseguito Regione Lombardia nei deliri su poli privati italiani o sull’improbabile alternativa di AirOne, lavorando piuttosto – a quanto si dice – con vettori ben più solidi. Sea sembra aver così rotto con la sua inqualificabile precedente gestione.
È il caso di ripeterlo per l’ennesima volta: premesso che in un Paese decente Alitalia sarebbe basata a Milano da sempre, l’abbandono di Malpensa da parte della compagnia di bandiera è, nelle attuali condizioni finanziarie e tanto più nella prospettiva di acquisizione da parte di AirFrance, non solo l’unica possibilità di salvezza ma anche la scelta più giusta. Le conseguenze sono pesantissime, con l’operatività dell’aeroporto fortemente compromessa almeno nel breve periodo e il dibattito pubblico inquinato da miriadi di appelli e lettere aperte che dimostrano spesso livelli di analisi francamente imbarazzanti.
Qui comincia però la partita vera. Qui si definisce il nerbo di una classe dirigente, la sua visione strategica e la sua sana, efficace propensione all’autonomia. Ambrogio ha già sostenuto come, seppur molto auspicabile, l’esistenza di un hub non sia imperativa per lo sviluppo di un territorio. Collegamenti strutturati e continui con un hub vicino, possono, in seconda battuta, fornire una sufficiente accessibilità aerea. Abbandonare Malpensa sarebbe un fallimento, non una rovina. Tuttavia, se la Lombardia non intende proseguire su questa strada, è necessario che si definisca un piano di medio-lungo termine, al 2015, quando buona parte dei collegamenti stradali e ferroviari con l’aeroporto saranno conclusi (17 anni dopo la sua inaugurazione!). Un piano che Regione, Comune e Sea avrebbero dovuto disegnare nel 2001 al fallimento della fusione tra KLM e Alitalia, quando apparve chiaro come Alitalia e Malpensa avessero destini conflittuali. Queste alcune delle questioni essenziali:
1) Abbandonare il disegno di hub. Almeno in questa fase, in assenza di una compagnia unica di riferimento, l’identità di chi opera il singolo collegamento intercontinentale ha poca importanza, tanto più con l’avvio del regime open skies con il Nord America. Tale considerazione conduce necessariamente al problema posto dagli accordi bilaterali che regolano le connessioni intercontinentali da e per l’Italia. In questo senso, esistono tre categorie di Stati a seconda del regime di accordi ad essi applicato. Nel primo gruppo rientrano le destinazioni che possono essere coperte da Malpensa da qualsiasi vettore comunitario, grazie all’inserimento nel corrispondente accordo bilaterale di una clausola di “indifferenza sul vettore comunitario” voluta dall’Unione Europea. La seconda categoria di Paesi è formata dagli Stati da e verso cui non è possibile effettuare alcun volo da Malpensa, in quanto Milano è esclusa nel relativo accordo bilaterale. La terza infine è rappresentata dalle destinazioni verso le quali può operare solo Alitalia. Sfortunatamente, nella seconda e terza categoria, si concentra la maggior parte delle mete più interessanti, soprattutto asiatiche. Una spietata azione politica volta a eliminare il regime di favore garantito dagli accordi ad Alitalia e/o Fiumicino appare come la pre-condizione per qualsiasi eventuale piano di sviluppo di Malpensa. E solo a queste condizioni vale poi la pena di parlare di un’assegnazione “orientata” dei diritti di attracco (slot), nei limiti consentiti dai regolamenti italiani e comunitari.
2) Limitare fortemente Linate o, meglio, chiuderlo e utilizzare, sul modello Fiera-City Life, i proventi di una corrispondente operazione immobiliare sull’area dell’aeroporto per integrare Malpensa a Milano, Torino, Canton Ticino e Genova (con il suo porto in particolare), con collegamenti dedicati, veloci e frequenti (Malpensa Express ogni 15 minuti senza fermate intermedie, alta velocità, alta capacità per la Cargo City, ecc.).
3) Aprire il capitale di Sea coinvolgendo, oltre a investitori con solida esperienza nel settore, chi ha potenziale interesse nell’operazione, a partire da Torinesi per fare di Malpensa l’aeroporto comune delle due città.
4) Passione per la qualità e ambizione, nella consapevolezza che la nostra tradizione e l’immagine che la Lombardia vuole proiettare di sé ci impongono standard qualitativi assoluti. Nell’ambito della riqualificazione del T2 programmata da Sea, è importante che non si ripetano gli errori e gli orrori del T1 e, al contrario, se ne faccia l’occasione per un progetto di alto profilo, ai più elevati standard funzionali e – non è un dettaglio – architettonici. Un terminal a servizio della, o più probabilmente delle, nuova compagnie di riferimento.
Malpensa è un progetto già fallito, con o senza Alitalia. Rilanciarla vuol dire rischio, serietà e ambizione: proprio gli elementi che connotano le classi dirigenti di territori capaci di proiettarsi nel mondo. Diversamente, la prossima notizia racconterà di come la terza compagnia indiana o la prima cinese avranno scelto un hub europeo diverso da Malpensa.