Citazione Originariamente Scritto da orkonner Visualizza Messaggio
Confesso che non ho letto tutto la discussione. Ho il cervello massacrato di fumo e bevanda.
Comunque una piccola nota riguardo alla multiculturalità. Questa secondo me è molto di più che semplice folklore.
Infatti è successo che il capitalismo ha creato un uomo a sua convenienza, un uomo che si puo spostare come una merce (e infatti è diventato una merce) da un punto all'altro del pianeta. E allora, afinché quest'uomo sia sempre operativo, deve essere capace di vivere in ambienti ogni volta nuovi.

Per questo è cruciale, per il capitalismo moderno, di crescere una generazione intera nel discorso sui meriti della multiculturalità. Cosi lo sradicamento capitalista verrà chiamato, da questa generazione di schiavi internazionali, "multiculturalità".

Ovviamente il rispetto vero della cultura altrui presuppone la distruzione della forma-capitale. Su questo siamo d'accordo.
assolutamente d'accordo.
Il modo di produzione pre-capitalistico, statico, circolare e chiuso, non aveva affatto bisogno dell'idea d'onnipotenza che pervade l'uomo contemporaneo. Anzi avveniva probabilmente l'esatto contrario, ovvero l'uomo era chiuso in un sistema di non modificabilità che ne ledeva la stessa autonomia individuale. Per questo è venuto l'illuminismo con il suo carico rivoluzionario e nichilistico allo stesso tempo.
passata l'onda rivoluzionaria illuministica, ne è rimasto il solo aspetto decostruttivo ed oggi l'uomo contemporaneo occidentale è assuefatto da una forma di vita iscritta nello sradicamento, in tutti i suoi aspetti.
Gli attacchi alla stabilità, vista come valore vetero-borghese dalla generazione sessantottina sono stati l'ultimo colpo inflitto ai residuali elementi di staticità del sistema in nome di un capitalismo iper-dinamico dove una volta per tutte le persone, dorgate dal mito dell'indipendenza e della libertà sfrenata, smettessero di mettere in discussione con il proprio cervello il sistema economico e sociale.
Il mito della multiculturalità estraniata dalla realtà fa parte di questa prospettiva.

tuttavia, ciò che volevo dire è che il nazionalismo chiuso che fonda sè stesso su elementi di omogeneità culturale troppo forti per essere politici di ampio respiro, oggi è elemento complementare dello sradicamento capitalistico e non ne è affatto, a dispetto della credenza, il suo elemento di opposizione.
L'unica opposizione possibile, entro il rispetto delle culture come fattore comunitario di seconda istanza, è la resistenza politica, fondata sulla coscienza della responsabilità, sulla volontà di sovranità e di cittadinanza attiva, sul senso del dovere come unica possibilità per esercitare con passione il proprio essere politico oltre le differenze culturali di secondo piano, etniche e territoriali.
Il che non vuole dire apertura ad improbabili governi mondiali, ma aggregazione reale di comunità reali, ovvero che vivono entro legami affettivi, di conoscenza e di territorialità ( e non nazionali in senso quasi metafisico di popolo ).
E questa possibilità di comunità, ad esempio, cozza contro i progetti separatisti laddove non motivati da ragioni di oppressioni culturale e prevaricazione.
Perchè mai rompere la solidarietà di uno stato-nazione esistente e consumato, se la comunità di cui stiamo parlando e verso la quale camminiamo è una prospettiva aggregativa da svolgere su un piano diverso da quello della mera coincidenza culturale ed etnica che tanto danno ha fatto nella storia ?
Sarebbe come replicare alla forma di stato che si lotta, una nuova forma di stato, per poi ricominciare la lotta da capo.
Ora che ciò sia un bene nel caso di territori colonizzati, brutalizzati e vilipesi è indubbiamente vero, e l'anticolonialismo ha rappresentato un enorme possibilitò di riscatto per popoli umiliati. Ma ben diverso è il caso di luoghi in cui convivenza, contiguitò territoriale, storia, sistema politico, diritti e doveri, sono ormai condivisi da secoli in santa pace.
Li a mio parere si tratta di lavorare dove si è per ricostruire, facendo della forma stato, un'aggregazione comunitaria prossima all'uomo e solidale, senza alcun fondamento univoco etnico o culturale, ma con la sintesi virtuosa e naturale delle culture compresenti.