Originariamente Scritto da
terraeamore
Altro che pedanteria; la domanda che fai è centrale e mi da l'occasione di esplicitare il concetto che avevo in mente.
Oggi la multiculturalità è una sorta di involucro ideologico utilizzato per la flessibilizzazione e la precarizzazione della stabilità della vita, tramite la costruzione di miti globali fluidi, leggeri e perfettamente innestati nella logica mercantile. L'uomo medio vive in una sorta di culto della multiculturalità in cui il viaggio in paesi lontani, il parlare mille lingue, il cibo d'ogni parte del mondo, i costumi, le religioni occidentalizzati, divengono appigli di compensazione al vuoto etico generato dalla società di mercato.
Per l'uomo moderno la multiculturalità allora non è espressione della condivisione e dell'innesto naturale delle vita dei popoli, ma è puro elemento folcloristico, utilizzato ad arte per coprire la frustrazione di una società spoglia di valori e di vita comunitaria.
La società statunitense dei ghetti è la quint'essenza di questa tendenza.
All'opposizione, ed insieme complemento, di questa tendenza di sradicamente cui si accompagna il multiculturale di mercato, è il ripiegamento romantico nella comunità nazionale o etnica come luogo di distinzione, il tutto condito spesso dall'alterazione profonda delle stesse determinanti storiche di fondazione dei popoli , in nome di presunte omogenietà mai esistite.
Questa opposta visione è in realtà complementare alla prima perchè nega la complessità dell'identità, e la compartecipazione possibile di tale identità nella comunanza con le altre.
In mezzo vi è la comunità che percepisce la propria identità, e la mette in condivisione con le altre, senza che essa si dilegui nel mercato della multiculturalità mercificata.
Per questo sono contrario alla disgregazione ( nel 90 % dei casi eterodiretta da terzi ) degli attuali stati nazione europei.
l'unione delle comunità significa avere di sè una coscienza netta ed aperta allo stesso tempo.
e' evidente come questo potrà portare a processi aggregativi di popoli sempre più ampi, nell'alveo non di un'improbabile mercato mondiale di atomi impazziti, ma di un'unione di comunità aperte e coscienti allo stesso tempo della propria identità.
La frantumazione che alcuni nazionalismi portano avanti come idea che preceda successive aggregazione più vaste, a mio avviso è contraddittoria poichè nega ( in condizioni di pace e condivisione consumata) entro uno stesso spazio politico, la condivisione, pur ammettendo ( nelle versioni migliori e che potrei condividere, come quelle di alcuni compagni sardi) la condivisione a posteriori successiva.
Quello che sostengo è che il fattore culturale oggi e di identità comunitaria interna a stati sovrani, possa essere fattore aggregativo comunitario entro l'alveo della multiculturalità reale, dello scambio virtuoso tra comunità, e del mantenimento della solidarietà nazionale consumata e pacifica.
Altrimenti diviene arma di divisioni, e si può immediatamente innestare nel progetto di parcellizzazione degli spazi politici reali portato avanti dall'impero statunitense, e da tutti gli imperi dominanti da che mondo è mondo.
L'autonomia di una comunità nella solidarietà mantenuta è la vera arma di resistenza alla globalizzazione del falso multiculturalismo e al capitalismo.