La proposta francese costa 10 miliardi, quella del Cavaliere costa 14 miliardi. Chi vuole spendere si faccia avanti.
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La metafora del declino - Crisi della compagnia di bandiera e del Paese vengono da lontano
Quell'allarme del 1973 che è rimasto inascoltato
di Gianni Ravaglia
A ben vedere la crisi dell'Alitalia può rappresentare la metafora del declino italiano. Un declino che viene da lontano. Esso, a grandi linee, è conseguenza di due eventi che hanno radicalmente mutato gli scenari economici internazionali. Eventi cui le classi dirigenti di Alitalia e della nazione non hanno saputo opporre alcuna politica, se non quella dei rinvii e dei debiti. Il primo fattore è stato l'aumento geometrico dei prezzi del petrolio. Fin dal primo manifestarsi di tale fenomeno, nel 1973, la nostra compagnia aerea, pur consapevole dello stratosferico aumento dei costi della materia prima, confidando sulle linee di credito di mamma Iri e sulle tasse dei cittadini, invece di ridurre le tratte in perdita e ristrutturarsi, continuò con faraonici piani di sviluppo, senza alcun controllo dei costi. Lo Stato italiano non è stato da meno. Con il risultato di avere miliardi sprecati nelle tante cattedrali nel deserto del Sud, l'assenza di una vera politica energetica, fino alla chiusura delle centrali nucleari esistenti (mentre la Francia e la Germania ne costruivano di nuove), maggiore rigidità nei costi del lavoro, esplosione del debito pubblico, dell'inflazione e delle tasse. Se, negli anni '80, Reagan e Thatcher avviarono una profonda ristrutturazione delle proprie economie, riducendo il peso dello Stato e delle rigidità del sistema, in Italia sono continuati ad aumentare costi e disservizi del pubblico.
L'unico strumento utilizzato per recuperare competitività è stato la svalutazione della moneta, con pesanti tagli al potere d'acquisto. Il secondo evento è stato la caduta del muro di Berlino e la conseguente globalizzazione. Il processo di liberalizzazione dei mercati che ne è seguito ha dimezzato i costi dei trasporti per cittadini e imprese, a prezzo di un bagno di sangue per le compagnie aeree che non si sono ristrutturate. Ma in Italia, come se nulla fosse avvenuto, ogni provincia si è costruita il suo aeroporto. Milano, per non essere da meno, ne ha costruito un secondo, obbligando Alitalia ad utilizzarlo come secondo centro di smistamento, con oneri aggiuntivi di personale e di gestione. Oneri che la compagnia non ha potuto scaricare sui prezzi dei biglietti, in presenza di compagnie che volavano a prezzi dimezzati. In Europa, la Swissair fallisce, la Klm viene inglobata, la Lufthansa licenzia e si ristruttura. E Alitalia? Nulla! I debiti aumentano, i piloti, meglio pagati in Europa, vestono Valentino e lo Stato, con le nostre tasse, continua i rimborsi a piè di lista: tre miliardi negli ultimi dieci anni, quale che sia stata la maggioranza di governo. La cultura che presiede al governo della cosa pubblica non cambia se volgiamo lo sguardo a ciò che, nel frattempo, è avvenuto nel governo della nazione. Fatti salvi gli anni di governo del centrodestra che, con alcune sue timide riforme, ha tentato di introdurre nel sistema flessibilità, merito, nonché, sulle pensioni, equilibri finanziari più realistici, si è lasciato che tutto andasse alla deriva.
L'ultimo governo delle sinistre, poi, come lo stesso Veltroni ogni giorno conferma, ha dimostrato, con le sue tasse, la sua politica energetica, le sue controriforme di essere distante anni luce dal capire le misure necessarie per la crescita del sistema Italia.
E così l'Alitalia non si è ristrutturata ed è arrivata al punto che, per rinascere e sbloccare lo sviluppo di Malpensa, deve fallire. Ma dobbiamo essere consapevoli che, come ha dimostrato l'Argentina, anche le nazioni, se non si adeguano alle mutate condizioni internazionali, possono impoverirsi sempre più, fino a trovarsi nell'impossibilità di pagare i propri debiti. Nessuno, in questa falsa campagna elettorale, lo dice, ma questo è quello che sta avvenendo all'Italia. La cultura statalista, che ha frenato anche le politiche del centrodestra, solo negli ultimi 15 anni ha fatto pagare agli italiani 12 punti di crescita in meno di quella media europea e ben 35 punti in meno rispetto agli Usa. Si abbia l'onestà di ammettere che se i cittadini non arrivano alla fine del mese è perchè lo Stato italiano, negli anni, ha bruciato risorse per tenere in piedi aziende decotte come l'Alitalia, istituzioni inutili e pletoriche, normative corporative, rigidità legislative. Adesso tutti promettono che contrasteranno la perdita di potere d'acquisto dei lavoratori. Ma un potere d'acquisto non inflattivo, non può aumentare se non c'è crescita dell'economia. E l'economia italiana non crescerà se non si farà dimagrire lo statalismo improduttivo e quindi le tasse pagate da imprese e cittadini. Più che slogan, da vecchia politica, tipo: ‘o si fa Alitalia o si muore', per fare veramente rialzare l'Italia lo slogan nuovo e lungimirante sarebbe: ‘cominciamo con l'abolizione delle province per rimettere 10 miliardi nelle vostre tasche'. L'inutilità delle quali, come ha dimostrato l'Eurispes, al netto del costo del personale, ci mangia, appunto, 10,6 miliardi all'anno.
tratto da http://www.pri.it/25%20Marzo%202008/...taliaPaese.htm