La Serbia, stato multietnico come la stragrande maggioranza delle nazioni del mondo, viene frantumata. Le si toglie un territorio per la volontà unilaterale degli Stati Uniti, con la compiacenza passiva, cinica e vergognosa dei paesi europei imbelli e complici ( Germania in primis, ma senza garndi eccezioni) nel massacro jugoslavo.
Il 17 febbraio nasce un Kosovo colonia statunitense, un porto franco in mezzo ad un Europa terra di razzia, priva di sovranità, governata da classi politiche ciniche e sottomesse al progetto tecnocratico neo-liberistico delle istituzioni europee. In questo contesto gli Stati nazionali, ultimo appiglio di, per lo meno formale, rappresentanza politica possibile, luoghi in cui si è svolta una vita politica reale e condivisa per secoli, divengono giocattoli ad uso e consumo degli interessi nord-americani, con le classi dirigenti europee impegnate da vent'anni ad organizzare politiche economiche di tipo deflattivo, a favorire recessione, disoccupazione, abbassamento dei salari, miseria, precarietà.
Le classi dirigente europee, inchinandosi ai padroni statunitensi e stendendo tappeti rossi affinchè il Kosovo diventasse uno dei tanti nuovi statarelli dei balcani colonizzati, oltre ad aver umiliato lo Stato serbo nella sua multiculturalità manifesta, e la stessa nazionalità albanese manipolata per giochi esterni e oppressa dai criminali terroristi del UCK, hanno aperto un precedente gravissimo che segue i precedenti che consistettero nella disgregazione della jugoslavia negli anni 90.
Nel momento in cui una qualunque classe dirigente europea riuscisse a svincolarsi anche di pochi centimetri dall'unilateralismo impositivo nord-americano, stiamo sicuri che la stretegia della ritorsione tornerà a funzionare attraverso il secessionismo pilotato e lo spauracchio della distruzione dello stato nazione. In Italia l'auge della lega nord con le sue provocazioni e la sua propaganda continua contro l'unità del paese, è venuta proprio in un momento in cui si dovevano prendere decisioni fondamentali per il corso neoliberistico (svenidta del patrimonio pubblico, distruzione dello stato sociale, definitiva deindustrializzazione nazionale).
Non a caso l'arroganza padana si è spenta proprio nel momento in cui non serviva più....ed oggi resta una di quelle spade di damocle pronte ad essere alimentate alla bisogna.
La Spagna è ormai controllata da 25 anni con lo strapotere lobbistico, mediatico, ed elettorale ( grazie ad una legge ad hoc fatta per ridicolizzare il PCE con il nuovo corso democratico dopo la dittatura ) delle forze nazionaliste catalane, basche ed in parte galiziane, sovrarappresentate in parlamento e ( le prime due ) arricchitesi sulle spalle delle altre comunità autonome. Il dibattito che vi è in Spagna sui nazionalismo, sugli statuti autonomi, sul terrorismo di ETA, ruota tutto attorno ad una strategia di potere e controllo, al momento non più utile come negli anni 80, ma comunque ormai ferita aperta da poter lasciare per nuove occasioni. Non dimentichiamoci che la Spagna negli anni 80, ha compiuto tre passi fondamentali:
l'entrata nella NATO
il riconoscimento dello Stato di Israele ( mai evvenuto in epoca franchista)
l'apertura totale dell'economia alla globalizzazione con interessi privatistici giganteschi ad attenderla al varco.
In quel contesto i nazionalismi locali, con il terrorismo ETA in primis sono serviti da arma di ritorsione permanente, ben giocata, visto come è andata a finire.
E questo anche molto al di là degli obiettivi degli stessi nazionalismi che si sono spesso ritrovati sotto manipolazione e controllo, con una base militante in buona fede e beffata ( le classi dirigenti erano invece ben coscienti del giochetto cui si prestavano, basti pensare che il PNV, partido nacionalista vasco, è sempre stato appoggiato dagli inglesi fin dalla sua nascita in chiave antispagnola, e poi dalla CIA).
Questo soltanto per parlare di due esempi europei, ma ne potremmo citare altri 10 di paesi ricattabili sulla base del secessionismo, e della montatura del popolo oppresso.
Oggi, al momento, all'Europa occidentale non accade, ed accade invece in altri luoghi del mondo ben più fragili, ma i fatti del Kosovo, sono li a dimostrare che l'imperialismo dominante può, all'occorrenza, far leva sulla separazione e la divisione, per sganciare assegni milionari al primo gruppo dissidente ( magari nella distrazione di un'opinione drogata dalla propagandata politicamente corretta) per destabilizzare qualunque nazione esistente.
Il precedente del Kosovo è una spina nel fianco, dopo la morte della Jugoslavia, nel continente europeo che ci invita a prestare attenzione al futuro, sapendo che se un solo paese europeo oserà negare il proprio appoggio servile al padrone su una qualunque questione, potrebbe ritrovarsi frantumato in poco tempo o minacciato da movimenti nascenti come funghi.
Ricordo su questo forum una conversazione con il compagno Shardana Ruju, con cui condividevo in pieno l'analisi della capillarità dell'imperialismo nella manipolazione delle questioni nazionali, e la sua incredibile capacità di afferrare ogni cosa dell'esistente per mettere a ferro e fuoco il mondo.
Ebbene a mio avviso in questo contesto l'unica possibilità per resistere è l'unità, senza opportunismo, nè imposizioni, ma come valore politico.