Cosimo Rossi ntervista a Carlo Guglielmi. Fermiamo lo smantellamento del processo de lavoro



«L'articolo 18 dello statuto dei lavoratori è un riferimento simbolico comprensibile e opportuno. Ma ciò che è sottoposto all'aggressione da parte di questa normativa, il cosiddetto collegato sul lavoro (ddl 1167/b) approvato dal senato, è tutto quanto il lavoro precario».

Carlo Guglielmi, esponente dell'Associazione nazionale magistrati democratici, domani farà la relazione introduttiva all'appuntamento romano in occasione della giornata di incontri e convegni dedicati allo «smantellamento del processo del lavoro», che si svolgono in oltre una dozzina di città con la partecipazione di lavoratori, avvocati, magistrati, giuristi, sindacati, rappresentanti politici e istituzionali (per i dettagli sui singoli eventi: Giuristi democratici ). Approfittiamo quindi di Guglielmi per una valutazione di massima su una legge che, spiega, «incornicia la concezione economica del governo Berlusconi e stabilisce a chi far pagare la crisi».

Ancora Napolitano non ha promulgato la legge e gli sono stati rivolti numerosi appelli affinché non firmi. A parte questo, nel testo vi sono incongruenze evidenti col dettato costituzionale tali che la magistratura possa rimetterla alla Consulta?

Rilevo che sono già trascorse oltre due settimane da che il testo è alla firma del Quirinale, e che non è molto usuale. Se verrà rinviato alle camere, valuteremo di conseguenza. Ma non è un aspetto su cui possiamo intervenire: noi dobbiamo agire come fosse già legge.

E, in quanto legge, quali sono le sue caratteristiche più nefaste?


Intanto vorrei ricordare che ha viaggiato quasi due anni per quattro letture, uscendo dal parlamento assai peggiorata. Contiene un ulteriore smottamento degli enti bilaterali intesa a rendere il sindacato complice. C'è un attacco al pubblico impiego, non mitigato da concessioni alla lobby delle forze armate, che invece occorrerebbe estendere a tutti. C'è la possibilità di sostituire un anno di obbligo scolastico con l'avviamento professionale. Come giuristi, noi ci concentriamo sull'impatto della legge sul processo. E, sotto questo aspetto, non c'è un singolo articolo che non sia viziato da anticostituzionalità. Ritengo perciò altamente probabile che finisca all'attenzione della Consulta.

Quali sono gli aspetti più esplicitamente anticostituzionali?

Ad esempio l'arbitrato. Noi sosterremo ovviamente il contrario, ma la legge parrebbe sostenere che è possibile stipulare una clausola compromissoria del contratto, attraverso cui al momento dell'assunzione il lavoratore rinuncia per sempre a rivolgersi all'autorità giudiziaria per qualsiasi lesione dei suoi diritti. Dovrebbe invece rivolgersi a un collegio arbitrale che non decide in base al diritto ma all'equità, senza possibilità di appello. E' una palese violazione dell'articolo 24 della Costituzione, secondo cui "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi".

Altri esempi?


Viene introdotto un termine secondo cui, dalla scadenza di qualsiasi contratto precario, decorrono 60 giorni per impugnarlo. Poiché sono contratti che di norma vengono reiterati, ciò sottopone il lavoratore a ricatto: costringendolo a scegliere se rivendicare un diritto oppure reiterare il contratto. Cosicché, chi ha un retroterra economico potrà impugnare il contratto senza reiterarlo, mentre chi non può dovrà subire la decorrenza e reiterare la precarietà. Ma c'è di più. Perché viene fissato che qualunque contratto precario pregresso potrà essere impugnato entro soli 60 giorni dall'entrata in vigore della legge. E, siccome nessuno è al corrente, questo significa il più grande condono gratuito degli abusi del lavoro precario nella storia italiana. A ciò si aggiungono anche aspetti grotteschi, come affermare che nel valutare i licenziamenti il giudice dovrà tenere conto dell'interesse oggettivo dell'azienda.

Perché il bene della Fiat è il bene del paese, per citare l'adagio più classico. Che però è stato a lungo, e in parte è ancora, un dogma anche della sinistra, sia radicale che riformista…


Ricordiamoci che la prima norma che ha reso possibile l'arbitrato secondo equità nelle controversie di lavoro nasce nel centrosinistra di Prodi del 1998. Quanto poi alle responsabilità, dei molti che ora si stracciano le vesti, nel corso di quasi due anni di discussione della legge non si è sentita gran voce: in primo luogo le forze politiche parlamentari, ma non mi sento di esentare nessuno.

Tantomeno i sindacati...


Cisl e Uil si sono già accomodante dentro la nuova norma. Anche perché hanno un certo interesse, in quanto viene loro demandata la certificazione e la qualificazione del rapporto - ad esempio autonomo piuttosto che subordinato - attraverso gli enti bilaterali, costituiti da datori e sindacati. La Cgil si oppone. Ma mi risulta difficile affermare che abbia fatto una grande battaglia nel paese.

Il punto è questo. A parte i convegni, sembra impossibile realizzare iniziative di massa su questioni sociali e civili che, nonostante la segmentazione del lavoro e la produzione, sono pressoché generali. E anzi: più le organizzazioni sono tradizioni meno sono capaci di mobilitare...


Questa è la fotografica del bellissimo convegno su questa legge fatto al Cnel dalla Cgil, con una vasta e concorde platea di professori, sindacalisti e giuristi. Ben diverso era se, oltre al convegno, la Cgil avesse inserito da subito questo tema nella piattaforma dello sciopero del 12 marzo. E' vero, tuttavia, che le organizzazioni di massa tradizionali sono implose in loro stesse. In questo quadro, il nostro convegno di domani è il primo punto di confronto con i magistrati, che sono coloro che poi dovranno applicare questa norma e eventualmente rinviarla alla Consulta e alla Corte di giustizia. Se poi il convegno lo metti dentro una giornata di mobilitazione nazionale, allora diventa anche azione politica. Ma è evidente che, se penso ai 60 giorni per impugnare tutti i contratti precari pregressi, mi sento di fronte all'urgenza di forme di intervento nuove e immediate rispetto a soggetti e pratiche tradizionali

Viva la Comune