Originariamente Scritto da
Mantide
Dove sono le ‘mani pulite’ di Di Pietro?
di Dimitri Buffa
Una notizia buona e una cattiva per Antonio Di Pietro dalle vicende sui finanziamenti pubblici all’Italia dei Valori.
Quella buona è doppia: da una parte, l’ufficio di presidenza della Camera non bloccherà i 5 milioni di euro del finanziamento pubblico al suo partito così come richiesto dai suoi tre ex sodali Achille Occhetto, Elio Veltri e Giulietto Chiesa che lo hanno accusato di averli tagliati fuori con un colpo di mano dai rimborsi per le scorse europee; dall’altra, i tre, loquaci con Radio radicale e altri organi di stampa a proposito della gestione familistica del partito Italia dei Valori da parte dell’ex pm di “mani pulite”, dopo la decisione di Bertinotti hanno deciso di chiudersi in silenzio stampa.
La notizia cattiva, però, vale per due, e compensa quella doppiamente buona di cui sopra:
Di Pietro rimane indagato in campagna elettorale per i reati di falso in atto pubblico e truffa aggravata allo stato proprio per i fondi incassati dall’Italia dei Valori dal 2003 in poi. E questo dopo che ieri il giudice per le indagini preliminari di Roma Luciano Imperiali ha rifiutato di archiviare le accuse come proposto in camera di consiglio dal pm di udienza.
Addirittura Di Pietro si era presentato in udienza per difendersi con dichiarazioni spontanee convinto della certa archiviazione. Il tutto dicendo sostanzialmente di essere stato perseguitato dai giornali di casa Berlusconi, “Panorama” e “il Giornale” e ammettendo al massimo di avere commesso qualche errore ma nessun fatto penalmente rilevante.
Quello che il leader dell’Idv non sapeva né immaginava è che ad attenderlo al varco avrebbe trovato il suo agguerritissimo ex socio fondatore dell’Idv, l’avvocato Mario Di Domenico, che davanti allo stesso gip ha dato ben altra versione, assistito all’uopo dall’avvocato Roberto Ruggiero.
Di Domenico, che con i giornalisti spesso si sfoga rispetto alla figura di Di Pietro con epiteti irriferibili, pena la querela, parlando tra l’altro di 50 milioni di ex lire di cui l’ex pm si sarebbe appropriato ai suoi danni, sostiene che il verbale dell’assemblea in cui è stato approvato il bilancio per accedere ai primi rimborsi elettorali dell’Idv sarebbe sostanzialmente e smaccatamente falso. E di conseguenza anche il bilancio approvato in quella sede lo sarebbe, anche se questa accusa per ora a Di Pietro non è stata ancora contestata (sarebbe una vera e propria legge del contrappasso per lui che si è battuto per il ripristino di questa imputazione nel codice penale).
L’assemblea in questione è quella del 31 marzo 2003 scorso e di Domenico ieri ha portato in aula la prova della sua “non presenza” quel giorno nel luogo dove si è svolta. Cioè a Busto Arsizio. Ergo, la firma apposta a suo nome sarebbe falsa e propedeutica all’approvazione, a quel punto illecita, del bilancio che consentiva di prendere gli agognati soldi del finanziamento pubblico.
Di Pietro resta quindi indagato in campagna elettorale almeno fin quando il gip non scioglierà la riserva.
Per uno che ha fatto una bandiera della propria politica lo slogan “via gli inquisiti dal Parlamento” questa storia sta diventando una contraddizione insostenibile.
http://www.loccidentale.it/node/13957